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Scritto da nel Numero 13 - 16 Marzo 2007, Scienza | 0 commenti

C'era una volta via Panisperna – prima parte

Un signore distinto tra i sessanta e i settant'anni, doppio petto bianco e ghette, si sta recando negli studi radiofonici nazionali per essere intervistato. Egli è una vera celebrità, il campione dell'eccellenza scientifica del suo Paese, il fiore all'occhiello del regime fascista istauratosi da ormai cinque anni. Siamo a Roma, è il 1927 e il fisico che si appresta ad intervenire ai microfoni della radio è proprio il suo inventore, Guglielmo Marconi.

Ma all'improvviso qualcosa va storto, e un istante prima che egli riesca ad aprir bocca, la linea gracchia il rumore tipico di un'interferenza. Il momento di imbarazzo dei presenti, di fronte a quello che ha tutta l'aria di essere un guasto tecnico, diventa di disperazione e di totale incredulità quando dalle enormi casse di radica una giovane voce femminile annuncia: “Sua Eccellenza, il Cavalier Guglielmo Marconi è morto, e con lui è morta anche la fisica.”

Inizia così, con uno scherzo degno del miglior George Orwell, I ragazzi di via Panisperna, il film di Gianni Amelio sulla storia del gruppo dei giovani fisici italiani che sotto la guida di Enrico Fermi cambiarono per sempre i destini della fisica e dell'umanità. La pellicola racconta infatti gli incredibili esperimenti sul rallentamento dei neutroni che fruttarono a Fermi il premio nobel nel 1938, e al progetto Manhattan il meccanismo fisico necessario per “essere innescato”. Los Alomos e la bomba atomica sono tuttavia lontanissime in quei giorni. Non possono non esserlo, perché sono conseguenze neppure lontanamente immaginabili dai protagonisti.

Il centro gravitazionale delle vicende è e resta l'Istituto di Fisica di via Panisperna. E' proprio innalzando sul suo tetto un pallone aerostatico, che due giovani studenti di ingegneria sono riusciti ad inserirsi nelle frequenze della stazione radio che attende di celebrare Marconi. Si chiamano Edoardo Amaldi ed Emilio Segré. Sono loro due, assieme a Ettore Majorana, i primi allievi di Fermi.

Al tempo del suo insediamento a Roma alla fine del 1926, Fermi aveva trovato circa una dozzina di studenti sparsi nei quattro anni di corso. L'insegnamento della fisica allora era pensato soprattutto per la preparazione dei futuri ingegneri, e secondariamente per quella relativa agli insegnanti delle scuole medie: la relatività e la teoria dei quanti, le due colonne portanti della “nuova” fisica erano totalmente assenti dai programmi di insegnamento universitari.

Per creare anche in Italia un gruppo in grado di fornire un contributo importante allo sviluppo della fisica dell'atomo e del suo nucleo occorreva, dunque, una vera e propria riforma strutturale del sistema di insegnamento, che fosse cioè in grado di far fiorire una nuova generazione di fisici capaci di dialogare alla pari con il resto della comunità scientifica. Si trattava, in sostanza, di costruire una scuola italiana di fisica.

Alla luce di tutto questo, il funerale mediatico architettato nei riguardi di Marconi assume un valore simbolico molto forte: l'irriverenza dei due giovani che si ribellano all'autorità è lo specchio della rivoluzione quantistica che nel corso di quegli anni sta minando certezze considerate inossidabili, aprendo imprevedibili orizzonti di indagine. Non basta. Sì perché dalle ceneri della “vecchia” fisica, proprio come una fenice, è la scienza italiana a dover rinascere.

Per la prima volta essa diviene motivo di orgoglio nazionale, e la ricerca, pur tra mille difficoltà, oggetto di una pianificazione oculata che ne fissi gli obiettivi creando le condizioni per il loro raggiungimento. Artefice di questo difficile rinnovamento culturale ma soprattutto politico, sarà Orso Mario Corbino, già Ministro della Pubblica Istruzione e dell'Economia, nonché primo sostenitore di Enrico Fermi.

Oltre ad essere il direttore dell'Istituto, il senatore Corbino è una persona molto lungimirante e innamorata della fisica. Ha capito da tempo che il risorgimento della scienza italiana è legato a doppio filo ai sorprendenti risultati che quel giovane fisico ha già ottenuto da solo in ambito internazionale. Fermi costituisce un'occasione da non perdere, non solo per la fisica italiana, ma anche per il prestigio che il suo lavoro può fornire all'immagine del regime fascista. Per queste ragioni egli diverrà guida personale delle autorità che faranno visita all'istituto e non esiterà, contravvenendo alla volontà dello stesso Fermi, ad annunciare al mondo la “scoperta” di due elementi trans-uranici.

Queste temi, sicuramente importanti nell'economia del film, restano tuttavia sullo sfondo. Passione per la scienza, amicizia ed intraprendenza giovanile. Sono questi i motivi dominanti della pellicola. Va da sé che la scoperta scientifica diventi un'avventura da condividere insieme, un'esperienza di vita indimenticabile che legherà per sempre il gruppo anche dopo la diaspora determinata dalle leggi razziali imposte dal regime fascista. Si sarebbe portati a pensare di conseguenza che il film non abbia un vero protagonista. Ed è qui che si sbaglia perché il protagonista esiste. Non è però Enrico Fermi, ma Ettore Majorana.

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