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Scritto da nel Numero 1 - 1 Settembre 2006, Tempo e spazio liberi | 0 commenti

Il Signor Q

‘Ce l’avevo libera la Q, e l’ho tenuta solo per te’

Non è da tutti scegliersi il proprio nome. Anzi a dire la verità da che mondo è mondo sono sempre prima gli altri a chiamarci di quanto noi lo si faccia con noi stessi. Certo, quante volte il nome può cambiare, quante volte si affibbia un soprannome o ci si cerca uno pseudonimo, un nome d’arte. Il signor Q non aveva di questi problemi, non era uno qualunque. Era il signor Q. Punto e basta.

Sembrava proprio strana quella storia. Quella di quel tondo che si era schiacciato alle estremità diventando un po’ ovale. Si vede che durante tutto quel girare, girare e girare in mezzo al proprio Universo a quel tondo si era formata un’appendice, una virgoletta, un apostrofo. Non era più quel bel tondo di una volta. Quel bel tondo che tutti ammiravano ed estasiati lo veneravano come forma divina.

Sembrerà a chiunque che tutte quelle preghiere sommesse sotto le volte, quelle offerte tintinnanti nelle cassette, quei fuocherelli delle candele siano un semplice brusio. Ma provate a pensare per chi le riceve, per ogni tempo e per ogni luogo, quanto rumore possa generare.

Il signor Q aveva bisogno di silenzio. Non ne poteva più di ascoltare tutte quelle voci, d’altronde queste domande aveva smesso di porsele. Aveva smesso non appena si era accorto che sua madre gliele aveva già poste tutte quelle domande, proprio tutte le stesse domande, e che, dopo tutto, come premio per i suoi tentativi di risposta, ella aveva ricominciato daccapo.

Era proprio ora di prendere una strada propria.

In effetti il signor Q la portava in giro volentieri, la sua gambetta. Per lui era naturale, quell’apostrofo in fondo al proprio ovale, tanto che aveva preso ad usarla anche e soprattutto per proprio gusto personale. Gli metteva una certa voglia di poetare, di scrivere in rima e non smettere di girare. Non poteva più farne a meno.

D’altronde che senso avrebbe avuto, ormai, tornare ad essere una O? Che senso senza quell’apostrofe? Quale senso percepito, quale senso di marcia percorso? Avrebbe ricominciato ad essere in mezzo al Tutto, all’Universo, ma non avrebbe potuto farci niente. Era ora di scendere sulla Terra, anche per lui, e di incamminarsi per il proprio viaggio terreno.

Ed ecco che, proprio lì, lo incontriamo noi. Intento a donare tutto ciò che gli era rimasto libero, tutto e solo se stesso. Il signor Q si trovava bene lì, sulla Terra, e si era innamorato.

Era da tempo che un pensiero gli ronzava per la testa, ma non riusciva proprio a capire quale fosse. Credeva, o perlomeno dubitava, che fosse un’eco lontana dei tempi in cui trottolava nelle orbite siderali. Quando qualcuno gli parlava di un certo signor Dio, al quale però non aveva mai potuto presentarsi personalmente.

Poi un giorno, tutto d’un colpo, come in una folgorazione, la vide. Vide quell’idea, la vide in tutta la sua realtà. Maestosa e sorridente, con quelle sue due pareti erette e concave, aperte ed accoglienti da un lato e sfuggenti dall’altro. Non aveva mai sognato niente di così perfetto.

Ecco che cosa non riusciva a ricordare. Ecco perché aveva scelto di scendere sulla Terra. L’aveva fatto per Lei.

Lei che ora lo guardava. Con quegli occhi briluccicanti sembrava guardare quella timida virgoletta in fondo all’ovale come fosse proprio tutto ciò che le mancava. Lei che adesso era davanti al signor Q non era una donna qualsiasi.

Sorridente e baldanzosa gli si avvicinò muovendo quel corpo con manovre sensuali, alla vista delle quali quel piccolo apostrofo si animò di poetico brio e, deglutendo con timida sicurezza, cercò di esprimere con le parole quel romantico sentimento che lo animava. Sembrava che fossero di troppo quelle trentesei lettere ‘Ce l’avevo libera la Q, e l’ho tenuta solo per te’, ma era vero. Finalmente.

Dopodiché rimase attonito, sempre più incredulo nel guardarla porgergli la mano. Non aveva mai immaginato di sognarsi una scena così.

‘Piacere’ gli disse con voce suadente, mentre tendendogli la mano pareva volergli porgere tutta se stessa. Finalmente il signor Q si risvegliò che c’era una voce sola a chiamarlo, non più un lontano e questuante ronzio. E questa voce era di carne ed ossa, e poteva toccarla.

‘Piacere, sono la Signora U, per seguirla’

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