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Scritto da nel Internazionale, Numero 55 - 16 Febbraio 2009 | 7 commenti

Riflessioni bolivariane

Il presidente Hugo Chavez ci viene descritto come un “dittatore, populista e pazzo”. I mezzi di informazione europei ci parlano di un uomo che perpetua un sistema fondato sulla corruzione e il clientelismo. Un politico senza alcun rispetto dei principi democratici e per il quale l'opposizione è semplicemente il peggiore dei mali.

A questo proposito vorrei proporre la lettura diversa e ben documentata che Dario Azzellini avanza nel suo Il Venezuela di Chavez (Derive Approdi, 2006). Azzellini ci ricorda che per valutare dieci anni di governo Chavez sia necessario partire dallo stato in cui si trovava il Venezuela ben prima del suo insediamento. Negli anni Ottanta e Novanta il Venezuela presentava il più alto indice di disoccupazione del continente, un tasso di crescita quasi perennemente in negativo e un divario tra ricchi e poveri in costante aumento e tra i più alti al mondo. Le politiche di forte indebitamento con le istituzioni finanziarie internazionali e l'occupazione dell'apparato statale da parte di un'oligarchia cresciuta in un sistema partitico altamente corrotto ridussero al minimo la sovranità nazionale del paese (completamente soggetto a decisioni che venivano prese altrove) e lo depredarono delle sue risorse naturali a favore di pochi.
A questa non facile situazione si aggiunse il tentativo di colpo di stato del 2002 (in realtà una messa in scena mediatica costruita ad arte) e lo sciopero, o meglio la serrata, degli imprenditori tra il 2002 e 2003 che ha bloccato per mesi il paese procurando un enorme danno economico. Con riguardo al colpo di stato appare comprovata la partecipazione della CIA e dell'esercito colombiano (è interessante notare che l'Unione Europea non ha mai condannato tale atto); mentre lo “sciopero” viene più propriamente indicato con il termine serrata poiché a condurlo furono i più alti dirigenti delle grandi imprese transnazionali e di alcune banche (furono gli stessi lavoratori con proteste e occupazioni a far ripartire le attività). Entrambi rappresentano il tentativo di una destabilizzazione del paese e di arresto della trasformazione in atto. Queste due esperienze rafforzarono e radicalizzarono le richieste dei movimenti sociali e la loro convinzione che il processo bolivariano contro i poteri costituiti andasse portato avanti.

Il processo bolivariano ha inizio con una nuova Costituzione (1999) che effettivamente amplia i poteri del presidente ma alla cui redazione partecipano, confrontandosi in commissioni e tavole rotonde, più di 60 tra ONG e organizzazioni sociali, con una propria e diversa identità, storia e diritti da difendere. Il maggior successo viene riscosso dai movimenti femministi e da quelli indigeni. La Costituzione mette in dubbio i fondamenti della democrazia rappresentativa esaltando la partecipazione attiva e diretta dei cittadini come unico e vero elemento costitutivo del potere statale.
Azzellini, inoltre, riporta in modo dettagliato gli innnumerevoli programmi sociali ispirati ai principi espressi nella Costituzione. Tali missiones sostengono, attraverso importanti sovvenzioni economiche e la tecnica del microcredito, la lotta alla povertà, l'istruzione, la sanità, i diritti delle donne, dei lavoratori, delle popolazioni indigene e dei contadini.

I risultati più interessanti sono stati raggiunti nel campo dell'istruzione: nel 2005 l'Unesco ha dichiarato il Venezuela “territorio libero d'analfabetismo”, raggiungendo con un anticipo di dieci anni il traguardo del millennio posto dalle Nazioni Unite. Nel giro di pochi anni chiunque dovrebbe poter conseguire un diploma di scuola media e frequentare l'università (con le missioni Ribas e Sucre).
L'articolo 83 della Costituzione sancisce che “l'assistenza sanitaria è un diritto sociale fondamentale, che lo Stato è tenuto a garantire in quanto parte del diritto alla vita”. Sulla base di questo è stata intrapresa un'intensa collaborazione con Cuba nella missione Barrio Adentro con l'obiettivo di garantire una struttura sanitaria gratuita per tutti.
La Costituzione sottolinea anche l'importanza dell'agricoltura per le regioni rurali e per l'autonomia alimentare del paese. Con il governo Chavez è iniziata la lotta al latifondo limitando l'estensione della proprietà terriera e in particolare della parte di questa che per legge può rimanere incolta.
Molte altre sono le politiche e i programmi attivati in favore della creazione di un sistema cooperativo e della partecipazione dei lavoratori nella gestione delle imprese (cogestión); per la tutela delle donne, contro la violenza domestica e per una maggiore presenza delle stesse nelle istituzioni; per i diritti delle popolazioni indigene; per la costituzione di un esercito istruito e consapevole del proprio ruolo; per un'informazione sempre più libera e indipendente.

Il quadro presenta diverse questioni irrisolte e altre quantomeno ambigue. Un paese che è il secondo produttore di petrolio al mondo e che ha inquinato e continua a farlo in modo ingente diviene poco credibile nella sua dichiarazione di principio a favore di uno sviluppo sostenibile e del diritto a un ambiente salubre. Inoltre, nonostante la legge sulla biodiversità che viene riconosciuta come ricchezza inalienabile del popolo venezuelano, nessuna disposizione è stata adottata che proibisca l'utilizzo di sementi geneticamente modificate.
Al di là delle dichiarazioni di intenti, la strada per una radicale trasformazione del modello produttivo sembra difficilmente conciliabile con l'alto consumo energetico, elemento trainante e imprescindibile dell'economia venezuelana. Occorre chiedersi inoltre se la redistribuzione del reddito e la riappropriazione statale dei mezzi di produzione possano essere per sè positivi prescindendo da un cambiamento dei meccanismi di produzione della ricchezza e del paradigma consumista che ne è fondamento.

La lettura di Azzellini offre un'attraente prospettiva per lo studio dei lineamenti politici e sociali del chavismo. L'autore ci lascia assaporare il “realismo magico caraibico” che pervade il paese senza tralasciare di segnalare alcune problematiche persistenti e di non facile e immediata soluzione. La sua indagine solleva ancora una volta in modo preoccupante la questione relativa alla faziosità e unilateralità dei principali mezzi di informazione europea ed italiana in particolare.

7 Commenti

  1. Ottimo Ale.
    Finalmente un articolo che parla del paese (e del popolo) e non di Chavez.

    La prospettiva offerta da Azzellini è molto invitante, di un paese che ha intrapreso le vie del progresso nella “giusta” direzione, e sui risultati (soprattutto in campo sociale) non vi sono dubbi.
    Mi tengo però la riserva di credere che le problematiche persistenti e le ambiguità non si limitino a dichiarazioni d'intenti in materia ambientale od energetica, soprattutto ora che il paese non può contare (rispetto ai 10 anni passati) su rendimenti del petrolio strabilianti che avevano permesso le misure sociale da te riportate.
    Penso alla recente vittoria nel referendum costituzionale e alla sua dichiarazione di voler guidare il paese fino a quando non avrà novantacinque anni….. dichiarazione estremamente familiare che ricorda quella di qualcun atro…. e che mi fa gelare il sangue!

    a riguardo riporto parte di un articolo del pais di oggi (16 febbraio)

    los representantes de la oposición no pudieron empezar su comparecencia ante la prensa, dado que el presidente ordenó que su fiesta fuera retransmitida “en cadena” por todas las emisoras de televisión.

  2. Ciao Ale non sapevo scrivessi qui,
    La recente vittoria al referendum che sancisce il diritto a candidarsi presidente quante volte vuole, senza tenere conto del numero di candidature passate, e' un grosso salto indietro per la democrazia. Nonche' chavez in passato si era reso partecipe di provvedimenti non propriamente democratici (chiusura di televisioni dissidenti e altro, non ricordo l'articolo ma veniva da Internazionale). Insomma tempi duri per la democrazia, tra i loro Chavez e i piduisti di casa nostra, certo vi sono stati periodi migliori…
    ciao

  3. bella stucchi,
    sicuramente tempi duri per la democrazia…e non solo in venezuela…
    penso però che se è in gioco la stessa possibilità di decidere autonomamente sul proprio paese, cioè la sovranità dello stato sul proprio territorio, una restrizione della libertà e della democrazia sia inevitabile (dopo il 2002 ci sono stati altri due tentativi di colpo di stato meno efficaci e per questo poco discussi ma apparentemente reali). Durante l'amministrazione Bush ci sono stati momenti in cui una vera e propria invasione americana non era troppo lontana dalla realtà.
    Sulle televisioni dissidenti, la rctv cui non è stata rinnovata la concessione dopo più di 50 anni pare avesse avuto un ruolo attivo nel tentato golpe, quindi insomma proprio ingiustificato non sembra.
    Da qui a dire che ci sia libertà di informazione ce ne passa molto, però…
    ciao

    “non si può volere il fine senza volerne i mezzi: chi nega la liberazione dell'America Latina ci nega anche l'unica rinascita possibile e, per inciso, assolve le strutture vigenti” (Galeano, 1971)

  4. La Rivoluzione non è un pranzo di gala… diceva qualcuno. Evidentemente una prospettiva socialista non nasce per ricalcare i formalismi di una democrazia 'borghese', soprattutto in un Paese del 'terzo mondo' dove i diritti delle masse popolari ad uno stato sociale non è stabilito come da noi.

    Detto questo, leggo con interesse quanto si dice intorno a Chavez e che cosa egli combina.

    Infine, riguardo la situazione italiana è evidente che il 'populismo' (ormai anche nel nome del Pdl) di Berlusconi è un fenomeno con caratteri eversivi: chi ne condivide i fini, tuttavia, non esita a ritenerne validi i mezzi. Io a Berlusconi contesto i fini, ma sui mezzi credo abbia vinto: non ha tutti i torti quando critica la magistratura inefficiente e corporativa, non ha tutti i torti quando abbatte il monopolio RAI, non ha tutti i torti quando dice che la democrazia appartiene al popolo.

    Non saranno i formalismi a salvare l'Italia o la democrazia: occorre una politica alternativa. Vincente.

    Chavez ha scelto la sua. La storia e il popolo venezuelano la misureranno.

  5. Vorrei solo ricordare a tutti che la possibilità per il capo dell'esecutivo di ricandidarsi ab libitum esiste anche in democrazie come la Germania o la Francia e negli Stati Uniti fino a Roosvelt compreso (che è stato eletto ben quattro volte consecutive). Perciò non mi scandalizza l'ultima modifica della Costituzione venezuelana. Per altro legittimata dal voto popolare.

    Mi scandalizzano semmai i cosiddetti decreti d'urgenza del governo Berlusconi. Chissà se in Venezuela le ronde sono legali o se la clandestinità è reato o se i medici in quanto pubblici ufficiali devono denunciare gli irregolari o se è proibito fare riprese tv nelle aule giudiziarie…

    Sono perplesso o preoccupato.

  6. Mi verrebbe da dire che i meccanismi di controllo e la separazione dei poteri siano più forti e meglio istituzionalizzati in democrazie quali Stati Uniti, Germania e Francia.

    Nel comparare misure apparentemente uguali tra paesi diversi non bisogna mai trascurare la storia dei paesi e, quindi, quello “spirito delle leggi” di cui Montesquieu ci parlò più di duecento anni fa.

    Detto questo e, anzi, alla luce di questo, caro Dario, fai bene a preoccuparti!!

  7. Purtroppo anche in Venezuela vi sono ronde e, se non legali, sono almeno tollerate. D'altronde, proprio per non trascurare la storia dei paesi, va sottolineato che il problema della criminalita' in Venezuela e' realmente una priorita' e che la polizia ufficiale e' persino piu' corrotta di quella nostrana…
    Il dramma dell'Italia e' che, in un momento dove bisognerebbe prendere decisioni importanti, tutta l'attenzione viene concentrata sulle ronde, sul marocchino cannibale e sul caso di Eluana…. Berlusconi sta trasformando il paese in una repubblica delle banane e la cosiddetta opposizione ha accettato da tempo le regole del gioco…

    Piu' che perplesso/preoccupato, sono veramente incazzato…

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