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Scritto da nel Numero 67 - 1 Marzo 2010, Tempo e spazio liberi | 1 commento

Libere di fare –  Racconto di un' esperienza al Femminile di Pesaro

Libere di fare – Racconto di un' esperienza al Femminile di Pesaro

Si parla di storie vere. Come se potessero esservi storie vere:
gli avvenimenti si verificano in un senso e noi li raccontiamo in senso inverso.
Sembra che si cominci dal principio…e in realtà si è cominciato dalla fine…”
         Jean-Paul Sartre, La nausea.
 
 
Lavoro per la Cooperativa Sociale Labirinto e il martedì per me è Villa Fastiggi.
 Il femminile di Villa Fastiggi. Tutti i martedì per tre ore.
A volte mi dico: Cosa sono tre ore a fronte di tutti i minuti che lì, scorrono lenti?
Non è semplice per me rispondere a questa domanda, l’interrogativo resta.
Tutti i martedì io entro passando attraverso il blocco che si trova all’ingresso. Lì posso incontrare parenti in attesa di colloquio, madri, padri, mogli, figlie e figli. Porgo i miei documenti all’agente, affermo di volermi recare al femminile e la porta si apre. Consegno i documenti, la borsa, il cellulare e in cambio mi viene dato un bigliettino giallo che mi riconosce nella mia presenza “ibrida”. Ibridi sono i volontari, gli avvocati, gli insegnanti e gli educatori del privato sociale. Tutti coloro i quali portano saperi e presenza all’interno dell’istituzione, pur non facendone parte in maniera permanente. Passo all’interno di una struttura in cui ci sono altri agenti e saluto velocemente; esco, entro in un altro edificio, salgo due rampe di scale e poi provo a vedere se può ricevermi la Dott.ssa Vilella.
 Enrichetta Vilella è la responsabile dell’area pedagogica della Casa Circondariale di Pesaro e ha voluto fortemente la realizzazione del progetto “Libere di Fare”.
“LIBERE DI FARE” è un gruppo fatto di donne, quindi di madri, di ragazze, di straniere, di fidanzate o mogli. E’ un gruppo aperto a cui ci si può iscrivere attraverso “domandina”.
La domandina è il carcere. Ne costituisce ed esplica l’eccesso di norme, quindi eccesso di controllo, che può condurre, paradossalmente, all’anomia: mancanza di norme . Dopo aver compilato la domandina si può partecipare al gruppo. Il gruppo è il laboratorio Libere di fare.
Che cos è LIBERE DI FARE?
 E’ un laboratorio permanente all’interno dell’istituzione. E’ una stanza: porta blindata, quattro finestre con sbarre azzurre, un tavolo al centro, un armadietto e in più tutt’intorno scatole di cartone in cui teniamo sistemati i materiali. E’ un tempo: tre ore, in cui ci si incontra per costruire, e quindi fare.
Il nostro catalogo si compone di un nuovo memory che sostituisce il tatto alla vista ricavato da rotolini di cartone riempiti con vari materiali; di pantere, draghi, conigli e uccelli in carta e cartoncino; di mobili, seggioline e cassettiere in cartone a doppia onda ritagliati e poi composti dalle ospiti e anche di “fiori poetici”, pensieri da donare, matite con cui si può scrivere.
Tutti oggetti ideati da Roberta Pucci.  Il progetto libere di fare è accompagnato dalla riflessione sulle cose che accadono, per questo è necessario un confronto che io ho in cooperativa con Gina Iacomucci, referente pedagogica. 
LIBERE di FARE è anche il risultato dell’esperienza di RIU’ la Ludoteca del riuso del Comune di Pesaro. Riù porta con sé, per la prima volta all’interno di un’istituzione carceraria, il proprio messaggio critico e creativo: quello di non cedere al dilagante consumo vorace e indiscriminato di cose, idee e relazioni e di diffondere attenzione e cura per lo spazio e gli oggetti che ci circondano. Facciamo questo perché la bellezza è un diritto di tutti e le cose belle non diventano rifiuti. Pensiamo inoltre che tramite il riutilizzo di materiale di scarto si possano costruire possibili strategie verso uno sviluppo sostenibile. Quindi pezzetti di carta, cartone, rotolini, scatole, stoffe, carte da parati, bottoni, matite, poesie, che avevano una precedente storia, provenienza differente e altro impiego vengono riutilizzati, acquistano un’altra identità attraverso l’impegno e la cura delle donne che partecipano attivamente al gruppo ogni martedì. 
Penso che Libere di fare sia anche uno spazio di possibilità all’interno della settimana, in cui potersi impegnare nella costruzione di un bel oggetto. Tengo molto al fatto che il risultato sia bello.
Perché il carcere manca di bellezza. E’ per antonomasia l’opposto.
Inoltre cerco, nel mio lavoro, di motivare queste donne, a volte arrabbiate, a volte passive, a volte tristi, a volte in attesa a costruire oggetti. Mentre scrivo queste parole torno con il pensiero: “cosa faccio per motivare?”. Collego, attraverso narrazioni, gli oggetti a luoghi e a persone. Gli racconto della mostra in cui sono esposte le seggioline che abbiamo costruito fino al mese scorso, dell’andamento delle vendite, dei volontari che vengono a ritirare i nostri prodotti, di questo articolo che sto scrivendo sulla nostra esperienza. In questo modo cerco di creare relazioni all’interno di un luogo in cui la natura dello stesso è la privazione delle relazioni. La sfida non è tanto il prodotto, sebbene importante, quanto la possibilità pur nella segregazione, di mantenere relazioni di senso. 
 
 

1 Commento

  1. mi è piaciuto molto l'articolo e anche gli oggetti che nascono da questi laboratori, complimenti…il tutto è mosso da un profondo senso di ottimismo e di speranza, che è importante ci sia ma che, purtroppo, spesso si scontra con la realtà… la frase “le cose belle non diventano rifiuti” mi fa quindi nascere un sorriso nostalgico…le cose belle non dovrebbero diventare rifiuti, al contrario viviamo in un paese che non sa più conservare nè riconoscere la propria bellezza…ringraziamo che ci sia ancora chi ne apprezzi il valore e si impegno a conservarlo, insegnarlo e realizzarlo

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