Mastruzzi indaga: piccole storie di civilissimi bolognesi nella Bologna incivile e imbarbarita
L'utopia è come l'orizzonte: cammino due passi, e si allontana di due passi. Cammino dieci passi, e si allontana di dieci passi. L'orizzonte è irraggiungibile. E allora, a cosa serve l'utopia? A questo: serve per continuare a camminare.
Eduardo Galeano
La letteratura, quella che al pari dell'utopia di Galeano serve per continuare a camminare, non è fatta solo di grandi personaggi, eroi vittoriosi che con l'acutezza del loro ingegno e la forza della spada hanno cambiato il mondo. Esistono personaggi tanto piccoli da sembrare quasi invisibili, uomini che si perdono nelle pieghe del quotidiano, travolti dal flusso degli eventi e che tuttavia meriterebbero di sedere al tavolo dei grandi. Perché che si lotti contro un vero drago piuttosto che contro i “mulini a vento”, ciò che conta è la dignità con cui si affronta la battaglia e l'ostinazione nel non darsi mai per vinti nonostante tutto e tutti.
Gino Mastruzzi è un investigatore privato con ben pochi clienti ma molti casi da risolvere. Le sue indagini si svolgono tutte fra le strade di Bologna, una città che se da un lato ostenta cultura e opulenza, dall'altra è lo specchio di una società sempre più incivile e barbara. Storie di immigrati, mendicanti, ma anche di gente “normale” che per diverse contingenze viene spinta alla follia, si susseguono l'un l'altra e fra loro Mastruzzi si destreggia come un moderno Don Chisciotte. “Gino Mastruzzi [...] è perennemente incarognito con i predoni del deserto, vede il mondo alla rovescia, e quando gli capita un caso che gli dà modo di rompere le scatole all'innaturale ordine delle cose, ci si butta a testa bassa. Nella vita, Gino Mastruzzi ha sempre perso. Ma è ancora capace di farsi delle risatacce alla nicotina catramosa in faccia agli immarcescibili vincitori di sempre.”
L'immagine che deriva dal tratto veloce della penna di Pino Cacucci rassomiglia tuttavia all'immagine un po' sbiadita di una foto in bianco e nero. Bologna la Dotta, Bologna la Grassa sembra essere solo un ricordo lontano, ciò che rimane sono le spoglie di un passato glorioso che si confondono con una realtà metropolitana, simile a tante altre, fatta di emarginazione, razzismo, povertà economica e culturale. Nell'intenzione dell'autore ogni racconto prende spunto da un fatto di cronaca, uno di quelli che solitamente è ignorato dalla stampa cittadina e via via che la narrazione procede, si crea una sorta di microcosmo, di città nella città fatta di piccoli e grandi truffatori, di uomini disperati ma anche di personaggi per così dire “intoccabili” che sembra siano al di sopra di ogni legge o morale.
Ciò che non convince è la superficialità con cui il tutto è trattato. Da un autore capace di forti slanci emotivi, capace di coinvolgere e appassionare il lettore ci si aspetterebbe una maggiore cura del dettaglio o forse semplicemente una delineazione più marcata dei personaggi, dei quali vorremmo poterci innamorare come avvenne con Nahui o Tina, invece il tutto rimane sospeso, sfumato. D'altronde fa riflettere il pensiero dello stesso autore su Bologna, sua città di adozione e sul romanzo con cui ha deciso di omaggiarla: “Qui posso immaginare solo una storia comica, grottesca, tanto parlare seriamente di questa città non vale più la pena”. Qualche anno fa ho provato a sviscerarla con il romanzo Mastruzzi indaga, ma ne è uscita una realtà barbara e incivile. Lui, Gino Mastruzzi, è un po' come me, vorrebbe mandare tutto all'aria, ma alla fine non smette di indignarsi, anche in questa Bologna di chiasso e smog” .
sembra il ritratto dell'ispettore coliandro