Il respiro nervoso della Bora
Una foto ingiallita dal tempo nel quale un gruppo di signori, le giacche rovesciate, si tengono stretti alle corde aspettando che l'ennesima “scossa” ventosa si plachi. Trieste e la Bora. L'equazione appartiene da sempre all'immaginario collettivo degli italiani e i triestini, in fondo, ne vanno fieri.
Se a questo senso di reciproca appartenenza aggiungiamo che le peculiarità fisiche di questo vento non hanno eguali nel panorama italiano, comprendiamo i motivi per i quali gli studiosi conoscano dettagliatamente il fenomeno Bora, la sua influenza sul mare, sulle formazioni nuvolose, sulla temperatura, sui fronti ciclonici temporaleschi. Quello che sorprende è invece la mancanza di studi specifici sull'influenza che la Bora eserciterebbe sullo stato di salute dell'uomo.
Come noto sin dall'antichità infatti, le condizioni atmosferiche e il brusco cambiamento di alcuni parametri meteorologici costituiscono una vera e propria “provocazione” naturale, di fronte alla quale un organismo già affetto in modo latente da alcune malattie, e perciò predisposto, può rispondere sviluppando un quadro patologico eclatante, mentre un soggetto già ammalato può presentare un sensibile aggravamento della sintomatologia legata alla propria patologia. I soggetti appartenenti alla prima categoria, che reagiscono nello specifico con sintomi quali agitazione, irritabilità e ansia, sono i cosiddetti meteoropatici; gli individui già affetti da patologia specifica invece, si dicono meteorosensibili.
Nasce da quì la biometeorologia, intesa come la scienza che studia le interazioni tra fenomeni atmosferici e organismi viventi, siano essi animali, vegetali o esseri umani. Secondo gli studi effettuati al dipartimento di psicologia dell'Università Cattolica di Milano, negli ultimi decenni, anche a causa della complicità dei fattori inquinanti dispersi nell'aria, i disturbi sembrerebbero interessare un italiano su cinque.
Se per variabili meteorologiche quali la temperatura e la radiazione solare le relazioni con il possibile verificarsi di patologie sono ad un buon livello di documentazione, rimangono ancora molti punti oscuri riguardanti l'influenza di altre variabili come il vento, la pressione, l'umidità. Dal momento che i venti influenzano la temperatura, la copertura nuvolosa, il potenziale elettrico e la ionizzazione dell'aria, sono stati senza dubbio l'elemento meteorologico più studiato negli ultimi anni.
“E' opportuno precisare”, osserva Angelico Brugnoli, biometeorologo e consulente al centro di ricerche in bioclimatologia medica dell'Università degli Studi di Milano, “che i maggiori disturbi provocati dalle cosiddette anemopatie si manifestano in soggetti neurolabili, immunodepressi o comunque già affetti da qualche patologia.”
Gli studi, che riguardano soprattutto venti caldi e secchi, indicano che le conseguenze più dannose siano dovute alle modificazioni del campo elettrico. Sono proprie queste, infatti, le responsabili dell'aumento degli ioni positivi nell'aria che alterano l'equilibrio del sistema neuro-endocrino determinando nel soggetto maggiore irritabilità, tensione nervosa e un generale peggioramento dei sintomi depressivi.
Sono state definite vere e proprie sindromi meteoropatiche da venti quelle “dello Scirocco” nel mediterraneo, “del Mistral” in Francia, “del Fohn” in Svizzera, Austria e Germania, “del Santa Ana” in California. L'influenza di questi venti sul comportamento umano è considerata così fondata che nella legislazione austriaca il Fohn è ritenuto causa attenuante in caso di omicidio, e l'FBI ha addirittura incluso il vento in un elenco di situazioni che possano favorire i crimini.
In questi studi non vi è praticamente traccia della Bora, sebbene condivida molte delle caratteristiche dei venti citati: è infatti un vento molto forte e tendenzialmente secco, ad essa si accompagnano un cospicuo sbalzo di temperatura avvertita dall'organismo, un consistente gradiente nella pressione barometrica e lo sviluppo di energia elettrostatica a livello della cute, altro fattore di disturbo per il sistema neurovegetativo. Se a questo si aggiunge che Trieste è la città italiana caratterizzata dal maggior numero di crisi di panico, e che nel 2005 più di due triestini al mese si sono tolti la vita, al di là dei luoghi comuni e di eccessivi allarmismi, uno studio biometeorologico della Bora potrebbe aprire orizzonti inaspettati, e per certi versi si rende necessario dal punto di vista della prevenzione medica.
Come a tal proposito sottolinea Brugnoli, “sebbene sia impensabile estrapolare la nostra vita dall'ambiente, le meteoropatie si possono però prevenire, e il medico deve essere in grado di consigliare ai pazienti più sensibili come evitare la comparsa o l'aggravamento di fastidi che cominciano ad essere, oggi, ben conosciuti e classificati”.