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Scritto da nel Numero 7 - 1 Dicembre 2006, Scienza | 0 commenti

Quando la scienza si fa mercato

Un paper acquisisce validità scientifica perché contiene dati e metodologie sperimentali che permettano di verificare il suo reale statuto scientifico, o semplicemente perché è una delle riviste più autorevoli a pubblicarlo?

Nel febbraio 2001 la rivista americana Science pubblica i risultati del sequenziamento del genoma umano effettuato dagli scienziati della Celera Genomics Corporation, compagnia privata guidata da Craig Venter. In contemporanea, è la rivista Nature a pubblicare i risultati sul sequenziamento del genoma umano cui è giunta una coalizione di ricercatori ed istituti finanziati pubblicamente, l'Internanational Human Genome Sequencing Corporation.

Dunque sostanziale pareggio tra il progetto privato e quello pubblico, tra la rivista americana e quella inglese. Pareggio ma con un lungo strascico di polemiche. Questo perché i dati prodotti dal progetto pubblico vengono immediatamente resi noti e da subito sono disponibili a tutti, mentre la Celera impone stretti vincoli economici sull'accesso ai propri.

La rivista Science, dunque, pubblicando i risultati della Celera, sancisce come scientifico un lavoro del quale non sono stati resi noti dati, né tecniche sperimentali. La risposta alla domanda iniziale sembrerebbe essere allora entrambe le cose e allo stesso tempo nessuna delle due.

Siamo dunque di fronte ad un pericoloso esempio di violazione dell'etica scientifica a favore di una fredda logica di mercato, o il caso non rappresenta altro che uno “splendido” paradigma di una situazione di transizione, nella quale cioè la ricerca privata impone una ridefinizione delle modalità che sanciscono la validità di un lavoro scientifico?

Se i nostri valori di riferimento sono quelli su cui si fonda la scienza moderna, ovvero la centralità della verifica sperimentale, la ripetibilità degli esperimenti e di conseguenza il libero acceso di tutti ai risultati, la pubblicazione costituisce ovviamente una deviazione dal concetto stesso di scienza. Tuttavia le vicende impongono una riflessione profonda proprio sull'attuale modus di produzione della scienza.

Negli ultimi quindici anni infatti, addirittura i due terzi dei fondi per la ricerca sono forniti dalle industrie private. Soprattutto nel mondo anglosassone la ricerca prodotta a livello industriale è di primissimo ordine, e i governi non possono in alcun modo rinunciarvi. In questo modo oltre che l'avvento del mercato, si è andata insinuando nel mondo della ricerca la cultura stessa del mercato.

La contiguità tra mondo accademico e industria privata ha portato ad intrecciarsi i valori “classici” dell'etica scientifica del Cudos (comunitarismo, universalismo, disinteresse, originalità, scetticismo organizzato), con quelli propri del mondo industriale come la proprietà, la località, la gestione manageriale, la realizzazione di obiettivi pratici e la valorizzazione del ricercatore. Quest'ultimo invece che diventare professore universitario diventa imprenditore. Stesse competenze scientifiche a fronte di carriere ed obiettivi sostanzialmente diversi.

L'equivoco nasce allora laddove lo scienziato-imprenditore pretenda di veder legittimata a livello accademico la “vendita” del proprio risultato, per raggiungere il quale si è ovviamente avvalso dei contributi di tutto il resto della comunità scientifica. Dunque desiderio di prestigio, oltre che di accrescimento economico.

In realtà anche i centri di ricerca pubblici più grandi proteggono da un punto di vista commerciale i propri risultati per ottenere crediti con cui finanziare nuove ricerche. In questo caso, dunque, la prospettiva si ribalta e la volontà di affermarsi nel mercato come forza produttiva si affianca al desiderio classico di legittimare la propria eccellenza accademica.

Se la rivista scientifica costituisce in questo momento un terreno di confronto scivoloso perché stretta tra le tendenze del mercato e quelle dell' “avanzamento” della scienza, e proprio dal punto di vista del mercato un'istituzione pubblica e una compagnia privata possono essere in competizione, allora è necessario studiare nuove forme di legittimazione scientifica e di regolamentazione per i diritti della proprietà intellettuale nel caso di materie dal forte impatto sociale ed economico quali la genetica. Occorre forse definire un status scientifico e giuridico nuovo che si ponga tra brevetto e scoperta scientifica, inaugurando spazi di confronto alternativi alla rivista per evitare ambiguità di principio nel dialogo tra esperti.

John Ziman, sociologo della scienza, sostiene che l'istituzione fondamentale della scienza sia proprio il suo sistema di comunicazione, primo tra tutti quella fra scienziati. Allo stato attuale, questa sembra essere davvero una delle poche conquiste all'interno del dibattito in atto.

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