La finanza che fa crescere le pmi
Dal credito ordinario ai più sofisticati servizi di corporate banking: questa è la nuova trasformazione che dovrà guidare il rapporto tra le banche regionali e le pmi. Il sistema economico italiano è composto per lo più da pmi che sembrano non riuscire ad intraprendere un convincente percorso di crescita. Gli economisti individuano nel problema dimensionale una delle principali cause della bassa produttività e della scarsa competitività nei mercati esteri. Il “nanismo” delle imprese è certamente legato a ragioni storiche e culturali, ma sorprende la situazione di arretratezza finanziaria che non consente di avviare un processo di crescita dimensionale. Da un lato le banche dovrebbero acquisire conoscenze e competenze per offrire servizi finanziari più avanzati, dall'altro le imprese dovrebbero capire che dotarsi di una funzione finanziaria interna è un investimento.
Questo ritardo è testimoniato dal modesto ricorso ai servizi di corporate banking, che invece all'estero è l'elemento propulsivo per la crescita. Il corporate banking rappresenta l'insieme dei servizi finanziari erogati dalle banche alle imprese, da quelli tradizionali a quelli più evoluti (asset management, copertura dei rischi, ecc…). Fino ad ora le banche hanno offerto alle imprese i servizi base: l'apertura di un conto corrente, la gestione dei pagamenti e degli incassi, la custodia dei valori, l'erogazione di un prestito. Soprattutto le piccole imprese necessitano di un ampliamento dell'offerta dei servizi per affrontare le sfide competitive e di internazionalizzazione. Uno strumento che può risultare utile nelle operazioni di commercio con l'estero è quello dell'assicurazione dei crediti per l'esportazione. Il problema delle imprese italiane esportatrici quello della garanzia di ricevere il pagamento da parte dell'importatore estero e di volere liquidare in anticipo alcuni crediti commerciali. A questo proposito in Italia è presente l'Istituto pubblico per i Servizi Assicurativi del Commercio Estero (SACE) che offre una copertura massima al 90% per i crediti fornitore (finanziamenti concessi all'esportatore italiano contro cessione di crediti cambializzati derivanti da contratti di fornitura all'estero con pagamento dilazionato) e al 95% per i crediti finanziari (concessi da banche italiane ed estere). Un altro strumento è rappresentato dall'emissione di bond di distretto, dove la banca acquisisce i crediti delle imprese di un distretto e contestualmente eroga un prestito bancario che verrà ripagato dalla vendita sul mercato dei titoli. Uno degli strumenti inutilizzati è l'asset management, ovvero la gestione della liquidità, che essendo estranea alla gestione operativa e caratteristica dell'impresa, non dovrebbe essere gestita sul conto corrente dell'azienda, ma in un portafoglio con un profilo di basso rischio. Il servizio più innovativo, non offerto dalle banche e poco richiesto dalle imprese, è quello relativo alla copertura dei rischi finanziari (hedging). L'obiettivo delle imprese è quello di proteggersi da tutti i rischi che incombono sulla gestione del business. La banca che offre questo tipo di servizio dovrebbe individuare i rischi più minacciosi (tassi di cambio, fluttuazione euro-dollaro, tasso di interesse variabile, ecc…) ed effettuare delle operazioni di copertura sul mercato, tipicamente dei derivati. Altri servizi di finanza mobiliare potrebbero essere annoverati all'interno del corporate banking, ma a questi sono rivolti solo i giganti.
Alcune indagini sulle scelte di finanziamento mostrano come quelle imprese che hanno superato il passaggio intergenerazionale utilizzano i servizi di corporate banking più evoluti. Investire nei giovani non è solo retorica, ma una concreta copertura dal rischio di immobilismo.