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Scritto da nel Numero 36 - 1 Aprile 2008, Politica | 1 commento

Programmi elettorali a confronto – Scuola ed Università

Scuola e Università, il programma c'è ma non si vede

In un Paese in cui i problemi da affrontare con maggiore urgenza sono solo quelli che si trovano sulle prime pagine dei giornali in quanto emergenze, i temi della scuola e dell'università sono rimasti nell'angolo in questa campagna elettorale asfittica, perché saranno pure in coma farmacologico, ma sembra non facciano share, rispetto a temi più scottanti quali il Potere d'Acquisto e l'italianità di Alitalia, né rovinano l'immagine come i rifiuti in Campania.

Le proposte di PD e PDL in termini di formazione e ricerca presentano le stesse caratteristiche dei programmi dei due partiti nel loro complesso: gli obiettivi sono più o meno comuni, i mezzi per conseguirli (in parte) diversi, le proposte un po' timide.

Per la scuola, appare a tutti necessario aumentare la qualità dell'offerta formativa e premiare il merito nell' insegnamento, anche attraverso nuove forme di valutazione dei risultati conseguiti. Dall'altro lato, si pone anche l'accento sulla promozione del diritto allo studio. Come conseguire questi risultati? E' qui che si osservano le prime differenze, per la verità non inconciliabili. A tratti, le due proposte appaiono complementari, più che alternative. Il PD propone, innanzitutto, maggiore autonomia scolastica, sia a livello di istituti che di singoli professori nella definizione dei contenuti dell'insegnamento, la creazione di “campus della scuola dell'obbligo” da realizzare con fondi già stanziati per l'edilizia scolastica, assegnando in particolare alla scuola anche una funzione sociale nell'area urbana in cui è collocata. Inoltre, si punta sull'importanza della matematica (proponendo un aumento delle ore di lezione) e dell'inglese.

Il programma del PDL scende meno nel dettaglio, ma il primo punto cardine per la scuola è il ritorno in pompa magna delle “tre i” (inglese, informatica e impresa). Per la promozione del diritto allo studio si propongono libri di testo gratuiti per i meno abbienti, ma anche il sostegno economico a chi decide di mandare i figli in una scuola privata. Tra le proposte per la scuola è inclusa la “difesa del nostro patrimonio linguistico, delle nostre tradizioni e delle nostre culture, anche per favorire l'integrazione degli stranieri”.

Per quanto riguarda l'Università, tutti sembrano concordare che la necessità principale sia quella di aumentare la concorrenza tra gli Atenei e superare i baronati. Anche su questo tema il programma del PD va più nello specifico e, oggettivamente, è l'unico dei due che individua anche alcune misure necessarie, ma che possono far discutere: la riduzione del numero di sedi universitarie (infatti, di questo passo in Italia ci saranno più sedi che studenti) e una loro maggiore specializzazione, da un lato, e l'incremento della quota di finanziamento pubblico assegnata tramite valutazione della qualità. La maggiore concorrenza viene promossa dal lato della domanda, attraverso una sorta di “liberalizzazione” delle borse di studio, che dovrebbero divenire spendibili in qualsiasi ateneo. Nell'ambito della Ricerca, il Partito di Veltroni propone un programma di selezione di mille giovani a cui finanziare altrettante idee di ricerca per dieci anni, con l'unica condizione del garantire la qualità della ricerca effettuata.

Il PDL propone una “graduale e libera” trasformazione delle Università in Fondazioni Associative, finanziate dal territorio di riferimento, e la promozione di “Cittadelle della Cultura e della Ricerca” per lo studio delle eccellenze italiane e la valorizzazione delle produzioni tradizionali. Anche in questo caso si propone maggiore concorrenza e valutazione dei risultati degli atenei, ma senza individuare strumenti specifici. Nell'ambito della ricerca si vogliono detassare gli utili reinvestiti in ricerca, e costituire di “Fondi di Fondi” per finanziare gli investimenti in ricerca.

Se i due programmi non sono in aperto contrasto, in definitiva, non è neppure vero che le offerte siano uguali. Rimane, tuttavia, un dubbio sulla praticabilità delle misure individuate: le risorse necessarie sarebbero ingenti, le fonti indicate sono parziali (razionalizzazione della spesa per il PD, intervento dei privati per il PDL). Tuttavia, nessuno dei due programmi si sbilancia su proposte elettoralmente più rischiose come, ad esempio, l'abolizione del valore legale del titolo di studio, che pure è supportata da ambienti vicini ad entrambi i Partiti, o la riforma dei concorsi per l'accesso al mondo accademico, che potrebbe suscitare mal di pancia all'interno di possibili bacini elettorali. Da questo punto di vista, appare emblematico che il PD abbia posto scarsa enfasi in campagna elettorale su una proposta sacrosanta, ma che certamente non sarebbe unanimemente condivisa nel Paese, quale la riduzione del numero di sedi universitarie.

E' qui che sta il problema che, visto in un'ottica di più ampio respiro, è una delle ragioni del dilagare dell'antipolitica. Inserire nei programmi solo le proposte “win-win”, quelle cioè meno dolorose e che possono piacere a tutti, perché non danneggiano nessuno, un atteggiamento condiviso da entrambi i maggiori partiti, scatena, ex post, proteste e malumori quando un governo cerca di introdurre delle vere riforme. Finché i partiti italiani non si accolleranno l'onere di cambiare questa brutta abitudine forse continueranno a dover rispondere dell'omogeneità dei loro programmi e dei loro valori, e a sentirsi dire “questo in campagna elettorale non l'avevate detto”.

1 Commento

  1. very correct!

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