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Scritto da nel Il Mondo nel Pallone, Numero 12 - 1 Marzo 2007 | 0 commenti

Capitolo 3 – Politica? (parte quarta)

E' possibile cioè che il gioco più popolare del mondo non rappresenti sulla scala più vasta i sentimenti più intimi? In Italia la risposta negativa non è in discussione, con la nostra santa domenica, l'origine del luogo del Giudizio Universale. Il giorno in cui tutti siamo uguali di fronte alla nostra coscienza e a Dio, di fronte all'area di rigore e all'arbitro, alla crisi economica e alla guerra, da soli e in compagnia. Il giorno in cui Dio si riposa e la vita non si ferma e come un bambino voglioso di vivere sfugge al genitore un po' svogliato, scappa sul prato, lungo la fascia, crossa in mezzo e con la testa spinge il pallone sotto la traversa. Generando così un boato talmente potente che ancora oggi ne percepiamo l'eco.

Ma se il Signore è svogliato, il capitalismo ormai maturo, crasso e arrogante vuole sottrarci anche questa energia, con l'ausilio delle nuove tecnologie e dei milioni di euro che giorno dopo giorno vogliono criptarci. Come se si trattasse di petrolio, come se fosse una guerra.

Insomma, parliamoci chiaramente e proviamo ad essere coerenti.

Le donne ce lo ricordano, si lamentano di questi maschi – quelli che comandano e quelli che si lasciano comandare – nell'età di mezzo tra tutto e niente: drogati di calcio, ormai intossicati da un sistema che si autoriproduce e che ogni domenica si alimenta di passione.

D'altronde quando la dipendenza è ormai cronica, occorre l'amore per accettarsi. Perché sia il popolo che il re sono drogati di questa vita, sono influenzati nell'intimità da questo Dio pallone. E di fronte a Dio la carne è debole. Così il cerchio si chiude: se il pallone influenza gli umori e gli umori trasformano l'energia, allora abbiamo ragione noi. Dio gioca a pallone, e si diverte a prenderci in giro. L'unica speranza è vincere, l'unica verità per cui dobbiamo sopravvivere.

Per vivere, invece, bisogna essere uomini: scegliere e assumersi le proprie responsabilità. E per chi vuole sottrarci l'energia l'unico modo è nasconderci la verità.

Negare. E poi negare, negare fino alla morte, anche davanti all'evidenza.

Non è vero che il capitalismo dei compari si è insediato nelle alte sfere del calcio italiano e non solo. Non è vero che Rupert Murdoch appartiene a quel mondo e che lo sport nazionale rischia di diventare una fiera del lusso. Non è vero che l'allora Presidente del Consiglio controllava il calcio italiano e vinceva la Champions League all'alba della sua investitura a Presidente Europeo di turno.

Non e' vero che qualche anno più tardi la perdeva clamorosamente poche settimane dopo una Caporetto alle elezioni Regionali. Non e' vero che la squadra che sconfigge l'armata Berlusconi arriva dall'Inghilterra un mese dopo che Tony Blair ottiene storicamente il suo terzo mandato di Governo e alla vigilia del semestre britannico di presidenza Europeo.

Non è vero che a giovare maggiormente dello spalmadebiti sarebbero state le solite note.

Non è vero che la Juve vince sempre.

Non è vero che una qualsiasi persona normale adotta un metro diverso se deve giudicare un multimiliardario opposto ad un impiegato di primo livello. Ne segue che non è vero che un arbitro potrebbe, con tutta la buona fede di questo mondo- insomma sì, il regolatore difende gli arbitri – non essere del tutto imparziale quando un giocatore della primavera da 50.000 euro l'anno atterra inarea, magari, Mr 100 miliardi o Sir 100 milioni di euro. Visto che da quando c'è l'euro cento mila sono cento euro.

Non e' vero che, da noi, beati i primi perche' i primi non sono onesti.

Non e' vero che Giuseppe Gazzoni e' uno dei pochi presidenti rispettabili del calcio italiano, un imprenditore serio che si e' schierato contro il celebre doping amministrativo. Non e' vero che un paio di anni dopo, guarda un po', il suo Bologna si ritrova in Serie B senza soldi e senza potenziali acquirenti.

E non stiamo parlando di complotti, guardate bene. Stiamo parlando di matematica, di equilibri da mantenere, di incastri perfetti, di bisogni da soddisfare, di bocche da sfamare, di voti da guadagnare, di amici da sistemare, di affari da concludere. In questo calcio, in questo Paese non c'e' posto per i meriti, per l'onesta', per le regole.

Non è vero che chi veramente ha capito questo Paese ha chiamato il suo partito Forza Italia, che ha adottato l'azzurro come colore ufficiale e che manda una lettera agli italiani ogni qual volta vince uno scudetto. Sai che forza vincere il tuo Campionato.

Non è vero che senza calcio siamo finiti.

Non è vero che senza calcio sono finiti.

Non è vero che uno dei motivi per cui un mercato può fallire è la cosiddetta 'teoria della cattura' secondo la quale, in alcuni casi, l'autorità preposta a garantire il regolare svolgimento di un'attività economica (in questo caso il calcio, branca principale del settore industriale chiamato sport) finisce per essere “catturata” dal soggetto che dovrebbe uniformarsi ai comportamenti imposti. Non è vero che chi dovrebbe regolamentare e vigilare sul sistema calcio spesso e volentieri, che sia per coincidenza di interessi o per legami politico-economico-industriali, è parte del problema stesso. Mentre c'è qualcun'altro, la domenica lungo la strada del proprio viaggio, che se non esibisce patente e libretto paga la multa.

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