La nuova Arabia saudita
Nel descrivere l’escalation nello Yemen nell’articolo “Caos Yemen” (L’Arengo del Viaggiatore n.117 – , si è parlato genericamente di “comunità internazionale” e poco si è approfondito il ruolo dell’Arabia Saudita che – e lo Yemen ne è una dimostrazione – sta avviando una nuova politica estera che rischia di mettere in discussione gli equilibri dell’intera area medio orientale.
Che nel Regno saudita ci sia un’aria di cambiamento è chiaro già da alcuni mesi: salito al trono nel gennaio 2015, il nuovo Re Salman bin Abdelaziz ha provveduto lo scorso aprile a sostituire alla carica di Principe ereditario il già designato Moqren bin Abdul Aziz bin Saud con il ministro dell’interno Mohammed bin Nayef, ridisegnando le gerarchie all’interno della Famiglia Reale. Si tratta inoltre di una scelta che influenzerà direttamente le future politiche del Paese, dal momento che il principe ereditario ha il compito di sovraintendere il consiglio di governo del Regno.
Con una decisione controversa, Ryad ha dato il via in marzo nello Yemen all’Operazione Decisive Storm per contrastare l’avanzata dei ribelli Houthi, sostenuti dall’Iran.
I Paesi del Golfo si sono accodati senza però una completa unanimità: una coalizione sunnita costituita da Kuwait, Emirati, Giordania, Bahrain e Oman, con quest’ultimo che vuole però mantenere un buon rapporto anche con l’Iran; il Pakistan indeciso e politicamente inaffidabile; Egitto e Marocco disponibili a intervenire.
Si tratta di un’operazione militare dall’esito incerto, tesa a isolare immediatamente i ribelli Houthi, con il coinvolgimento di 150mila militari, un centinaio di aerei e navi della flotta. L’obiettivo è di far reinsediare con pieni poteri il Governo, in fuga, del Presidente Hadi.
Ma la partita che si gioca in Yemen rischia in realtà di avere ricadute più vaste, trattandosi da parte di Ryad di una implicita dichiarazione di guerra a tutte le milizie sciite, sostenute da Teheran, sparse in tutto il Medio Oriente.