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Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 71 - 1 Luglio 2010 | 1 commento

Popolo a teatro

“Un popolo senza teatro è un popolo morto”. Uno striscione che riporta questa frase di Garcia Lorca, è apparso di recente sull’elegante terrazza del Teatro Comunale di Bologna. L’evidente scopo è manifestare il dissenso verso la politica di tagli alla cultura, all’educazione, e alle fondazioni lirico-sinfoniche in particolare. Il Teatro Comunale ospita infatti la stagione sinfonica e lirica bolognese e, ironia della sorte, si affaccia su una delle piazze divenute simbolo del degrado (culturale) della città.
Di fronte alla frase di Lorca, non ho potuto che interrogarmi sulla salute del popolo italiano. Il teatro ha da tempo un peso politico e culturale irrisorio nel nostro paese. Oggi rischia di diventare storia. In mancanza di finanziamenti pubblici, questo settore – custode di grandi professionalità non solo musicali, dalla scenografia alla sartoria – rischia la scomparsa. Sarebbe quindi naturale aspettarsi da un buon governo un sostegno economico a questo bene pubblico, caposaldo della nostra cultura e tradizione, di grande valore per il nostro Paese.
Eppure la questione, apparentemente banale (chi non vorrebbe un maggiore sostegno economico alla cultura?), diventa più complessa se ci chiediamo quale sia lo scopo della tassazione.
L’art.53 della Costituzione (benedetta Costituzione) non lascia dubbi in merito: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività". Le tasse hanno una funzione redistributiva: chi guadagna di più deve pagare aliquote più alte. Il gettito fiscale raccolto dovrebbe poi essere utilizzato per garantire i servizi universali: a cui tutti devono poter accedere indipendentemente dalle proprie condizioni economiche. Con la tassazione vengono quindi prelevati i soldi ai più ricchi per garantire servizi ai più poveri. Servizi fondamentali come l’educazione, la sanità, la difesa.
Oggi, siamo in tempo di crisi, e garantire i servizi pubblici anche per i più poveri nonostante la stretta finanziaria di Tremonti è (dovrebbe essere) una delle priorità della sinistra.
Un problema quindi c’è, visto che oggi – non si neghi l’evidenza – a sentire l’opera non ci va certo il popolino. Appostiamoci all’uscita del Teatro Comunale in una serata di prima. Vi ritroveremo l'elite culturale, la Bologna bene.
Finanziare pubblicamente la lirica significa – sì – sostenere un bene pubblico che altrimenti rischierebbe di scomparire, ma significa anche violare il ruolo redistributivo della tassazione. Questo perché stiamo finanziando un servizio di cui le persone povere non godono.
A fronte di un finanziamento pubblico ci vuole un servizio pubblico. Per coniugare le due cose io sarei favorevole al finanziamento al teatro ma con più repliche e serate a ingresso gratuito (o quasi) riservate a chi non se lo potrebbe permettere. Ancora meglio sarebbe promuovere un’educazione musicale nel nostro paese per invogliare la domanda, ma dopo trent’anni di tette, culi e notizie che strisciano temo di essere già entrato nel magico mondo della fantascienza.
Di fronte alla tensione tra attività culturali elitarie e finanziamento dei servizi pubblici, Baricco più di un anno fa propose di indirizzare più fondi alla televisione, servizio – quello sì – popolare. La provocazione è intelligente, ma rimango dell’idea che non sia tanto un problema di quantità, se non di qualità.

1 Commento

  1. Non ci avevo mai pensato, corretto.

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