Attenzione: il motore si può rompere
In questi tempi si parla di Finanziaria, anzi più che parlare si tratta, chi si manifesta, chi si difende. Il Governo si trova di fronte alla prima grossa prova di tenuta: finita la luna di miele con l'opinione pubblica grazie alla Grazia dell'indulto, tramutata l'euforia mondiale con i punti di sutura di calciopoli, siamo di nuovo di fronte alla cassa. Lo sapevamo, ce lo aspettavamo e, a dir la verità, non ne siamo più di tanto stupiti. Si dibatterà nella politica e con quella coperta sempre troppo corta qualcuno si coprirà e qualcuno si arrangerà a suo modo.
Tra quelli che cercano di arrangiarsi annoveriamo il gruppo dirigente de L'Ulivo, riunitosi ad Orvieto per erigere il principale pilastro a sostegno della strategia del Governo Prodi: il Partito Democratico. Diciamo che occorre particolare perizia per arrangiare un lavoro del genere. Vediamo un po' di che si tratta e soprattutto cerchiamo di focalizzare un punto, ovvero capire se si tratta di arrangiare con un buon bricolage una zattera per attraversare un golfetto della politica (per esempio traghettare il Governo fino a fine legislatura) oppure di intraprendere un percorso di lungo periodo (qualche decade)? La risposta ad un quesito del genere non risiede nella volontà dei singoli dirigenti, ma nelle dinamiche storiche e sociali che investono la composizione della rappresentanza democratica.
Il primo embrione di questo Partito Democratico sboccia con il dalemiano progetto democratico ribattezzato prodianamente L'Ulivo nel 1995. Nel breve volgere di un lustro i partiti che, rappresentando la quasi totalità dell'elettorato nazionale, avevano edificato la Repubblica si sono trovati nella necessità di discutere se unire le proprie forze in un solo partito per affrontare la nuova sfida della modernità che in Italia rischiava (ha rischiato e rischia tuttora) una deriva berlusconiana.
La domanda cruciale per rispondere al nostro quesito si chiede se il bipolarismo attuale è effettivamente l'assetto stabile dei prossimi 50 anni di vita nazionale oppure se e come l'evoluzione del nostro sistema convergerà al modello europeo. L'opinione di chi scrive è che oggi occorre realizzare il Partito Democratico affinché i figli politici dei nostri Padri Costituenti sappiano affrontare la sfida cui sono posti di fronte: prendere per mano il Paese e accompagnarlo nell'Europa unita e nel mondo globale, lasciando indietro ancora una volta le velleità razziste, nazionaliste e qualunquiste sempre insite nel nostro DNA. Ciò significa che chi ritiene di essere erede delle migliori tradizioni politiche nazionali perlomeno deve mostrarsi all'altezza di sostenere il peso del governo (questo governo, preferibilmente) fino al termine della legislatura. Il timone di questo Governo, per come esso ha vinto (da un lato un ambizioso programma di riforme dall'altro una risicata maggioranza numerica), non può che risiedere nel Partito di Prodi, il Partito Democratico. Ci troveremo di fronte (sempre che lo si faccia davvero) ad un partito nato per un'esigenza passeggera (la vita della coalizione che governa che è strettamente dipendente dalla solidità del suo premier) di fronte a sfide di portata globale e ad una lunga e complessa storia nazionale.
Secondo gli auspici di tutti il costituendo Partito oltre che democratico sarà anche Riformista. Non è facile, nel Paese dei Gattopardi. Diciamoci chiaramente che questo PD ognuno lo allunga a piacimento: chi pensa al PDS, chi al Partito Democratico Cristiano, chi a chissà che altra aggregazione liberale, libertaria. E quando si parla di riforme, se ne parla se ne parla finchè se ne parla. Poi non se ne parla più.
Capiamo bene che quella che ad inizio pagina chiamavamo 'bricolage' è in realtà un'operazione sulla pelle viva del nostro Paese, della sua storia di ieri, oggi e domani. Risulta difficile azzardare ipotesi, su come girerà il vento oltre la boa dei prossimi congressi dei partiti cosituendi il Partito Democratico. L'opinione di chi scrive è che solo una forte affermazione di questo Partito potrà cambiare l'inerzia delle dinamiche politiche, nella misura in cui esso sarà in grado di incidere con le politiche di riforma. Si tratta, come sempre in politica, di conquistare il centro, ove per centro si intende la centralità della propria proposta nell'agenda politica nazionale. L'opinione pubblica valuterà, alla fine del percorso, se sarà cambiato qualcosa e se il cambiamento sarà positivo. Vedremo così se questa aggregazione perdurerà o se sarà a sua volta un passaggio di una più lunga transizione.
Attenzione. Anche il motore più potente, in vista di quel traguardo che era sembrato perduto e che si era a fatica riconquistato, può rompersi in una nuvola di fumo lasciando a bocca aperta i milioni di sostenitori. Chiedetelo a Michael Schumacher, se non credete. Ed era la Ferrari del pluri-campione mondiale. Figuriamoci questo fragile motore democratico. In bocca al lupo.