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Scritto da nel Arte e Spettacolo, Numero 41 - 16 Giugno 2008 | 2 commenti

Un “doppio viaggio” a Palazzo Pepoli Campogrande (pure gratis!)

Nei ritagli di tempo dei weekend fortunati tento soluzioni innovative. Passo in rassegna le mostre e gli eventi in corso, soprattutto quelli a portata, non solo di interesse, ma anche di distanza, tempo e portafoglio. Sovente trovo qualcosa che fa al caso mio. Recentemente mi è capitato, dopo gli ultimi difficili dribbling tra i “visitatori della domenica” (sempre ben accetti!), di uscire dalla mostra appena visitata e, un po' rammaricato, di chiosare al mio fedele compagno di turno: “…e pensare che domenica scorsa a Palazzo Pepoli Campogrande non c'era nessuno!”. Si, proprio così. Spesso abbiamo le cose più straordinarie davanti agli occhi e non ce ne accorgiamo…non solo i “beni culturali”, intendiamoci. Così ci rechiamo in luoghi più o meno remoti ignorando quello che possiamo raggiungere in pochi istanti. Per almeno otto volte negli ultimi due anni (una visita a quadrimestre…per rinfrescarmi la memoria) ho camminato serenamente nelle sale del piano nobile di Palazzo Pepoli Campogrande, dribblando in quelle occasioni solamente la mia ombra. Se la memoria non erra, solamente in un'occasione mi accompagnava lungo il cammino una coppia di turisti americani, nemmeno troppo sovrappeso, ammutoliti da quelle meraviglie.
Mi chiedo spesso perché in certi splendidi luoghi di Bologna non c'è l'ombra di un visitatore. Ho maturato riflessioni e forse ho trovato anche alcune valide risposte, che tuttavia non voglio e posso esporre in questa sede. Mi auguro soltanto che qualcuno, il prima possibile, s'inventi qualche lungimirante operazione per invertire la rotta.
Intanto, mi pare buona cosa fare sana divulgazione, cosicché almeno i nostri lettori, che non l'avessero ancora fatto, potranno compiere nel weekend – visto che, aimè, è aperto solo il sabato, 13-19, e la domenica, 9-19 – un sensazionale “doppio viaggio” (gratuito!) a Palazzo Pepoli Campogrande[1]: il primo, tutto petroniano ed entusiasticamente barroco, impresso a fresco sui soffitti dello scalone e delle alte sale del piano nobile; il secondo, geograficamente allargato e stilisticamente variegato, attraverso quello che resta di una delle più antiche ed importanti raccolte bolognesi, la quadreria Zambeccari.
L' edificio si trova al n. 7 di via Castiglione (l'origine del nome della via è in relazione al feudo di Castiglione de' Gatti, diventato poi Castiglione de' Pepoli quando i conti ne vennero in possesso nel 1340). Fu il Conte Odoardo Pepoli nella seconda metà del Seicento a dare inizio ai lavori di costruzione del palazzo senatorio, completato solamente a fine secolo.
fig. 1

Entrati dalla porta principale, ci dirigiamo verso destra ed imbocchiamo l'ampio scalone nel quale sostiamo ed iniziamo il nostro primo viaggio lasciandoci ingannare dagli arditi scorci prospettici di Domenico Maria Canuti (Bologna,1626-1684) che negli ovali del soffitto celebra le imprese di Taddeo Pepoli che riceve la nomina di signore di Bologna e viene confermato vicario apostolico da Benedetto XII. Giunti al piano nobile, varchiamo la soglia del salone trovando sul vasto soffitto la scena di Ercole accolto nell'Olimpo [fig.1], sempre del Canuti, in questo caso coadiuvato da Domenico Santi detto Mengazzino autore delle prospettive architettoniche (Sala del Trionfo di Ercole). Da qui prende il via un esemplare itinerario attraverso la grande decorazione barocca realizzata a Bologna nel corso degli ultimi quattro decenni del XVII secolo ed il primo del successivo: in successione, sala dopo sala, incontriamo gli interventi dei fratelli Antonio e Giuseppe Rolli (quest'ultimo era principale allievo del Canuti), che eseguono la Glorificazione di Felsina (Sala di Felsina).
fig. 2

Di Giuseppe Maria Crespi (Bologna, 1665-1747), autore dei due mirabolanti affreschi raffiguranti Le stagioni con Ercole trasportato in cielo su carro del sole (Sala delle stagioni, fig.2) e L'Olimpo (Sala dell'Olimpo), e di Donato Creti (Cremona, 1671- Bologna,1749), che nel 1710 dipinge sul soffitto dell'ultima sala visitabile (Sala di Alessandro) l'episodio di Alessandro che taglia il nodo gordiano [fig.3]. Prendendo le mosse da quest'ultimo, Angelo Mazza osserva puntualmente che “dopo la mirabolante avventura barocca di Canuti ed il naturalismo di Crespi, l'impeccabilità del disegno e la fermezza costruttiva dell'affresco di Creti auspicano un ritorno all'ordine classicistico e nello stesso tempo ricordano al visitatore [...] come in quell'anno 1710 venisse ufficialmente inaugurata l'Accademia Clementina nell'abitazione del generale Marsili, a baluardo e rinnovamento della tradizione sotto la giuda di Carlo Cignani, principe a vita, di Marcantonio Franceschini, vice-principe, e di Giampietro Zanotti, segretario e ideologo dell'istituzione accademica”. …e, aggiungo io, questa è un'altra storia, di cui parleremo in un prossimo numero.
fig.3

Per iniziare il secondo viaggio è necessario distogliere lo sguardo dai soffitti ed indirizzarlo verso le pareti dove sono disposti, secondo un criterio espositivo ancora ottocentesco, i dipinti supersiti dell'antica raccolta della famiglia Zambeccari che, dopo diverse vicende e traversie, fu donata nel 1884 dal marchese Giacomo all'Accademia Clementina, divenuta nel frattempo Accademia di Belle Arti ed infine Pinacoteca Nazionale (lì sono ancora le opere di Simone dei Crocefissi; Guercino, Garofano, Ortolano, Tiziano, Crespi, Creti e Pasinelli). La varietà e la qualità dei centocinque quadri della collezione permanente è straordinaria. Tra le “incursioni forestiere” cinquecentesche conviene ricordare il meraviglioso trittico portatile ad ante richiudibili con Estere ed Assuero (interno) ed Adamo ed Eva (esterno) attribuito ad un ignoto pittore di Anversa e l'Ecce Homo riferibile alla cerchia di Albrecht Bouts. Tra i pittori locali ritroviamo il bizzarro e colto Bartolomeo Passerotti, che alla metà del XVI secolo possedeva un meraviglioso atelier accanto alle due torri; Lodovico Carracci, protagonista assieme ai cugini Annibale ed Agostino della riforma “naturalistica” a cavallo tra Cinque e Seicento; ed ancora gli artisti di formazione carraccesca (Lucio Massari, Francesco Brizio, Alessandro Tiarini e Lionello Spada, al quale si confà lo pseudonimo di “Scimmia del Caravaggio”, come dimostra sua bellissima Giuditta con la testa di Oloferne) e reniana (ad esempio Elisabetta Sirani, la più celebre tra le donne artiste bolognesi, che sebbene sia morta a soli 27 anni ci ha lasciato un cospicuo numero di prove). A rappresentare il settecento felsineo intervengono le opere di Giuseppe Gambarini, Felice Torelli, Giuseppe Maria Crespi e Donato Creti. Infine, tra gli eccellenti pittori provenienti da altre aree geografiche ricordiamo il veneziano Palma il Giovane, il ferrarese Carlo Bononi, il genovese Bernardo Strozzi, il bellunese Sebastiano Ricci, il napoletano Luca Giordano ed il pittore originario di Taverna (in Calabria) Mattia Preti, che con il suo Sacrificio di Isacco, esposto nell'ultima sala, ci congeda lasciandoci il sorriso sulle labbra. Che dire….buon “doppio viaggio” a tutti!


[1] Campogrande, dal nome dell'ultima famiglia che lo detenne in proprietà prima di passarne una parte al Comune di Bologna. Un esauriente approfondimento su Palazzo Pepoli Campogrande: Le Antiche Stanze. Palazzo Pepoli Campogrande e la quadreria Zambeccari, a cura di J.Bentini, con saggi di G.P.Cammarota e A.Mazza, Bologna 2000.

2 Commenti

  1. che evrgogna..abito da ormai vent'anni in zona castigliobnee non ne sapevo nulla. grazie per la scoperta. tra due domeniche porrò rimedio a questa mancanza secolare e visiterò il palazzo con il tuo articolo alla mano.

    per il momento vorrei fare luce sulla tua frase

    “Mi chiedo spesso perché in certi splendidi luoghi di Bologna non c'è l'ombra di un visitatore. Ho maturato riflessioni e forse ho trovato anche alcune valide risposte, che tuttavia non voglio e posso esporre in questa sede”.

    secondo me dovresti esporre queste ragioni..un pò di critica diretta e aperta è forse il modo più efficace per risveglioare le cose..chiaro, la critica deve arrivare agli orecchi giusti e deve essere accompagnata da proposte inetressanti (ed economiche) sennò va tutto a mucchio. L'arengo è ancora giovane e poco influente, ma deve muoversi in questa direzione..imparare a comunicare anche con le istituzioni e proporre. per l'anno prossimo si potrebbe pensare ad un programma “Bologna da scoprire” in collaborazioen con alcuni associazioni cittadine.

  2. Ciao Pietro,
    complimenti per l'articolo: diretto, divulgativo e di gradevole lettura. S'impara qualcosa sulla nostra città senza la noia di dover subire un “professore” ma di ascoltare buoni consigli.
    Prorio gradevole!

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