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Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 69 - 1 Maggio 2010 | 1 commento

Uomo-massa: il tramonto dell'individualità



L'avanzare della modernità, con il suo esercito di tecnologia, razionalismo portato all'estremo e retro pensiero, lungi dal migliorare la vita nel consesso civile ha travolto gli spazi dell'individualità.

L'ingresso in uno “stato veramente umano” è stato rimandato a tempi migliori, tempi in cui la ragione svestirà le sue pretese totalitarie e si adopererà alla comprensione di se stessa. Lo spazio vitale dell'individuo è ridotto al pixel di un immenso schermo, stipato fra altri pixel, massificato insieme ad altri individui.

La soggezione alla convenzione, a diventare un fascio di reazioni acquisite, è direttamente proporzionale all'ansia di dominio sulla natura che ci circonda e sul tempo che passa; tutto questo prepara il distacco della vita dal suo sostrato naturale e la rende priva di senso, spesa com'è nel dominio, nello spostamento vorticoso e inarrestabile insieme allo schermo delle altre individualità.

La mancanza di libertà, intesa come mancanza di spazio e come costrizione all'incessante movimento, è il perno su cui si fonda l'interpretazione dei totalitarismi di Hannah Arendt; l'uomo perde se stesso nel continuo muoversi di un organismo magmatico composto da sconosciuti come lui. Da qui la perdita del senso di responsabilità che caratterizza i funzionari della vita, un'umanità al limite della coscienza che ha perso la possibilità del dialogo (in quanto confronto), della legge, del legame di amicizia.

Ecco perché il valore della sostituibilità si riversa drammaticamente nella fungibilità universale dell'individuo inabissato in una realtà costantemente mutabile che lo riconosce solo in quanto numero, cosa, parte della massa.

Il sospetto e la nozione di nemico oggettivo, che rendevano i totalitarismi delle macchine umane apparentemente indistruttibili e che sono stati uno dei primi baluardi della massificazione, invitano oggi il pensiero positivo a riflettere sulle proprie colpe. La promessa della ragione di liberazione del mondo dalla magia e dalla superstizione ha in realtà provocato la paralisi di qualsiasi volontà individuale e ha razionalizzato all'estremo i fenomeni spontanei della vita umana; la “malattia della ragione” è quella totalitaria dei lager, della cultura di massa se è vero, come sostengono Adorno e Horkeimer, che Auschwitz, Hollywood e Stalin sono medesime produzioni del meccanismo di dominio della ragione.

Il bombardamento di immagini confonde realtà e scena, offusca la limpidezza della spontaneità, rende psichedelico e ad alto volume qualsiasi discorso. Il limite della finzione cinematografica, televisiva, cibernetica diventa labile fino a scomparire in un'esistenza più vicina alla consistenza della celluloide che alla meditata istintività degli esseri pensanti. L'orizzonte di natura in cui l'uomo costruisce la cultura diventa fisso, immobile incastrato com'è nelle aspettative precostituite di una realtà del tutto dominata e inquadrata dai sistemi totalitari (nazismo, capitalismo, comunismo).

L'effimero confine fra la perdita di sé nella grande massa e un'individualità centrata, fra lo sguardo orizzontale e vuoto dei cittadini della metropoli-mondo e lo sguardo a 360° di un'umanità che ha consapevolezza della propria specificità ha l'aria di essere davvero difficile da riconoscere, eppure l'assoggettamento provocato dai grandi sistemi di massa sembra essere contrastabile soltanto con un lavoro su se stessi volto a riconquistare una soggettività consapevole e un'umanità al di qua dello schermo.

1 Commento

  1. Sono un fotografo di 27 anni vivo a Napoli.
    Da diversi mesi, sono impegnato a rendere attraverso la fotografia il senso di perdita di individualità. Stasera dopo aver letto questo breve scritto, ho le idee più chiare su quali soggetti andare a ricercare. Trovo che lei sia stata illuminante.

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