Le tre società
Prima, con Dossier Italia (e successivamente con Tempo scaduto. Il “Contratto con gli italiani” alla prova dei fatti), aveva sviscerato il grado di attuazione del cosiddetto “Contratto con gli italiani” di Silvio Berlusconi, dimostrando più di quanto l'opinione pubblica in generale fosse stata disposta a credere. Poi, con Perché siamo antipatici. La sinistra e il complesso dei migliori, aveva indagato e fatto luce sul complesso di superiorità della sinistra italiana. Oggi, Luca Ricolfi, sociologo dell'Università di Torino ed editorialista de La Stampa, torna a far parlare di sé. Le tre società. È ancora possibile salvare l'unità dell'Italia? nasce come ultimo di tre “Rapporti sul cambiamento sociale dell'Italia” a cura dell'Osservatorio del Nord Ovest, organismo di ricerca di cui lo stesso Ricolfi è fondatore. I temi questa volta sono quelli dello stato sociale, delle opere pubbliche, dell'occupazione nell'odierna Italia del centro-sinistra. Ciò che riguarda in prima persona i cittadini, insomma. Le tre società secondo cui il Professore torinese seziona il paese sono, nell'ordine, quella dei garantiti, quella di chi è esposto al rischio e alla competitività e quella della criminalità che controlla economia e territorio nel Sud; la tesi avanzata non è quella di una futura spaccatura definitiva tra le tre, piuttosto la constatazione che le spinte a compierla, salvo svolte rispetto al trend attuale, si faranno comunque sempre più forti, e come tali dovranno essere affrontate. O meglio, dovrebbero. Nel mirino di Ricolfi, manco a dirlo, la politica. Da tempo sia la destra sia la sinistra, sostiene infatti l'autore, quando si trovano al governo propongono grosso modo le stesse politiche stataliste di aumento della spesa pubblica, ennesima conferma del sostegno solo teorico del paese che accetta la sfida della competizione. Le ragioni? Sostanzialmente due, una strutturale e l'altra politica. Primo, i protagonisti della società del rischio sono fisiologicamente disaggregati, “atomizzati”; secondo, rimane lungi dall'essere ripensata l'abitudine di sindacati e Confindustria a privilegiare la concertazione con lo Stato a scapito della modernizzazione delle relazione industriali. Questo il cuore dell'analisi ricolfiana, che – dati ottobre 2006 alla mano – procede tra carenze infrastrutturali, legalità elusa, giungle legislative, enti locali deresponsabilizzati, precariato dilagante, contrattazioni accentrate, nullafacenze varie, meritocrazia sempre latitante, e ci mantiene a contatto con l'amara realtà: convincere l'Italia dei garantiti che così non si può andare avanti resta un'utopia, contenere la falla sociale generalizzata non è certo scontato. Ricolfi non dice che le riforme devono essere imposte dall'alto, piuttosto si chiede se una classe politica che non le attua non dovrebbe spiegarne ai cittadini le conseguenze. E, magari, non fare i conti con un inquietante equivoco: l'ostacolo cronico al rinnovamento in Italia non sarà, invece che la resistenza degli interessi colpiti, il discredito che la classe politica si è guadagnata?
È ancora possibile salvare l'unità dell'Italia?
Luca Ricolfi – Guerini e Associati – 2007 – pagg. 174$