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Scritto da nel Numero 109 - 1 Maggio 2014, Politica | 1 commento

La cultura del rispetto

La cultura del rispetto

È appena passato un 25 Aprile, 69° anniversario della Liberazione d’Italia, segnato da polemiche e da atteggiamenti sopra le righe oltre che da qualche comportamento violento. In tutto il paese si è potuta toccare con mano una forte tensione dettata da comportamenti offensivi (anche da parte di persone impegnate in sedi istituzionali), da incomprensioni, da provocazioni e soprattutto da un irrigidimento della contesa politica, che probabilmente è la ragione alla base dell’inasprimento di una giornata che dovrebbe essere dolce e gioiosa.

 

La Resistenza all’occupazione del suolo patrio è stata condotta da tutti gli italiani che si sono ribellati, moralmente e nelle azioni, alle prassi del fascismo. Prassi che includevano forme di repressione fisica e intellettuale inconcepibili per uno stato che rifiuti ogni tipo di sopruso di un essere umano sull’altro; e proprio per questo alla lotta presero parte avvocati e contadini, nobili e operai, vecchi e ragazzini, sportivi e studiosi, alpinisti e marinai, preti e bestemmiatori; le appartenenze politiche erano di ogni genere, democristiani e comunisti, liberali e socialisti, monarchici e anarchici. Gli uomini di buona volontà e di vero coraggio si movimentarono, indipendentemente da tutto: intere famiglie si immolarono, altre si divisero e videro legami di sangue disciogliersi nel colpo di fucile sparato da un parente più lesto.

Tanta sofferenza servì a far cessare la prevaricazione e a creare le condizioni e le regole perché non potesse più esistere iniquità. Lo strumento scelto fu quello di un parlamento eletto a suffragio universale ogni cinque anni, in modo che nel corso del tempo si potessero scrivere leggi utili a realizzare gli ideali di libertà e giustizia che animavano i padri costituenti e prima di loro i combattenti partigiani e tutti coloro che li sostenevano con le azioni e con lo spirito.

 

Oggi la Repubblica Italiana è forte delle sue istituzioni – chissà ancora per quanto – e della coscienza civile della maggior parte – sì, maggior parte – dei suoi cittadini. È per questo che alla vigilia delle elezioni europee, passaggio cruciale per la costruzione di un continente sicuro e giusto nelle sue identità, mi auguro che si dissolvano tutte le voci violente e razziste, forti della loro potenza sonora e non di argomenti che si rivelano insussistenti per avere una significanza politica. La Resistenza italiana è stata un momento estremo di fondazione di un futuro in cui si potesse camminare assieme lungo una via di pace e di tolleranza. Se non portiamo avanti questi messaggi, se ci limitiamo a mostrare disprezzo per ciò che non si uniforma al nostro pensiero, se non siamo noi i primi motori di una ristrutturazione sociale attraverso la nostra condotta personale, non vedremo mai un paese che avanza verso il vero benessere. Difenderci, non attaccarci. Fare quadrato, non pugnalare nel mucchio.

 

Con i limiti che gli attengono e le difficoltà che reca con sé, l’ordinamento democratico consente a tutti di esprimersi liberamente purché non ci sia offesa al prossimo: questa è la ratio legis dell’articolo 21 della Costituzione. L’atteggiamento che dovrebbe regolare ogni comportamento è il rispetto. Per contro, il rifiuto di metterlo in atto genera un comportamento menefreghista, prepotente e vessatorio, dunque di stampo fascista; e in effetti sono diversi i protagonisti della scena politica che non conoscono il rispetto e non riescono a darlo alle istituzioni della Repubblica. Ma storicamente la violenza verbale, la minaccia, la mancanza di morbidezza di pensiero e di senso di clemenza sono usate dai perdenti; e questo Paese è fatto d’altra pasta. È stato costruito sul sacrificio con il sangue delle famiglie, ed è ben saldo sui suoi valori: la cultura del lavoro, la solidarietà, il riguardo. Espressioni di doti morali che non si possono fingere né improvvisare, e che comportano l’accettazione e il riconoscimento del prossimo come parte della comunità in cui si vive.

 

Mi auguro che il corpo elettorale sarà in grado di non cedere alle nuove e varie forme di populismo che si prospettano, indirizzando il voto verso chiunque esprima proposte politiche che non vogliono distruggere il senso altissimo degli ideali espressi nella Costituzione. Perché questo accada, anzitutto ciascuno di noi è chiamato a comportamenti irreprensibili e che mettano in pratica nella quotidianità una cultura del rispetto che prima ancora di mostrarsi benefica per gli altri si rivela, sempre, indispensabile per l’integrità delle nostre coscienze.

1 Commento

  1. Bello! Nella sua pacatezza sta la forza di un risultato conquistato, nel mantenerlo,la consapevolezza del prezzo
    pagato,per il futuro ,niente scherzi quando si parla di

    L I B E R T A’

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