Giornalismo lento e sostenibile
Un “amico” pubblica sulla propria pagina Facebook un link a un articolo dal titolo accattivante e con l’aggiunta di un commento sguaiato e a lettere maiuscole. Il post viene condiviso una, dieci, cento, mille volte. La notizia diventa virale. La notizia è falsa.
Quello delle fake news è un fenomeno figlio delle perversioni delle persone e, soprattutto, della loro superficialità. Fretta: da un lato non c’è tempo per leggere un articolo, dall’altro non c’è tempo per verificare la notizia.
Il Giornalismo ha però risposto alla degenerazioni della comunicazione moderna con lo Slow Journalism, un movimento che vuole contrastare la scarsa qualità degli articoli dettata prevalentemente da fretta e superficialità. Così come lo Slow Food ha reagito al Fast/Junk Food, lo Slow Journalism reagisce al giornalismo spazzatura.
Come?
Come il giornalismo di una volta: verifica delle fonti, approfondimento, racconto accurato dei fatti con un approccio laico e non sguaiato, avere il coraggio di dettare una propria agenda senza farsi influenzare dalle così dette breaking news.
Tra i propri alfieri lo Slow Journalism vede sempre più soggetti, tra i primi c’è “Delayed Gratification”, magazine britannico che si autodefinisce “an antidote to throwaway media”.
Giornalisticamente parlando non è sempre indispensabile commentare un evento immediatamente, a maggior ragione se è ancora in evoluzione. Il rischio è di collezionare una serie di aggiornamenti frenetici, il più delle volte superficiali e destinati all’oblio.
E’ bene rivalutare la saggezza del giornalismo “lento” di una volta, per quello che oggi potrebbe essere chiamato “giornalismo sostenibile”. Sostenibilità biunivoca: da un lato scrittura approfondita, dall’altro lettura lenta e non superficiale.
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