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Scritto da nel Internazionale, Numero 13 - 16 Marzo 2007 | 0 commenti

Il ritorno degli Inglesi a Croke Park

Dublino, 21 novembre 1920.

Gli spalti del campo sportivo di Croke Park erano gremiti di tifosi per l'incontro di calcio gaelico tra Dublino e Tipperary, partita però interrotta nel sangue. La Polizia Ausiliaria del Regno Unito fece irruzione nel campo sparando indiscriminatamente sulla folla come rappresaglia per l'omicidio di alcuni ufficiali di polizia inglese avvenuto il giorno prima per mano della banda guidato da Michael Collins; il bilancio di quel Bloody Sunday fu di 13 morti, compreso il capitano del Tipperary, Michael Hogan. Da quel giorno Croke Park divenne il tempio inviolabile dello sport irlandese, dove non si sarebbe giocato alcuno sport se non di tradizione gaelica e, soprattutto, dove nessuna squadra inglese avrebbe messo piede…

…fino allo scorso 24 febbraio[1].

Ciò che è successo ha dell'incredibile! La sede della Gaelic Athletic Association, uno degli stadi più belli d'Europa, con circa 80.000 posti a sedere, è stata l'arena di un evento che passerà alla storia. Gli Inglesi sono tornati a Croke Park per la sfida del 6 Nazioni di rugby contro i padroni di casa dell'Irlanda ma, ciò che più ha fatto sensazione, oltre al risultato, sono state le note e le parole di God Save the Queen suonate e cantate dai sudditi di Sua Maestà in trasferta in uno dei luoghi più sacri della Repubblica. Difficile da credere per noi latini con un'etica dello sport tanto lontana da quella anglosassone, ma l'inno della Regina è stato accolto in modo civile, anche se con qualche mugugno: gli Irlandesi erano lì per la partita, vendicarsi sul campo e non sugli spalti. Così è stato: l'Irlanda Unita del rugby ha avuto la sua rivincita umiliando i cugini inglesi con la più pesante sconfitta mai subita nella loro gloriosa storia del 6 Nazioni. 43 a 13 il risultato finale di una partita leggendaria.

Gli anni passati e soprattutto la situazione economico-sociale notevolmente migliorata, ha mitigato in buona parte della popolazione l'odio per i vecchi invasori, salvo qualche rigurgito in rare situazioni. Già il grande George Best, ambasciatore d'Irlanda in terra inglese, giocando nel Manchester United, aveva avvicinato le sponde delle due isole (in anni particolarmente difficili) e, ancora oggi, i tifosi della squadra inglese sono tantissimi sia a Belfast che a Dublino.

Certo, le macchie ci sono ancora anche se un po' sbiadite, ma l'Inghilterra non è ormai più vista come nemico: la BBC inglese è molto popolare in tutta l'isola, la Premier League è seguitissima, molti giovani si trasferiscono nel Regno Unito per studiare, voli low cost consentono di recarsi a Londra nel fine settimana per un po' di shopping.

La Guerra d'Indipendenza è ormai lontana, ricordata in ogni pub da poster ricoperti di polvere e foto ingiallite. Il problema dell'Ulster è piuttosto trascurato, soprattutto nella capitale, salvo qualche isolata manifestazione di solidarietà per i fratelli Nord-irlandesi.

E' toccato al rugby cancellare le ultime macchie di sangue e di odio? Le ferite di decenni di guerra civile e di secoli di lotta non possono rimarginarsi facilmente, ma, negli ultimi anni, c'è da parte degli Irlandesi, sia del Nord che della Repubblica, la volontà di accettare la storia del proprio paese in tutta la sua complessità, prendendo le distanze dal controproducente e tradizionale nazionalismo irredentista.

Buon San Patrizio!


[1] Lo Statuto del Gaelic Athletic Association vieta l'utilizzo del campo a qualsiasi sport che non sia di tradizione irlandese (Gaelic Football, Hurling, Camogie e Handball). E' stata però concessa una deroga per il 2007 visto che l'altro stadio storico di Dublino, Lansdowne Road, è in ristrutturazione. La tradizione centenaria è stata interrotta per la prima volta l'11 febbraio scorso per il match di 6 Nazioni tra Irlanda e Francia.

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