Dylan Dog: dopo un lungo silenzio torna Sclavi
Suscitando un più che giusto clamore, è uscito finalmente in edicola lo scorso 28 ottobre il numero 362 di Dylan Dog “Un lungo silenzio” che vede, dopo anni di latitanza, il ritorno alla sceneggiatura del papà Tiziano Sclavi.
Gli affezionati aspettavano l’evento tra speranza e orrore, entusiasmo e sfiducia. Questo perché lo sport preferito di un lettore “anziano” di DYD è rimpiangere i tempi passati: ”quando ai tempi di Sclavi le storie era molto più belle” e “da quando non scrive più lui le storie hanno perso di fascino, sono troppo filosofiche e poco splatter” per non parlare “delle inaccettabili rivoluzioni di Recchioni e degli altri giovani degli ultimi anni”.
Che dire: pur rimpiangendo l’entusiasmo nella lettura dei primi DYD, pur avendo acquistato per anni, mese dopo mese, gli albi più per affezione che per diletto, e tutto sommato apprezzando gli epocali cambiamenti dell’ultimo anno, a me “Un lungo silenzio” è piaciuto. E’ psicologico, è angosciante e non è splatter.
Era una calda estate dei primi Anni 90 e mi capitò quasi casualmente tra le mani il numero 51 “Il Male” e fu amore. Horror, splatter, violenza e pure un po’ di sesso: che può desiderare di più un adolescente?!
Con gli anni DYD cambiava, sempre meno splatter e sempre più psicologico, adattandosi agli alti e bassi del genere horror tra gli Anni 90 e 2mila. Le storie si susseguivano ma il personaggio Dylan rimaneva immobile, invischiato in un anticonformismo patologico, col passare degli anni risultava sempre più difficile immedesimarsi in lui.
Questa serie di miei pensieri più o meno condivisibili mi inducono a pensare che forse non è Dylan Dog ad essere peggiorato negli anni ma è forse il lettore ad essere cresciuto e maturato, alla ricerca di nuovi stimoli, contenuti, disegni e parole. E anche il nuovo Dylan Dog di Recchioni è cresciuto e maturato, pur sempre avendo i suoi eterni 33 anni.
A me Dylan Dog continua a piacere.