Sulle orme di Mr. Bloom: rapido viaggio nella Dublino di oggi
Un'isola con verdi prati su cui si abbattono continui e sottili piogge, basse nubi plumbee vengono rapidamente sospinte dai forti venti dell'Atlantico; un luogo dove la vita scorre con ritmi meno frenetici rispetto al resto d'Europa. E' l'Irlanda, scoglio vissuto all'ombra dell'Isola britannica, nota per i suoi paesaggi surreali, la birra scura, i capelli rossi e le lacerazioni politiche interne.
Un Paese caratterizzato nella sua storia da povertà e sottomissione, che ha conosciuto tra l' '800 e il '900 terribili carestie e migrazioni di massa, ma che è entrato da protagonista nel XXI Secolo.
L'Irlanda negli ultimi venti anni è diventato il paese più giovane e dinamico d'Europa, da esempio per il resto del continente, conoscendo un boom economico degno delle Tigri Asiatiche, con l'ingresso nella CEE ed investimenti da parte di multinazionali. Una crescita partita dall'Ulster ma poi diffusasi in tutta l'isola, resa visibile da grattacieli, nuovi alberghi, progetti economici di ampio respiro, investimenti nelle grandi infrastruttura e la nascita di distretti e poli tecnologici, tanto da rendere l'Eire il primo produttore di computer d'Europa. Dublino si è vista quindi positivamente invasa da imprese di tutto il mondo, grazie anche a vantaggiosi incentivi statali; e con le imprese è giunta manodopera: in qualsiasi mese dell'anno arrivano da Europa, Asia e Africa e non solo, giovani in cerca di lavoro stagionale e/o a tempo indeterminato.
E così, nel giro di pochi anni, l'Irlanda è diventata nell'immaginario collettivo, da sfruttata ex-provincia di un perfido impero tormentata da lotte intestine, a simbolo nel mondo. La crescita economica ha infatti interagito con una realtà artistica dalle ampie potenzialità, nella musica, nella letteratura, nel teatro e nella cinematografia rendendo l'isola vitale come non mai, attribuendo al paese un peso culturale sproporzionato rispetto all'esigua popolazione ed una posizione geografica decentrata.
Una realtà ben lontana da quella narrata da James Joyce, critico verso una Dublino centro di paralisi politica, sociale e spirituale, abitata da gente lenta e atrofizzata incapace di reagire dinnanzi a frustrazioni e delusioni.
Tiger, Tiger, burning bright
Il visitatore che passa per la prima volta per O'Connell Street, viene colpito da due cose: 1- lo Spire, alto e sottile obelisco metallico che dal centro del viale si proietta verso le basse nubi irlandesi, eretto (in ritardo) per celebrare il nuovo millennio; 2- le interminabili file davanti ai bancomat delle numerose banche che si affacciano proprio lì dove nel 1916 l'Insurrezione di Pasqua venne sedata nel sangue. Ebbene sì, gli Irlandesi spendono e, in confronto ad Italiani, Tedeschi, Francesi e Spagnoli, spendono in un modo così esagerato da rasentare il peggiore del consumismo. Nei week end il giro di banconote in pub e locali è impressionante…e gli effetti sono evidenti nelle tarde ore della notte con estreme manifestazioni di scarsa lucidità ed euforia etilica.
Alcune cifre sono emblematiche nello spiegare i motivi che stanno dietro al mito della Celtic Tiger: la disoccupazione è scesa dal 17% del 1987 al 4% nel 2004, il rapporto debito/PIL è passato dal 112% del 1985 al 31,2% nel 2004, con un PIL sorprendentemente al 5,1% (contro una media UE del 2,4%).
Ad agevolare un simile sviluppo è stata innanzitutto un'efficace politica fiscale e monetaria sotto i governi del Fianna Fail supportati dall'opposizione del Fine Gael: bassi tassi d'interesse ed una svalutazione della moneta nel 1993 hanno stimolato in modo incisivo la crescita economica.
Lo sviluppo si è poi manifestato concretamente con la costruzione di grandi infrastrutture, la cui realizzazione è stata resa possibile soprattutto grazie ad un saggio ed efficiente utilizzo dei finanziamenti dell'Unione Europea.
Ma il successo dell'Irlanda sta nell'aver saputo aprirsi al Mondo: incentivi statali hanno consentito investimenti da parte delle grandi multinazionali; e così Dublino è invasa dalle sedi di Microsoft, Xerox, IBM, Apple, Google, Oracle, AOL, compagnie aeree, che hanno richiamato a loro volta un alto numero di lavoratori provenienti da tutti i continenti. La capitale è una città cosmopolita, dove è più facile incontrare uno straniero che un Irlandese. E in tal senso la vecchia e immobile Dublino si è adattata al mondo e alla frenesia della modernità: le strade sono affollate, i negozi pieni, economici ostelli e bed & breakfast in ogni via, scuole di lingua inglese ovunque…
Il ricordo della povertà e delle carestie è ormai lontano, e le inquietanti statue a memoria della Famine sulla Custom House Quay stonano al fianco dei nuovi grattaceli sorti tra il fiume Liffey e i Docks.
Qualche contraddizione
Gran parte dell'Irlanda e degli Irlandesi ha ovviamente beneficiato di questo boom, ma la diffusione non uniforme del progresso economico e delle ricchezze ha portato ad un ulteriore strappo sociale vedendo parte della popolazione non integrarsi nel nuovo sistema. E così, tra grattacieli, grandi alberghi, nuovi negozi, si aggirano ragazzini, ma anche intere famiglie, vestiti come in divisa con tuta e scarpe da ginnastica, che, sentendosi esclusi dal nuovo benessere, manifestano la propria frustrazione nella microcriminalità.
Inoltre, l'eccessiva rapidità nella crescita in tutta la Repubblica, ma in particolar modo a Dublino, ha creato degli effetti collaterali: il prezzo degli immobili è salito alle stelle rendendo difficile l'acquisto di una casa anche per un lavoratore medio, nonostante la parallela crescita degli stipendi. L'inarrestabile crescita ha generato aspettative forse troppo alte, e molte classi, in particolare i dipendenti pubblici, non si sentono adeguatamente premiate.
Ma le contraddizioni non riguardano solo aspetti economici. Sebbene l'indipendenza dalla Gran Bretagna risalga formalmente al 1922, l'effettiva autonomia politica e culturale è frutto di un processo lento che ha attraversato tutto il XX Secolo, nel tentativo da parte delle istituzioni di enfatizzare e rendere effettiva su più livelli quell'indipendenza. L'Irlanda è oggi una protagonista nell'Unione Europea, realmente indipendente dalla potente vicina. Ma un nuovo tipo di rapporto si è instaurato tra Eire e Gran Bretagna, nella volontà di riconoscere i legami culturali che accomunano le due isole: a Dublino si guarda la BBC, gli appassionati di calcio tifano Manchester United, chi può si reca a Londra per shopping con un volo low-cost. Gli Inglesi sono diventati da nemici a cugini con cui una volta si era in cattivi rapporti.
Altre contraddizioni sono legate all'Identità irlandese. Sin dall'Ottocento si è diffusa per tutta l'Isola la riscoperta della cultura gaelica, che gli Inglesi avevano tentato di cancellare, ulteriormente enfatizzata con l'indipendenza. Oggi nelle scuole si insegna ai bambini la lingua celtica (parlata ormai solo in poche zone rurali) e scrittori come Yeats, Shaw, Joyce sono una sorta di eroi nazionali: i loro volti compaiono su cartoline, poster, gigantografie. Ma non è tutto oro quello che luccica: in realtà, terminata la scuola, i giovani rimuovo ben volentieri le nozioni di Gaelico, e buona parte degli Irlandesi non conosce Yeats, Shaw e Joyce, che sono in realtà diventati dei simboli usati a scopo commerciale e per incentivare il turismo straniero.
Inoltre il nuovo ruolo dell'Irlanda ha indotto gli Irlandesi a riesaminare la propria identità in modo differente: l'immigrazione, fenomeno sconosciuto fino a pochi decenni fa, ha fatto prepotentemente sentire il suo effetto su un paese piccolo ed omogeneo; e così diffidenza e piccoli episodi di xenofobia cominciano a farsi sempre più frequenti.
L'Irlanda oggi si ritrova ricca e cosmopolita, ma anche legata ad un cattolicesimo tradizionale ed un forte nazionalismo. La sua capitale, Dublino, racchiude tutto ciò: ricchezze e contraddizioni.
James Joyce, critico verso l'inerte Dublino, con i suoi cittadini sospesi a mezz'aria, frustrati, non realizzati e angosciati, sarebbe sicuramente sorpreso nel vedere oggi che cos'è diventata e cosa rappresenta l'Isola di Smeraldo.