Amarcord Barolo – Quarta Parte
Cavour e la vita di corte del Barolo
Molto importante per lo sviluppo e l'evoluzione nel modo di vinificare il Barolo fu la figura del Conte di Cavour, personaggio che non ha di certo bisogno di presentazioni. Inviato a Grinzane in qualità di sindaco nel 1833 dal padre a causa delle sue idee troppo innovative e liberali con la speranza che gli si calmasse l'animo.
Il conte trovò le tenute molto arretrate, soprattutto se paragonato a quanto aveva visto in Francia durante i suoi viaggi. Convinto dell'importanza dell'agricoltura per l'economia del Regno, intraprese un'opera di miglioramento colturale; le produzioni privilegiate furono il riso nella tenute di Leri e la vite nella tenuta di Grinzane.
Dopo aver fatto piantare 14 giornate (poco più di cinque ettari) chiamò prima il generale Pier Francesco Staglieno, un nobile con la passione per l'enologia, ed in seguito un commerciante di vini francese residente a Genova, Louis Oudart, il quale prese alloggio a casa del conte come consulente enologico. Allo Staglieno si devono alcune innovazioni come la fermentazione in tini chiusi anziché aperti, per diminuire l'ossidazione del mosto; l'uso dello zolfo per garantire una più lunga conservazione del vino, l'acquisto di botti nuovi di diverse pezzature. Da segnalare che tale generale scrisse nel 1837 l'opera enologica “Istruzioni intorno al modo migliore di fare e conservare i vini in Piemonte”, la quale servì molto per la diffusione di tecniche vinicole.
Con Oudart il Conte stipulò nel 1847 un contratto nel quale si impegnava e vendere tutta la sua produzione di uva alla ditta “Oudart e Bruche” e che questa ditta si sarebbe sobbarcata tutte le spese di vinificazione. Prima di quell'anno è probabile che lo Staglieno ed Oudart abbiano convissuto ha casa del conte, producendo un nebbiolo giovane e dolce il primo ed uno più amaro e propenso all'invecchiamento, come già si faceva in Francia, il secondo: Cavour e Oudart si possono considerare i padri del moderno Barolo.
Come Staglieno anche l'enologo francese si preoccupò di apportare alcune migliorie, specialmente in cantina, ed a lui si deve il primo ordine di 100 bottiglie di vetro: data 1844 la prima bottiglia di Barolo.
L'aneddoto di cui ho scritto nella numero precedente riguarda il vino donato dalla Marchesa Giulia Colbert al Re Carlo Alberto. Racconto che è stato forse “gonfiato” dalle cronache dell'epoca; certo è che il Re dopo aver assaggiato tale vino acquistò dalla Congregazione della carità di Torino il Castello di Verduno e le annesse cascine per produrre egli stesso Barolo. Tale proprietà si andava ad aggiungere ad altre tenute: a Pollenzo, la quale era riservata alle battute di caccia, a Roddi e Santa Vittoria adatte alla coltura dell'uva. Come enologo venne chiamato Staglieno, che come già detto aveva prestato i propri servigi al Conte di Cavour.
Persona a cui il Barolo deve molto è il capo cuoco della casa reale, Giuseppe Vialardi, il quale oltre a trasformare il servizio dei pasti di corte, scelse come vino per tali regali pasti proprio il Barolo: non è difficile capire come gli sia stato attribuito il titolo di “vino dei Re”, mentre sarà stata la storia e la sua qualità a decretarlo “Re dei vini”.