Un abbraccio alla Liguria
La situazione autostradale della Liguria non è all’altezza di un Paese civile e la circolazione è al collasso. Non è certo una novità. Aggravata dalla drammatica vicenda del Ponte Morandi e da un’impervia naturale morfologia del territorio, l’estate ligure si sta trasformando in una Via Crucis per chi ci vive e lavora e si trova costretto a trascorrere ore e ore negli ingorghi del traffico.
Le risposte che sta fornendo la politica sono ridicole. La discussione sul rinnovo delle concessioni è demenziale: il dramma dell’attuale assetto governativo è che si crede che ingarbugliare i provvedimenti amministrativi sia il fattore di stabilità su cui investire nel lungo periodo. E’ chiaro a tutti che l’operazione di normalizzazione dei barbari è passata dall’Erasmus del Presidente del Consiglio in giro per i consessi europei: nonostante il modo più pernicioso per gestire l’Europa sia quello di aggrapparsi alle sigle lo si persegue con la costante dedizione diabolica di chi cerca di scaricare le proprie difficoltà logiche sulle istituzioni comuni. Moneta cattiva scaccia quella buona.
Meglio sarebbe forse cercare di stabilizzare l’erogazione di fondi europei per lo sviluppo delle zone più in difficoltà, essendo la Liguria patrimonio anche per chi la attraversa, la frequenta, sia esso svizzero, tedesco o francese.
Ciò che nella Prima Repubblica era una stortura dovuta alla giovane età della classe dirigente repubblicana rispetto alla ben più robusta classe dirigente dell’amministrazione, nell’attuale momento storico si mostra come un diabolico insistere da parte di una nuova generazione che non ha studiato.
Non sembra infatti che possa avere senso alcuno quello di non procedere speditamente ad elaborare un piano anzitutto infrastrutturale: ponti e gallerie sono necessari a perseguire un sostanziale raddoppio delle tratte autostradali e una rete ferroviaria veloce.
L’esperienza del Ponte Morandi qualcosa potrebbe pure aver insegnato: l’ipertrofia burocratica è un ostacolo insormontabile, trasformare gli slogan della propaganda in norme è un’aberrazione umana e morale prima che politica. Rispettare la normativa europea è possibile, altro che sovranismo e tutto il potere a questi ciarlatani: non è difficile sostenere che staremmo meglio ad essere governati da Bruxelles, dalla Merkel e da Macron, da onesti e seri dirigente della Commissione europea, che non dagli hashtag, dall’ultima battuta dell’ultimo talk della domenica sera.
Dunque si scinda concettualmente l’azienda Autostrade per l’Italia, patrimonio pubblico ancorché di proprietà privata in ossequio all’attuale sistema misto di governance delle utilities, dalle responsabilità per il crollo del Ponte che, al di là degli aspetti penali, rimandano alla ben grave ed evidente carenza organizzativa della nostra Pubblica Amministrazione. Ci si risparmino cortesemente buffonesche discussioni di politica industriale dove invece che soluzioni vengono, ancora una volta, prediletti format di sedute di psicanalisi per politici alla ribalta.
La priorità è che nell’azienda Autostrade per l’Italia lavoratori e dirigenti siano messi in grado di lavorare per affrontare nei prossimi mesi e anni i nodi della viabilità ligure. Gli aspetti civilistici siano perseguiti nelle sedi deputate e si consenta alla vita di proseguire.
Per la Liguria l’obiettivo da raggiungere è quello di avere una situazione di traffico all’altezza dei carichi di circolazione: sono parecchi gli strumenti urbanistici esistenti e innovativi. Insistere con la realizzazione di piste ciclabili in strade dove lo spazio rimanente consente a stento il transito di un ape-car significa cercare un gol in rovesciata tirando dalla propria metà campo o di gestire lo smaltimento di rifiuti con dei ciucci.
C’è bisogno anzitutto di ritagliarsi spazio per le infrastrutture: provare a verificare la fattibilità di parcheggi autostradali scambiatori, sull’esempio di Villa Costanza a Firenze, chiedersi quanto siano il beneficio e il costo di spostare traffico dalla rotaia a un sistema di collegamenti via mare con aliscafi veloci, immaginare nuovi tragitti per spostare ancora più a monte quel sistema di mobilità che in un territorio come questo si divincola tra naturali ostacoli alla circolazione.
Lo sviluppo del territorio passa da situazioni di difficoltà come queste e non è la prima volta che la Liguria si trova a ripensare il suo sistema di sviluppo dei trasporti. Vogliamo rimanere fiduciosi che non debba passare troppo tempo da quando potremo assistere finalmente alle aperture di nuovi collegamenti, stradali, ferroviari o marittimi che siano, che consentano ai cittadini ed ai lavoratori di spostarsi con ordine e liberamente lungo le belle strade della nostra meravigliosa Liguria.