Luther Blisset
Correva l'anno 1999 quando un personaggio dal nome stravagante sigillò con la propria firma, Luther Blisset, un romanzo storico dal titolo Q; era nato un capolavoro. Considerando la particolare natura del romanzo insieme all'irriverente gioco di maschere celate da uno pseudonimo multi-uso, era normale che il libro fosse destinato a produrre un discreto contraccolpo, e non soltanto letterario.
Ma cosa sappiamo dell'illustre signor Blisset? Invero non molto. Anche se l'utilizzo del condizionale è una cautela necessaria nel voler tracciare la storia di un nome liberamente adottabile da un insieme eterogeneo di persone. Scrittori, hackers, artisti, e semplici pensatori potevano senza vincoli firmare le proprie opere con la sigla Blisset, andando così ad ampliare la già svariata policromia di questo personaggio arlecchinesco.
Tralasciando la concezione artistica, improntata al superamento del copy-right e all'abbandono della poietica romantica, le implicazioni di questo pensiero, che filosoficamente potremmo definire debole ed aperto, consistono primariamente nella demistificazione, effettuata con diverse tecniche, dei mezzi d'informazione. Presupposto necessario per minare, in un secondo tempo, la credenza acritica e insanamente dogmatica in essi riposta.
Il progetto nasce presumibilmente a Bologna durante la metà degli anni novanta, e come una valanga acquisisce vigore ed adepti lungo il proprio percorso, finendo in breve tempo per valicare i confini nazionali. Uno spazio decisamente angusto per rinchiudervi un'idea dinamica ed affascinante che ha sostanzialmente la capacità di diffondersi con la stessa velocità del mezzo con cui si esprime: internet.
I nemici del condizionale, dimenticando la cautela e gli insegnamenti della chimica, hanno voluto trattare un composto alla stessa stregua di un elemento singolo: per molti, l'eminenza grigia occultata da questa performance aperta ed in continua evoluzione, sarebbe niente meno che Umberto Eco, non a caso intervistato dal settimanale tedesco Der Spiegel dopo l'uscita di Q. La smentita, secca e univoca, dell'illustre semiologo non si è fatta attendere.
Altri, come numerosi cronisti di Viterbo, ridicolizzati dallo scherno satanico, sono meno bendisposti e lungimiranti dei colleghi germanici: dietro il Luther Blissett Project si nasconda un nome inventato per un personaggio che non esiste, prodotto da fantasie bacate [...] confezionato nelle fogne dei centri sociali, spiccatamente di sinistra.[1]
Ma come si mina la credulità popolare? Facendo comparire sui quotidiani e nei telegiornali notizie false, e costringendo in seguito gli autori dello scoop a smentire compiendo pubblica ammenda.
Le beffe, sapientemente architettate dal “signor” Blisset, ai danni del circo dell'informazione si sono succedute negli anni con la regolarità di un carillon celeste.
Nel 1995 è segnalata a Chi l'ha visto? la scomparsa nelle campagne friulane dell'artista inglese Harry Kipper, intento a compiere in bicicletta un itinerario di turismo psicogeografico. In perfetto stile con la trasmissione, partono le ricerche che portano nella lontana Inghilterra, ma il signor Kipper non è mai esistito.
Sempre nel 1995, secondo il Resto del Carlino, Naomi Campbell sarebbe atterrata segretamente a Bologna per effettuare un intervento di liposuzione. Non è difficile “indovinare”da chi fosse giunta l'imbeccata. Nello stesso anno, è ancora il giornale bolognese in cerca di scoop, a narrare l'agghiacciante episodio di una prostituta sieropositiva che bucava appositamente i preservativi per infettare gli ignari clienti. Le iniziali della prostituta erano L.B…
Accanto alle verità ufficiali ma fasulle della cartellonistica da strada, stava nascendo un sottobosco di affiliati che, divertendosi un mondo, forniva agli strilloni benpensanti, indifferentemente gossip da parrucchiere o pretesti su cui innalzare le barricate del nuovo puritanesimo.
Nel 1996, alcuni aderenti al Luther Blissett Project forniscono alla Mondadori, interessata ad uno sfruttamento commerciale del fenomeno mediatico, alcuni testi pieni di banalità, scelti casualmente da internet, che la casa editrice pubblica come “Il manifesto delle nuove libertà”.
La notizia, rigorosamente falsa, dell'arresto di Don Gelmini viene fatta trapelare ad arte nel 1997; e svariati sono i quotidiani che pubblicano la bufala con tanto d'interviste.
Tra il '95 ed il '97 è architettata in grande stile la commedia delle messe nere e dei sacrifici umani a Viterbo. Nonostante nessuno abbia visto niente, prende forma una psicosi nella città laziale, cavalcata, considerata la prelibatezza giornalistica dell'argomento, anche da Studio Aperto. Questa vicenda ha inoltre il potere di innescare un dibattito deontologico tra diversi giornalisti: è giusto trasmettere le immagini buie animate da uomini incappucciati che fanno da sfondo ad un'agghiacciante messa nera accompagnata da urla umane? Dibattiti, dirette, paura.
L'unico particolare, è che a questa videocassetta (mandata poi in onda) ne fece seguito una seconda inviata a Tv7, dove gli adoratori di satana si sfilavano i cappucci per regalarci un primo piano dell'urlatrice: una sorridente ragazza accanto ad un faccione che raffigurava Blisset. Una città presa dal panico a causa di un paio di lettere anonime e di una videocassetta in cui non si vede nulla, è un fatto che dovrebbe far riflettere…
Nel 1999 muore tragicamente nella propria cella, a causa di un bombardamento Nato, l'artista serbo Darko Maver. La biennale di Venezia era interessata ad allestire una mostra con le opere di questo discusso performer già in esposizione a Roma e Bologna. La rivendicazione firmata Blisset non si fa attendere: Maver non è mai esistito, e le sue opere sconvolgenti sono soltanto fotografie scaricate dal sito rotten.com
Con un curriculum degno di un Amici miei cibernetico, dove gli schiaffi materiali sono stati sostituiti da altrettanto dolorosi crolli d'immagine, l'ombra lunga di Luther continua ad estendersi sinistra, anche se dopo il suicidio collettivo ha scelto di chiamarsi Wu Ming(Nessuno)…
[1] Dall'archivio di Repubblica.it