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Scritto da nel Energia e Ambiente, Numero 18 - 1 Giugno 2007 | 0 commenti

Alcune considerazioni sui rigassificatori in italia

Si nota da alcuni anni un crescente interesse nei confronti dei rigassificatori come prova il fatto che sono entrati nella scena politica italiana diventando terreno di scontro in vari comuni. Sempre più spesso infatti vengono proposti come soluzione da un lato “ecocompatibile” in quanto il metano è tra gli idrocarburi quello meno impattante sull'atmosfera (sicuramente lo è se si considerano le emissioni di CO2 o di polveri sottili PM10, meno se si vanno ad analizzare altri indicatori quali le PM2,5) e di cui si dispone di maggiori riserve (si stima che le riserve attuali possano soddisfare il fabbisogno mondiale per i prossimi 100 anni[1]), dall'altro più efficiente rispetto ai metanodotti ovvero in grado di garantire il soddisfacimento della domanda in tutti i giorni dell'anno anche in caso di temporanee interruzioni da parte dei paesi esportatori. Si devono poi aggiungere tutta una serie di opportunità quali l'accesso a mercati nuovi e molto distanti dal nostro paese, la possibilità di fare grossi acquisti a prezzi vantaggiosi di combustibile da stoccare per distribuirlo poi nel tempo: quindi un insieme di situazioni che portano ad un mercato più competitivo rispetto a quello attuale. Inoltre se si tiene conto che il settore energetico è considerato strategico e che l'impatto di questi impianti è rilevante, è molto facile che lo stato intervenga con una politica energetica favorendo gli insediamenti[2]. Le analisi economiche infine ci dimostrano come per distanze superiori ai 6000 km diventi più conveniente il trasporto a mezzo nave (metaniera) rispetto al tradizionale metanodotto[3].

Tutti questi elementi presi in considerazione dovrebbero ripercuotersi positivamente sul servizio ai cittadini e soprattutto sui prezzi, ma ciò no è assolutamente scontato.

In Italia esiste un impianto operativo, ma quattro in fase di realizzazione ed altri quattro in fase di autorizzazione quando ne basterebbero 3 o 4 (si pensi che sono 11 in tutt'Europa), è chiaro che c'è un forte interesse nel costruirne, in più si tenga presente che nel mercato mondiale del GNL oggi esiste una carenza di impianti di liquefazione[4] (da realizzarsi nei paesi produttori di gas) e non di impianti di rigassificazione (che sono invece realizzati nei paesi importatori di gas liquido) questo determina già un eccesso di domanda con le logiche conseguenze sui prezzi[5].

Senza dubbio in base a quanto esposto i rigassificatori possono rappresentare una valida alternativa ai gasodotti ed un buon affare per i soggetti distributori di idrocarburi ma per gli stessi motivi e visto che bene o male costituiscono un rischio per l'ambiente e per gli insediamenti urbani dovrebbero essere un buon affare specialmente per i cittadini. Ma chi garantisce che una volta realizzati i rigassificatori non si verifichino comportamenti opportunistici delle aziende distributrici del gas? In fondo anche nel gennaio 2006 quando erano calati i rifornimenti di gas russo e si paventava la minaccia di un'”Italia al freddo” c'erano centrali che utilizzavano il gas per produrre energia elettrica che veniva venduta all'estero. Il problema è che è difficile ragionare con logiche nazionali in un mercato globalizzato come quello attuale e quindi deve essere ben chiaro che quando si autorizza la costruzione di questo genere di impianti si creano opportunità di business per aziende che pur essendo “parastatali” o municipalizzate quasi mai perseguono gli interessi della nazione, ma i propri ed eventualmente quelli dei propri azionisti. Il governo quindi con le politiche energetiche dovrebbe cercare di far collidere gli interessi di questi soggetti con quelli della comunità.

Consideriamo poi che già oggi parte del gas della rete nazionale proviene da impianti di rigassificazione che si trovano all'estero. Non è comunque uno scandalo se le fonti energetiche di un paese dipendono da aziende straniere (ovviamente tutelandosi con opportuni contratti di fornitura) ma se si vuole parlare di autonomia energetica forse è meglio pensare in logica europea e non solo nazionale: si dovrebbe ragionare su un corretto numero di impianti nell'Europa mediterranea per rifornire poi il resto del continente tramite gasodotti.

In conclusione si può affermare come ancora oggi in Italia ci sia un'enorme difficoltà ad affrontare temi di questo genere senza che si scatenino tutta una serie di lobbies e di interessi più o meno occulti (vedi come sta emergendo per l'impianto a Brindisi) il che ci porta seriamente a riflettere sul fatto che qualsiasi cosa si decida sul piano energetico sia fortemente condizionata dagli interessi dei singoli rispetto alla collettività e quindi che alla fine difficilmente cambierà qualcosa: sia in termini di prezzo che di servizio.


[1] Le riserve mondiali ad oggi accertate ammontano a circa 185.00 miliardi di metri cubi di gas, il consumo mondiale attuale è di circa 2.500 miliardi di metri cubi: verrebbero fuori circa 75 anni di autonomia, in realtà ci sono diversi fattori in positivo come il fatto che non tutti i giacimenti di gas naturale sono stati scoperti (da un'analisi BP del 2005 emerge che negli ultimi 10 anni l'aumento medio della crescita delle riserve è pari al 2,6% mentre l'incremento medio dei consumi è stato del 2,4%), inoltre la ricerca di nuovi giacimenti non sembra essere stata tanto intensa quanto la ricerca di nuovi giacimenti di greggio, poi il metano può essere ricavato anche da altre fonti (ad esempio dai biogas di liquami animali), altri in negativo (il consumo attuale probabilmente aumenterà, ed anche di parecchio, nel tempo, specialmente con il progressivo esaurirsi delle risorse di greggio).

[2] Nel 2002 l'autorità per l'energia elettrica e il gas si è posta come obiettivo di incentivare gli impianti di rigassificazione, nel 2003 una delibera del governo concede contributi nella realizzazione di impianti di rigassificazione. Molte aziende municipalizzate (e quindi anche a capitale pubblico) direttamente o indirettamente sono i committenti dei rigassificatori

[3] Fonte Enegas (Javier Alcaide 2006)

[4] Fonte Cedigaz WEIO 2003

[5] Lascia perplessi il fatto che, a fronte di meno di 50 rigassificatori nel mondo e di una rete di metanodotti che sembra coprire molto bene l'Italia, sia prevista la realizzazione di una decina di nuovi terminal. I principali fattori di cui tenere conto sono: i metanodotti portano in Italia il gas dal Nord Africa e dall'Est Europa. E' necessario valutare – ed è tutt'altro che semplice – la durata di queste riserve e la percentuale destinata all'Italia (tenendo conto anche dei trend dei consumi). Si tratta anche di valutazioni e scelte politiche: supponendo che le riserve nordafricane ed orientali garantiscano ancora molti anni di autonomia è utile chiedersi quanto è affidabile scegliere questi Paesi come unica fonte di approvvigionamento. Se le valutazioni sopra citate dovrebbero definire in qualche modo il numero minimo di rigassificatori da costruire, ci sono altre scelte politiche ed economiche. Per i suoi sbocchi sul mare e per la rete di gasdotti già esistente l'Italia potrebbe fungere da Paese distributore di gas per l'Europa. Magari si tratterebbe di una scelta poco ecologica ma in un Paese con poche risorse come il nostro potrebbe anche essere una scelta di “sviluppo economico” non sbagliata. In questo caso il numero di terminal di rigassificazione crescerebbe e non di poco; personalmente, però, penso che prima sia meglio lavorare per diversificare le fonti e poi, eventualmente, aumentare la densità degli impianti.

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