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Scritto da nel Numero 118 – 1 Aprile 2015, Viaggi | 1 commento

Al turista ignoto

Al turista ignoto

Partire è un po’ morire
rispetto a ciò che si ama
poiché lasciamo un po’ di noi stessi
in ogni luogo ad ogni istante.
E’ un dolore sottile e definitivo
come l’ultimo verso di un poema…
Partire è un po’ morire
rispetto a ciò che si ama.
Si parte come per gioco
prima del viaggio estremo
e in ogni addio seminiamo
un po’ della nostra anima.

(Edmond Haracourt)

Il turismo di massa è una novità del Novecento, secolo delle masse per eccellenza: già insediate nelle fabbriche, hanno fatto il loro drammatico ingresso sui campi di battaglia e successivamente, grazie alla tecnologia riconvertita alla pace e alla diffusione dei diritti dei lavoratori, sugli aerei da turismo, le navi da crociere, i camper e le auto in giro per il mondo. Prima il viaggio era prerogativa delle upper class, di chi poteva permettersi di partire per lunghi periodi di tempo per visitare l’Europa e il mondo, o dei mercanti, nomadi degli affari.

Oggi invece è tutto a portata di click. Da soli o in comitiva, i turisti hanno marcato la differenza tra il mondo provinciale e quello globale, un mondo dove ci si muove per la curiosità di incontrare e conoscersi, per trovare il sé nell’altro e gettare i semi di una amichevole fratellanza, oltre che per trascorrere serenamente i propri giorni di ferie. I luoghi più impervi degli esploratori sono diventati i luoghi dei momenti più belli della vita di chi ha voglia di dedicare risorse e tempo all’organizzazione del proprio tempo libero: le giungle e i poli, i deserti e le città d’arte diventano la casa di tutti, il ricordo di una foto, i momenti belli di una vita. Le solite ferie, tanto lunghe quando viste dalla programmazione in ufficio quanto brevi mentre le si vive, spinti come si è dal voler andare sempre un po’ più in là: chi ignorava fossero un momento importante del lavoro stesso dovrà ricredersi. Il lavoro che concede il tempo alle ferie sta proprio a significare un metodo aperto e pacifico di condivisione degli spazi del pianeta.

Non è per caso che prima o poi qualche turista dovesse cadere sotto i colpi del feroce oltranzismo omicida che di questi tempi prende forme islamiste, che si confermano in tutta la loro reazionaria violenza, in tutta la loro cieca ottusità. I turisti sparsi per il mondo che curiosando qua e là non riconoscono frontiere, già troppo spesso prede di rapimenti a scopo di riscatto o peggio, sono l’avanguardia civile e pacifica dell’eredità di un secolo democratico al quale oggi è dichiarata guerra.

I turisti caduti in Tunisia sotto il fuoco del jihad al Museo Bardo, che sorridenti si apprestavano a scendere dal pullman, abbattuti dalle raffiche dei fucili altro non sono che un monumento al turista ignoto. Ignoti perché i loro nomi sono quelli di ognuno di noi, del nostro collega e del nostro vicino di casa, di chi muove i propri passi uno dopo l’altro per trascorrere in pace la propria vita scendendo da un autobus turistico e non da un aereo di Stato. E’ proprio quella l’andatura inarrestabile delle lunghe marce, nelle quali ognuno di noi avanza di un passo e porta sulle spalle l’intera sua piccola parte di umanità.

Nella piazza de L’Arengo del Viaggiatore, che accoglie viaggiatori e ne raccoglie i racconti, innalziamo un monumento al turista ignoto: la voglia di viaggiare equivale alla nostra vita e non smetteremo mai di partire ancora una volta, fino all’ultima di ciascuno.

 

1 Commento

  1. Indubbia fragilità …ma non ci si deve lasciare intimorire da nessuna partenza e da nessun viaggio..sempre oltre, con fiducia!! Buona Pasqua

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