Decreto Gelmini: studenti, ma quale urgenza?
Ha scritto bene su Micromega il senatore Francesco Pardi, quando ha segnalato che anche volendo fare soltanto una critica morbida al decreto Gelmini, la prima e più ovvia obiezione sarebbe la sua disorganizzazione (1): “chiunque può valutare in libertà quanto sia omogeneo un provvedimento che spazia dal tema “Cittadinanza e Costituzione” (messo al primo punto con finalità cosmetiche), alla valutazione del comportamento degli studenti (art. 2), e poi del loro rendimento scolastico (art. 3), per passare all'insegnante unico (art. 4), all'adozione dei libri di testo (art. 5), al valore abilitante della laurea in Scienze della formazione primaria (art. 6), per concludere con la modifica di un dispositivo precedente in materia di accesso alle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia (art. 7)”.
In aggiunta a queste osservazioni, si considerino anche i dubbi espressi, in altro contesto, da Marco Travaglio in relazione all'abuso berlusconiano dei decreti legge (2), che in casi di estrema necessità e urgenza velocizzano sì i tempi di attuazione, ma sottraggono libertà di movimento alle Camere e dunque alle opposizioni. Anche il decreto Gelmini porta il nome “Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università”: un'urgenza dunque c'è, ma la chiara ammissione, nel decreto stesso, della completa mancanza di fondi per la scuola e la ricerca dimostra che essa non consiste in un'immediata e decisa scelta di investimento sull'istruzione, la quale sì rappresenterebbe una emergenza reale.
Una parola sugli altri Ministeri. È un marchio di fabbrica ed una accurata linea politica di Berlusconi la pratica di mascherare, dietro l'intento di ringiovanire la classe dirigente, la scelta come suoi collaboratori importanti di personaggi politici ancora abbastanza inesperti; i quali magari, chissà, in certe occasioni operano anche in buona fede. Abbiamo Alfano alla Giustizia, abbiamo Giorgia Meloni alla Gioventù, abbiamo Mara Carfagna. Non si tratta di ministeri di poco conto, ma nemmeno di ragazzi che non sanno il fatto loro. Alfano è vicino a Cuffaro, la Meloni è presidentessa di Azione Giovani, La Carfagna poi incarna un'ideale di femminista berlusconiana abbastanza pericoloso per la condizione delle donne, ma su questo argomento spero di scrivere ancora. C'è qualcosa di altrettanto pericoloso nel decreto legge Gelmini, e nella sua urgenza?
disegno di Anna Ciammtti
Non dovrebbe sorprenderci la notizia che un generale impoverimento della scuola di Stato, in termini di taglio dei fondi, dei posti di lavoro, dei servizi pubblici, dei laboratori, delle borse di studio e dei sussidi, e in termini di apertura all'intervento dei privati è ormai, ahinoi, un trend consolidato e perseguito tanto dai governi di destra quanto da quelli di sinistra, e segue in fondo la logica liberista di tradizione pseudo-filo-americana a cui ci siamo masochisticamente votati fin da quando la P2 iniziò ad occupare posti di potere che dubito abbia facilmente abbandonato. Non occorre recarsi lontano: in Francia o in Austria gli studenti e le famiglie godono di maggior aiuto rispetto alla situazione italiana; negli Stati Uniti di prima della crisi, invece, una buona università poteva arrivare a costare anche 30.000 dollari l'anno. Un auspicio di meritocrazia non può che cadere nel vuoto se il modello e la direzione sono questi; e se sicuramente, al contrario che nel nostro paese, un laureato americano trova o trovava senza difficoltà un impiego intellettuale, è anche vero che una sproporzione così vistosa tra le possibilità economiche della maggioranza dei cittadini medi e una barriera all'ingresso dell'istruzione tanto alta, ha prodotto negli Usa centinaia di migliaia di cervelli ben funzionanti impossibilitati a ricevere una cultura sufficiente. Dovendo scegliere tra due mali, credo che una società di impiegati o di operai istruiti, che non abbiano occasione di mettere in pratica la propria conoscenza sul posto di lavoro, ma conservino intatta la facoltà di leggere e comprendere un quotidiano, sia da considerarsi un male minore rispetto a uno Stato in cui una ristrettissima élite economica abbia accesso privilegiato agli strumenti intellettuali, trovandosi poi nella possibilità di governare una massa di cittadini semi-analfabeti. Ma questa mia opinione sarà poi condivisa dalle élìte?
Con buona pace dei bravi studenti di cui apprezzo l'impegno, credo che le occupazioni, gli scioperi, le lezioni autogestite e i giornalini di protesta restino un momento fondamentale della propria formazione e svolgano un'azione utile nella società; ma le ricordano i nostri genitori, i nostri fratelli maggiori, le ricordiamo noi e i nostri cugini più piccoli e le ricorderanno i ragazzi che hanno ora quindici anni; lo abbiamo fatto tutti, difficilmente è cambiato qualcosa. La protesta dovrebbe essere, e in effetti è stata, continua, lungo l'arco dei trent'anni che in nome di uno storpiato '68 hanno trasformato la scuola in un'istituzione tanto debole da richiedere da sola le iniezioni dei privati. Si scende in piazza ad ogni autunno; stando così le cose, è inevitabile e lo si spera.
Ma se dunque non è la scelta dei tagli la vera novità né la vera notizia, quali sono le urgenze del decreto Gelmini? È in esse che dovremmo andare a cercare la sua pericolosità. Scopriremo allora, per esempio, che l'articolo 7-bis, in chiusura di provvedimento, stanzia un minimo del 5% delle risorse, già destinate alle infrastrutture strategiche, per lavori di edilizia volti a sanare le scuole a rischio sismico. Urgenza giustissima, si dirà dopo sei anni dal terremoto del Molise, ma si noti bene: “al fine di consentire il completo utilizzo delle risorse già assegnate”, il decreto legge sancisce l'immediata recessione dai contratti edilizi precedenti, che verranno ora riassegnati, presumibilmente con nuove gare d'appalto. “Gli interventi da effettuare per assicurare l'immediata messa in sicurezza di almeno cento edifici scolastici” saranno definiti da un “soggetti attuatore” scelto di concerto dai due Ministeri dell'Istruzione e delle Infrastrutture. Nuovi contratti in vista e cambio di mani per i fondi statali: eccole, forse, alcune delle reali necessità e urgenze del decreto legge Gelmini per la scuola italiana.
(1) http://temi.repubblica.it/micromega-online/141008-gelmini-i-dubbi-sulla-firma-di-napolitano/
vignetta geniale, grande Anna
è per me un onore essere affiancata ad una scrittrice del calibro della dott. Soluri.
Leggo i suoi articoli con avidità e mi compiaccio di questo piacevole senso di dipendenza.
è inoltre per me un piacere poter vedere siffatto connubio tra parole e disegni.
bello…
non mi è però chiaro quando si parla di taglio fondi..riguarda la Gelmini o la finanziaria di Tremonti, riguarda le elementari o le università??
grazie
Ciao Jo, per rispondere brevemente alla tua domanda: l'articolo riguarda il decreto legge Gelmini, non la finanziaria Tremonti sulla quale probabilmente puoi chiedere maggiori informazioni lasciando un commento nella sezione Economia. Su questo decreto legge, non si parla tanto di taglio di fondi quanto piuttosto di assenza di investimenti, ovvero: per la scuola restano i fondi destinati (presumibilmente in finanziaria), non ne sono però previsti altri. Questo concetto è ribadito più volte nel decreto, ad esempio nell'articolo 1 che riguarda l'attivazione di insegnamenti di educazione civica, si legge che “all'attuazione del presente articolo si provvede entro i limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”; ancora, nell'articolo 7bis, si specifica che il piano ristrutturazione edilizia sarà attuato solo “previa verifica dell'assenza di effetti peggiorativi sui saldi di finanza pubblica”.
Quanto alla distinzione elementari-università, sottolineo che questo decreto si concentra poco sull'università (ne parlano solo gli articoli 6 e 7), e come è stato scritto, introduce modifiche e linee guida nei settori più disparati in modo abbastanza disomogeneo. Spero di esserti stata utile, non esitare a riscrivermi per altre specifiche!