“El Niño”, fenomeno nato a causa della industrializzazione, colpisce i paesi in via di sviluppo
I suoi effetti climatici e le ripercussioni economiche e sociali viste in Bolivia
Dall'era di pre-industrializzazione mondiale del secolo XIX ad oggi, il mondo ha osservato una crescita della temperatura atmosferica di 0.6 oC (Stern, 2006) causati dai gas serra, CO2 principalmente, derivanti dalle sostanze prodotte dall'utilizzo dei combustibili fossili nei processi industriali di generazione elettrica e trasporto automobilistico fra gli altri. Il cambiamento climatico ha portato con sé lo scioglimento di alcuni innevati come quello di Chacaltaya in Bolivia, la crescita in numero e intensità degli uragani come quello di Katrina negli Stati Uniti ed il riscaldamento delle acque del Pacifico intertropicale che causano il fenomeno chiamato “El Niño”, fenomeno di siccità e inondazioni in Sud America, ma tuttavia si aspettano altri fenomeni più allarmanti se non si intraprende con convinzione delle misure congiunte di mitigazione, abbattimento e adeguamento opportune.
Le misure vanno sotto l'emblema di “responsabilità compartita ma differenziata” dei paesi, sia industrializzati che in via di sviluppo, in una comune lotta contro l'effetto serra lanciata con il protocollo di Kyoto e dell'UNFCCC (United Nation's Framework Convention on Climate Change). Tuttavia queste misure anche necessarie dovranno essere realizzate nei prossimi anni perchè si è visto che i problemi causati del cambiamento climatico hanno un impatto più forte in paesi in via di sviluppo che sono più vulnerabili ai suoi effetti con ripercussioni economiche e sociali che sono in molti casi insostenibili.
La Bolivia nello scorso mese di Febbraio è stata colpita dal fenomeno “El Niño”, con inondazioni di un metro d'altezza nel 70% della regione del Beni (circa 150.000 Km quadrati pari a circa la meta' dell'area dell' intera Italia) e siccità nell'occidente del paese, con la morte di 40 persone, 76.000 famiglie danneggiate, perdite di circa 30.000 capi di bestiame bovino annegate e 209.000 ettari di coltura pers. Il tutto compreso per un costo economico dell'ordine di circa 114 millioni di dollari a carico delle comunita' locali e con un'emergenza di circa 170 millioni di dollari da raccogliere all'estero. Certamente un impatto economico che farà ridurre la attesa di crescita del PIL del -1% quest' anno[1].
Anzi, lo studio pubblicato in Ottobre scorso dall'economista Sir Nicholas Stern per incarico del governo britannico stima che il costo di abbattimento necessario per il problema del cambiamento climatico dovrebbe essere considerato come un investimento di 1% del PIL mondiale al 2050 per prevenire le perdite economiche che possono raggiungere fra il 5 e il 20% del PIL mondiale; certamente un investimento redditizio per l'umanità.
Il Protocollo di Kyoto è stato il primo passo nella lotta contro il effetto serra ma nel futuro prossimo si dovrebbe coinvolgere più attivamente a i paesi come gli Stati Uniti, Cina, India e Brasile ed anche le politiche regionale, come quella dell' Unione Europea stabilita ultimamente in Davos-Svizzera e Bruxelles-Belgio con lo scopo di ridurre in 20% le emissioni dei gas serra al 2020 e l'utilizzo in 20% di fonti rinnovabili, dovranno essere rispettate. I paesi in via di sviluppo dovranno intraprendere delle misure di adattamento, prevenzione e diffusione della problematica ambientale e mitigare i gas serra senza restringere la crescita economica e lo sviluppo sostenibile attraverso l' utilizzo di tecnologie più pulite, efficienza energetica e protezione dei loro boschi fra gli altri.
Per sopravvivere l' impegno dovrebbe darsi da tutti gli attori mondiali in maniera congiunta, al livello individuale come governamentale, perchè il cambiamento climatico non discrimina razza, sesso, livello economico né ubicazione geografica.
[1] Giornali: “La Razón” e “La Prensa”. La Paz, Febbraio 2007.