Come ti ammazzo l’arte
Di fronte alle immagini ormai quotidiane che ci pervengono da tutti quegli angoli del mondo, ove per una qualche ragione, nobile o futile che sia, si scatenano gli istinti primordiali della violenza e della brutalità, non si può che rimanere basiti e impotenti. L’eccesso di stimolazioni di tale genere rispetto a cinquanta anni fa ci ha in realtà indotto a mantenere sotto chiave l’altra reazione che dovrebbe pervaderci senza tentennamenti: la rabbia e l’indignazione.
Apriamo un sito, guardiamo un telegiornale e accogliamo con stupore e rassegnazione ma non più con un moto di vera collera qualsiasi oscenità: barconi carichi di immigrati che affondano corpi e speranze nelle acque del Mediterraneo, con numeri ogni volta paragonabili a quelli di un terremoto, di proporzioni disastrose, in un qualsivoglia paese europeo; corpi mutilati e straziati dalle mille guerre che allietano i portafogli dei mercanti d’armi e del management delle industrie belliche; bombardamenti a tappeto che radono al suolo intere regioni. Ma anche stupri di massa, torture, privazioni della dignità personale, stragi compiute da psicopatici alienati dalla società. Tutto ciò rimescolato in un frullatore che gira vorticoso e ininterrottamente, senza risparmiare nulla più. Almeno nelle guerre dei secoli scorsi la presenza dei fronti bellici preservava aree di territorio e mieteva qualche vittima in meno fra coloro che erano soggetti passivi del conflitto, tipo le donne ed i bambini. Oggi l’interconnessione mondiale non fa più prigionieri.
E gli occhi di quei pochi che invece scampano al massacro, tendenzialmente ancora le popolazioni dell’Occidente e dell’Oriente ricco, registrano tali films come fossero inevitabili e non come delitti contro l’intera umanità.
In un tale calderone occorre però mettere ordine e stilare anche una graduatoria degli orrori. Non ve ne sono di peggiori di quelli che mettono fine alla vita degli esseri umani e la tolleranza zero ritengo che lì vada innanzitutto convogliata. Poi però muoiono anche capre e cavalli ad esempio, oppure si bruciano boschi, o ancora si inquinano climi, e dulcis in fundo si deturpa il patrimonio artistico e architettonico. Ed anche per tali scempi, seppure in una scala gerarchica, bisognerebbe provare un sentimento di rabbia infinita e non assistervi come ad un corollario dei conflitti che alla fine ci riguarda relativamente.
Ove vi sono guerre, attentati, gesti di follia che devastano tale patrimonio, si ammazza l’arte e con essa la bellezza che questa esprime e che da sola può salvare l’umanità. La bellezza che la natura ci dona spontaneamente attraverso la sua stessa presenza, che ci fa rimanere a bocca spalancata davanti ad un panorama e che è messa in pericolo dai rischi ambientali, la si ritrova da millenni anche nell’opera dell’uomo, nelle capacità artistiche di chi ha lasciato ai posteri gioielli inestimabili, allo scopo di fare rimanere appunto le genti a bocca spalancata. Così come la natura ci regala l’eruzione di un vulcano, la storia dell’arte ci parla di quanta bellezza è stata disseminata per il mondo e vedere altri uomini che la fanno a pezzi, l’annientano, non può che essere una ferita anche alla nostra bellezza e al nostro corpo che la materializza.
E dunque se i talebani in Afghanistan fecero saltare per aria le statue dei Buddha, o se i loro belluini prosecutori dell’Isis ci mostrano il furore cieco che mettono nel distruggere un intero museo iracheno, o se, durante l’assurda guerra jugoslava, degli europei nostri dirimpettai fecero crollare un ponte di una bellezza antica e coinvolgente come quello di Mostar, o se le bombe americane, presunte intelligenti, radono al suolo Baghdad, permettendo il saccheggio e la devastazione di una delle biblioteche principali del mondo moderno, o se città di bellezza inestimabile come Aleppo e Damasco sono un cumulo di macerie…in tutti questi e nelle altre migliaia di casi, è come se ricevessimo noi un cazzotto in faccia o un calcio al basso ventre: dovremmo averla per forza una reazione allora! A prescindere dall’impotenza. Altrimenti saremmo poco meno “brutti” di coloro che hanno perpetrato l’atto.
E invece nulla. Così come assorbiamo passivamente altri generi di vandalismo “spicciolo” alle opere d’arte. Gesti che non sono nemmeno sorretti da una qualche, per quanto assurda, motivazione psichica o ideologica. Basti dire quante volte vediamo facciate di palazzi storici, anziché voltoni o mura antiche imbrattate da scritte senza senso e senza senno e non ci scandalizziamo, per poi magari inalberarci se un graffitaro abbellisce il muro del nostro anonimo condominio di cemento. Oppure come sia blando il nostro fastidio le tante volte che arriviamo, dopo magari una lunga inerpicata fra sentieri di montagna, ad un monumento o ad una piccola scultura incisi e profanati da frasi che persino i pubblicitari della Perugina si rifiutano di inserire nell’involucro dei baci. O come ci lasci indifferente lo sporco da smog che avvolge le tante chiese ed i palazzi dei centri storici italiani. O come infine non si siano sprecati, in tale occasione, gli inutili patriottismi, ultimamente troppo spesso sbandierati, a censurare il comportamento dei tifosi ubriachi del Feyenoord che hanno ridotto a una latrina una fontana di Roma.
E proprio questo dovrebbe essere un aspetto di ulteriore approfondimento. Mentre, ad esempio, per le bombe della mafia che squarciarono San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro, o per le già citate azioni terroristiche dei vari estremismi o per i raid aerei dei caccia, sfido chi non si sente impotente nell’impedirlo, per il vandalismo spicciolo e meschino qualcosa si può e si deve fare.
Si può educare i figli, gli amici, i vicini di casa al rispetto per l’arte, come massima espressione della civiltà. Si può agire, se si ha la possibilità, impedendo l’affronto, come se stessero per ammazzare appunto una persona. Dal punto di vista giuridico si potrebbe ipotizzare una sorta di reato di omissione di soccorso all’opera d’arte. Si dovrebbero inasprire le pene per i reati contro il patrimonio artistico e culturale.
Si può soprattutto introiettare, quand’anche non si avesse il background per una piena comprensione delle stessa, il concetto di bellezza che tutte le opere d’arte possiedono intrinsecamente, dalle antiche alle moderne ed anche alle “oggettivamente” minori. Solo partendo dal nostro io avremo la possibilità di non assistere più a queste ferite per l’umanità. Solo lavorando sul rispetto delle espressioni artistiche, come si fa o si dovrebbe fare per l’uomo e per la natura, potremo noi tutti diventare anche un po’ artisti. E allora sì che sarebbe più semplice ammazzare fanatismi e miopia da un lato e superficialità e violenza gratuita dall’altro.
Anche la meteorologia come studio dei fatti atmosferici può narrare di opere d’arte naturali, come lo sono ad esempio i fulmini o le trombe d’aria o il moto ondoso dei mari.
Nella consueta rubrica cercheremo di tracciare la previsione per la prima metà del prossimo mese ma un primo bilancio della stagione invernale lo si può già fare: personalmente classificherei anche quest’inverno come minore. Certo, a differenza di altre annate, Alpi ed Appennini hanno ricevuto la loro robusta dose di neve; vi sono inoltre stati 2 episodi di freddo e di perturbazioni importanti, nel periodo delle festività natalizie ed a cavallo di gennaio e febbraio. Ed in entrambi i casi si sono segnalati eventi di crudo inverno: le temperature molto rigide nel centro-sud Italia con la neve che è scesa persino sulle coste reggine e siracusane o le abbondanti nevicate dell’Emilia occidentale e del basso Piemonte. Però nel complesso sono stati molti di più i giorni di relativa mitezza. La prima metà del mese di marzo non potrà scalfire più di tanto il quadro, sebbene sia in gioco dal 4 in poi una nuova incursione fredda dai mari artici. Dopo qualche giorno di soleggiamento generale e guarita la nuvolosità ancora presente al Sud, appunto per il periodo da mercoledì a sabato prossimi un nucleo gelido irromperà da nord in direzione dello Jonio e dell’Egeo. Si tratta di capire quanto scivolerà lungo le regioni adriatiche e balcaniche oppure quanto, con traiettoria più occidentale, riuscirà a colpire maggiormente lo Stivale. Nel secondo caso sarà un altro importante episodio invernale da aggiungere ai precedenti, nel primo darà una scudisciata alle regioni che vanno dalle Marche alla Puglia e alla Calabria jonica ma tipico del periodo di variabilità fra fine inverno e inizio primavera. Una certa instabilità sulle aree orientali del paese dovrebbe comunque accompagnarci almeno sino al 10 per poi lasciare spazio all’avanzata franca da ovest dell’anticiclone azzorriano e dei primi tepori. Buona primavera.