Spagna: spiragli d’intesa?
Mentre il Partito Popolare attraversa la sua crisi peggiore dal 1978 ad oggi (le recenti dimissioni dal partito della passionaria Esperanza Aguirre rappresentano solo la punta di un iceberg) le altre forze parlamentari stanno cercando una “quadra” che ad oggi non è affatto scontata.
Da una parte infatti troviamo Mariano Rajoy, alle prese con svariati casi di corruzione e malaffare che coinvolgono il suo Partito da nord a sud del paese, spingere per nuove elezioni è solo di qualche giorno fa la notizia che il Presidente della Castilla y Leon ha pubblicamente chiesto le dimissioni dell’ex Premier, nonché suo collega di partito. I recenti scandali che hanno avuto come protagonista il Partito Popolare hanno infatti reso più improbabile una accordo con i centristi-grillini di Ciudadanos. Mentre una larga fetta del suo partito chiede un nuovo congresso con tanto di primarie aperte, Rajoy, resta sempre più convinto che l’unica soluzione per “salvare il paese” sia quello di tornare alle urne entro il prossimo mese di giugno.
Dall’altra parte della barricata il Partito Socialista, guidato dal giovane Pedro Sanchez, ha iniziato a dialogare fattivamente con il movimento di Pablo Iglesias (Podemos terza forza con poco più del 20% alle politiche dello scorso dicembre per completezza si veda L’Arengo n. 2 di Febbraio 2016), ponendo al centro dell’attenzione una serie di questioni a carattere sociale. Si ricorda che una delle condizioni poste fin da subito da Iglesias è stato il rifiuto ad una qualsiasi trattativa con i centristi di Ciudadanos. Il leader di Podemos infatti è stato chiaro: o noi o loro.
L’eventuale accordo per un governo di centro-sinistra-sinistra infatti includerebbe nuove misure sulla povertà energetica, una revisione della legge sugli sfratti (desahucios) e la deroga alle nuove norme in materia di lavoro, approvate dall’ultimo governo a guida PP. A questi nuovi negoziati hanno preso parte anche i due (preziosi) deputati di Izquierda Unida e il partito regionalista valenciano di Compromis. Al momento l’unico vero ostacolo per un patto di governo fra tutte le forze della sinistra è rappresentato dalla delicata questione catalana. Mentre Podemos (che in Catologna sotto l’insegna di “Podem” è risultato il primo partito in Regione alle elezioni dello scorso dicembre) pur non essendo un partito a vocazione indipendentista è favorevole ad un referendum, mentre il Partito Socialista è dichiaratamente anti-indipendentista e quindi contrario al referendum. A dire il vero all’interno del Partito Socialista troviamo anche posizioni meno ortodosse, ma l’opposizione interna al partito guidata dalla Presidente della regione Andalucia Susanna Diaz (nemica giurata di Pedro Sanchez) è disposta ad innalzare le barricate in caso di una accordo con il movimento di Pablo Iglesias.
Nel frattempo anche il movimento di Ciudadanos ha iniziato a dialogare con il Partito Socialista. I centristi (anche se forse la definizione più consona è “centristi-populisti”) per votare Pedro Sanchez, capo del nuovo governo, chiedono una riforma della Costituzione nata nel lontano1978, basata su cinque punti che prevedono una revisione del sistema giudiziario regionale, una riduzione 250.000 delle firme, attualmente ne sono necessarie 500.000, per promuovere una legge di iniziativa popolare (c.d. “Iniciativas Legislativas Populares – ILP”) una nuova riforma della giustizia per un effettiva indipendenza degli organi giudicanti, la soppressione delle province e il limite di otto anni per l’esercizio della carica di Presidente del Governo. Temi sui quali il Partito Socialista alla caccia di voti utili potrebbe anche dare l’assenso. In questo caso però per avere il via libera l’eventuale esecutivo necessiterebbe di un voto favorevole da parte di Podemos, ipotesi momentaneamente alquanto difficile. Dall’altra parte Ciudadanos vorrebbe coinvolgere anche il Partito Popular con cui gli stessi socialisti rifiutano ogni forma di dialogo.
Il problema però è a monte ed è rappresentato dai numeri. Infatti anche in caso di un accordo fra Psoe e Ciudadanos (avvallato dall’ 80 % dei militanti del Psoe) si arriverebbe a 130 deputati rispetto ai 176 necessari per ottenere la fiducia. Difficile ipotizzare che Iglesias con 65 deputati o il Partito Popolare che di seggi ne ha 123 possano essere della partita. La loro astensione nel caso potrebbe favorire una governo di minoranza. Intanto torna di stretta attualità il titolo con cui il quotidiano nazionale El Pais salutò il risultato elettorale lo scorso 21 dicembre “Benvenuti in Italia”. Allo stato attuale delle cose l’ipotesi di un ritorno alle urne per i cittadini spagnoli si fa sempre più concreta.