Italia in frantumi
“Pazzi autorevoli, che sentono voci nell'aria, distillano la loro follia presa da scribacchini dei tempi passati, e sono questi sogni pazzi, non gli interessi costituiti, che sono pericolosi, infernali”. Così il sarcasmo di John Maynard Keynes si scagliava contro quei governi a cui era sfuggito ogni scollamento possibile tra i precetti impositivi teorici e le condizioni reali in cui versavano le proprie società. Questo paradosso sembra avere guidato in questi ultimi anni i fautori del liberismo sfrenato e ad ogni costo, una dogmatica economica che ha come limite intrinseco quello di trasformarsi troppo spesso in fonte di disuguaglianza e di precarizzazione. Anche gli sviluppi più recenti dell'assetto economico e sociale del nostro paese altro non sono che l'ennesima dimostrazione di come il “culto della flessibilità” possa portare allo smantellamento sociale. Basti pensare alla cosiddetta legge Biagi e alle sue 48 diverse tipologie di rapporti di lavoro, al classismo della riforma della scuola e dell'università, alla crisi della Fiat come emblema del declino industriale di una nazione, alle nuove forme di povertà che si profilano all'orizzonte. Ciononostante, coloro che di questi tempi hanno azzardato una critica alle suddette tendenze sono stati accusati di disfattismo nostalgico, se non di reazionarismo. Il sociologo Luciano Gallino, professore ordinario all'Università di Torino e autorevole collaboratore di Repubblica, è tra questi. Il suo ultimo volume, Italia in frantumi – il titolo parafrasa Lavori in frantumi del sociologo francese Georges Friedmann – è una raccolta degli articoli apparsi sul quotidiano romano negli ultimi cinque anni, nel corso dei quali Gallino traccia un esauriente quadro dell'instabilità socio-economica tipica del Sistema Italia. Il sociologo presenta così la sua tagliente opera: “I due temi principali trattati in questo volume sono la degradante frammentazione in corso dei rapporti di lavoro, e la irresponsabilità della globalizzazione. Tra l'uno e l'altro compaiono temi diversi: il declino industriale, le sofferenze dei bilanci familiari, il rischio di precarizzazione dell'istituzione superiore. Ma questi possono venire considerati come maglie intermedie della catena che collega la produzione di globalità alla frammentazione dei rapporti di lavoro”. La crisi dell'economia e del made in Italy, secondo Gallino, è dunque estensione delle incognite che si sviluppano su scala planetaria. Ripensare la globalizzazione quindi? Di certo indagare sui fattori che mettono sotto tensione le economie locali ed esteriorizzarli, trovando un nuovo punto di equilibrio tra libertà economica e stabilità sociale. Se vogliamo capire davvero dove sono finiti i cocci della nostra povera Italia destrutturata, non perdiamoci questo libro.
di Luciano Gallino – Laterza – 2006 – pagg. 202