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Scritto da nel Numero 37 - 16 Aprile 2008, Politica | 2 commenti

Spoglio elettorale

Lontani dal voler offrire analisi microscopiche delle elezioni minuto per minuto, dedichiamo un attimo fugace agli esiti di questo spoglio elettorale. 5 punti per cinque partiti.
1. Popolo delle Libertà: i vincitori. Nuovo nome, stessi protagonisti, stessa alleanza del 1994. Formazione vincente, non si cambia! La maggioranza dei cittadini italiani ha quindi ritenuto opportuno che Berlusconi porti a termine entro il 2013 il progetto politico iniziato nel 2001, ed interrotto da una pausa di due anni. Sono 12 anni; 10 escludendo la parentesi del governo Prodi. Un periodo che si può ritenere ragionevole per avviare e consolidare i processi di riforma di cui l’Italia necessita. A scanso di ogni equivoco dovrebbe risultare quindi chiaro che l’Italia del 2013 sarà l’Italia che ha disegnato, riformato e voluto Berlusconi.  
2. Rifondazione Comunista e succedanei: gli extra-parlamentari. Con venti anni di ritardo i comunisti italiani fanno seguito ai loro maestri sovietici. Il novecento gli è caduto addosso, ha dichiarato Vendola. Pare se ne siano accorti, con lieve ritardo. Parliamo di un partito che ha dimostrato di non saper capire il cambiamento sociale, di rappresentare e governare i bisogni del suo elettorato che fu, di una classe operaia diversa da quella del Novecento (esiste ancora?). Muniti di una sana dose di ideologia anacronistica non han saputo proporre una nuova linea politica, nuovi rappresentanti. Sorge il dubbio che non sappiano nemmeno a quali parti sociali rivolgersi. Disorientati, increduli del risultato, puntano il dito contro chi li ha esclusi. Colpa del PD, colpa di Grillo che invita all’astensionismo, colpa degli operai che non sanno scegliere chi sa capire e difendere i loro diritti ed interessi. Forse meglio puntare il dito allo specchio, per una maggiore riflessione con spirito di autocritica.
3. I Verdi: gli estinti. Sono il paradosso, da presunti difensori dell’ambiente a razza in via d’estinzione. Nell’età della sensibilità ambientale solo in Italia il partito per l’ambiente avrebbe potuto perdere così miseramente. Per solidarietà si potrebbe chiedere al WWF di affiancare al suo panda simbolo faccia di Pecoraro Scanio.  
4. Il Partito Democratico: il secondo partito, gli sconfitti. Non ha saputo affermarsi se non in quelle regioni dove sarebbe stato ovvio che avrebbe vinto. I suoi elettori si aspettavano di più, ci speravano, si sbagliavano di quasi 10 punti percentuali. Rinnegare Prodi (per due volte vincitore, per due volte tagliato fuori, dichiara) non ha pagato. L’unica consolazione sta in quel dente del giudizio estirpato, di nuovo l’idea di un’unità politica libera da compromessi ed alleanze immobilizzanti.
5. La Lega: il fenomeno più interessante, forse il più drammatico e preoccupante. È il dilagare della Lega, con picchi del 25% Lombardia e Veneto, con un inconcepibile 7% in Emilia Romagna. Due anni fa aveva preso circa la metà dei voti. Dove sono le origini di questa esplosione? Più voti dagli alleati? Più voti dagli indecisi. Si può discutere. È invece un dato di fatto che, sull’onda dell’antipolitica di Grillo comparsa solo qualche mese fa, ha oggi vinto chi si è schierato contro le istituzioni. Il partito più asistemico, più sovversivo, più populista, più paternalista. Il partito che ha fatto dell’attacco allo Stato il suo cavallo di battaglia.
Fini è stato accantonato. Dal Sole 24 Ore alla Repubblica i vincitori acclamati sono Bossi e Berlusconi. Vale la pena ripercorrere in breve i picchi della campagna elettorale di Bossi e Berlusconi:  
a.      la minaccia del ricorso ai fucili
b.      l’elogio di Mangano, eroe e in veste speciale “pizzino” in stile Provenzano
c.      L’invito all’evasione fiscale
d.      L’attacco al Presidente della Repubblica
e.      La delegittimizzazione della magistratura
f.       L’arruolamento di fasciti dichiarati nelle proprie schiere  
 
La Lega, è cruciale osservarlo, ha saputo impersonificare i bisogni e le paure degli italiani. Caduto (con vent’anni di ritardo) il muro italiano del comunismo (sono rimasti solo i magistrati e Napolitano da poter attaccare) l’Italia si appresta ad erigerne uno nuovo: quello del protezionismo. Di fronte al mondo che cambia abbiamo scelto di chiuderci all’interno delle nostre barriere, puntando sul made in Italy verso rotta del presidenzialismo all’italiana.
Ed intanto, quasi timidamente, si avvicina il 25 Aprile, un lontano ricordo dei nostalgici, e poi il primo Maggio, la festa (?) dei lavoratori, orfani di sindacato, di partito, ma adottati da papà Berlusconi e mamma Bossi. Altro che Mamma Roma.

2 Commenti

  1. abbiamo tralasciato UDC e Di Pietro.
    per quale ragione?

  2. chiedo venia.
    in effetti l'UDC merita uno spazio, lo dedico qui nei commenti. la UDC è l'ennesima prova che essere cattolici in Italia (e soprattutto in Sicilia) paga sempre. a parte gli scherzi l'UDC ha avuto il coraggio d abbandonare il carro die vincitori scegliendo la strada comune del PD: quella di un partito compatto e libero da coalizioni caapce di portare avanti la sua linea politica.
    il premio dell'elettorato è meritato.
    su Dipietro, bè il 26% in Molise ci fa capire come la politica in Italia sia sempre una questione di famiglia

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