Il viaggio mito e scienza
Questa volta la mia gita è cortissima vado in via Zamboni 33 a vedere la mostra “Il Viaggio Mito e Scienza”, ospitata nel palazzo del rettorato, negli spazi dedicato al Museo di Palazzo Poggi.
Ma la mostra così vicina, ci porta lontano lontano nelle grandi scoperte geografiche e spedizioni scientifiche tra il XV e il XVIII secolo, cioè da Colombo a Cook che dall'America alla Nuova Zelanda coprirono tutto il mondo allora sconosciuto.
Nel percorso sono esposti rarissimi manoscritti, come ad esempio il testo di Michele da Cuneo De nouitatibus Insularu(m) oceani… (Savona, come posso omettere una citazione della mia città natale?, 15-28 ottobre 1495). Michele de Cuneo accompagnò Colombo nel secondo viaggio compiuto da quest'ultimo oltreoceano. Il documento manoscritto rappresenta l'unica trascrizione esistente della relazione compilata dall'autore al termine del viaggio: una tra le prime testimonianze dirette, vivida e incuriosita, di come apparve il Nuovo Mondo agli occhi di un europeo della fine del '400. Michele de Cuneo dà una grande quantità di notizie dettagliate sulle nuove isole scoperte, sulle piante, sugli animali, sulle popolazioni. Accennò ai camballi, i cannibali, a un frutto squisito che assomigliava a una grande pigna (l'ananas), alla presenza di pappagalli di ogni colore (raffigurati anche in un quadro). E parlò naturalmente di Cristoforo Colombo, del quale era probabilmente amico da tempo, che chiamava «signor armirante», signor ammiraglio. Di Colombo elogia il grande talento di navigatore, così abile a leggere i segni del cielo (una nuvola, una stella) e del mare da riuscire ad anticipare i pericoli delle tempeste, durante le quali era lui stesso a mettersi al timone della nave.
I viaggi di scoperta dell'epoca moderna sono assimilabili agli odierni viaggi nello spazio. Per entrambi era, ed è, fondamentale cartografare. Alla necessità di cartografare si accompagna poi il bisogno di censire, di classificare e di rappresentare piante e animali mai visti prima. A queste esigenze tentò di dare risposta il primo museo naturalistico del mondo, allestito nella seconda metà del XVI secolo dal naturalista bolognese Ulisse Aldrovandi, che è parte integrante del Museo e dell'esposizione. Aldrovandi fu uno tra i più attenti e moderni collezionisti del proprio tempo, ritenuto da Linnneo e da Buffon, il fondatore della Storia Naturale moderna. Le scoperte geografiche andavano rivelando realtà naturali del tutto nuove, delle quali era ovviamente impossibile avere una conoscenza diretta. Così, non potendo andare “in tutti i luoghi” Aldrovandi puntò sul trasferimento e la ricostruzione della realtà naturale di ogni terra lontana o vicina, all'interno delle sue mura domestiche. In mostra, oltre ai reperti, saranno esposti alcuni volumi di tavole acquarellete che raccoglievano migliaia di raffigurazioni di piante, animali, minerali e mostri, commissionate dal naturalista bolognese a importanti artisti, come Jacopo Ligozzi. Aldrovandi affidò alle figure un ruolo centrale nell'ambito della ricerca: esse servivano a mostrare “le cose di natura” nella loro interezza e nel loro stato ottimale e conferivano così ai reperti conservati nel Museo, piena validità scientifica.
Il viaggio ruota attorno a due emblemi che fanno parte della ricchezza un po' ignorata del nostro ateneo: l'Ulisse omerico, affrescato al piano terreno di Palazzo Poggi da Pellegrino Ribaldi nell'Aula magna dell'Accademia delle scienze, e la Nave, esemplificata nelle sue molteplici tipologie e nelle peculiarità costruttive e tecniche nella galleria dei modelli cinque-sei-settecenteschi delle collezioni permanenti del Museo (una delle più importanti al mondo per la sua integrità ).
In mostra sono esposti dipinti, atlanti, mappamondi antichi, carte geografiche e nautiche, strumenti di navigazione (il GPS non era ancora stato inventato) provenienti da musei e biblioteche italiani e stranieri.
Tra le pitture, scelte sia per il loro valore artistico, sia per la pertinenza a documentare le nuove scoperte e le nuove concezioni del mondo, segnalo innanzitutto, per ovvio spirito corporativo, “La lezione di Matematica” di Michiel Van Musscher poi le opere di Jacopo Zucchi “Allegoria della scoperta dell'America”, di Bartolomeo Passarotti “Pescheria”, di Caravaggio “Fanciullo morso da ramarro”, Pietro Longhi “La lezione di geografia”, Francesco Apollodoro detto il Porcia “Ritratto di Giovanni Antonio Magini ”. In prestito all'esposizione bolognese dal Rijkmuseum di Amsterdam un nucleo di importanti dipinti del Seicento olandese che sono testimonianza delle rotte d'oltremare, dei nuovi traffici mercantili e degli esordi dell'espansione coloniale, come ad esempio “Ritratto di Gerard Pietersc Hulft” di Govert Flink, “Menagerie of Stadhouder Willem II” di Melchior d'Hondecoeter, “Naufragio contro una scogliera” di Abraham Willaerts.
La mostra è aperta fino al 3 giugno, chiusa il lunedì, gli studenti universitari hanno diritto al biglietto ridotto, così come i dipendenti. Per ulteriori informazioni visitare il sito www.museopalazzopoggi.unibo.ut