Bollente Ucraina
Abbiamo assistito in questi giorni alle raccapriccianti immagini degli scontri di piazza a Kiev. L’Ucraina, oggi sull’orlo della guerra civile, rappresenta una pianeggiante e assai vasta porzione di terra che funge da cuscinetto fra l’Europa e la sconfinata Russia. Quest’ultima, dopo la dissoluzione dell’impero sovietico, è definibile come stato euro-asiatico ma in realtà volge ormai lo sguardo più all’Asia che all’Occidente, sia per il fatto di avere gran parte del proprio territorio ivi collocato, sia per la sempre maggiore centralità, anche economica, delle nazioni situate in tale continente, Cina, Giappone, Corea e India su tutte.
Dunque le vicende di questa nazione cuscinetto non possono non riguardare i due giganti che la “cingono”, sebbene sia parso, agli occhi dell’opinione pubblica, che vi sia stata sinora una sorta di lassismo internazionale che forse ha contribuito a far collassare lo scenario, con le decine di morti nelle strade. Solo nei giorni scorsi si sono trovate soluzioni di tregua e intermediazione che, aldilà dei recentissimi sviluppi e degli eventi di ribaltamento delle forze in campo, si sarebbero potute giocare con un po’ di anticipo rispetto ai momenti più tragici della strage.
Ma aldilà degli interessi in campo ultranazionali, che vedono Russia e Occidente giocare una partita a scacchi sulla pelle della popolazione, è possibile rintracciare nel passato una origine della attuale spaccatura fra cittadini filo-occidentali e filo-russi? Assolutamente sì, ripercorrendo qualcuna delle vicende storiche della nazione ucraina.
Verso la fine del primo millennio, Kiev divenne la capitale dell’impero dei Rus’ (uno fra i più importanti clan vichinghi che aveva conquistato la città, fondata probabilmente da popolazioni slave) che si estendeva allora dal Baltico al Mar Nero e che presto avrebbe finito per cooptare tutte le altre tribù slavo-orientali, finendo così per dare un imprinting iniziale comune a ucraini e russi, suggellato dalla scelta di abbracciare insieme la cristianità bizantiniana. Lo Scisma d’Oriente, avvenuto a Costantinopoli nel 1054, non fece altro che sancire definitivamente la comune appartenenza alla religione ortodossa.
Le cose cominciano a piegare in un senso più divergente a partire dal XIII secolo, quando la parte orientale di tale impero venne invasa e soggiogata dalle tribù tataro-mongole, mentre la parte occidentale subì le invasioni dei polacco-lituani. E per gli ucraini l’influenza asiatica avrebbe traviato per sempre i costumi dei russi. Inoltre il fulcro del potere tese a spostarsi verso nord, dopo le vittoriose resistenze dei popoli dell’attuale Lettonia nei confronti degli svedesi ma soprattutto dei popoli dell’attuale Russia verso i tatari, che resero la, all’epoca, minore Mosca epicentro della cultura slavo-orientale, relegando Kiev ad avamposto polacco.
Un ulteriore fase di allontanamento si ebbe nel 1596 con il tentativo della Chiesa polacca di cattolicizzare le proprie comunità slavo-orientali. Esso portò ad un compromesso fra tradizioni, cattolica ed ortodossa, che sfociò nella nascita delle Chiese uniate d’Europa, le quali riusciranno a diffondersi in modo massiccio in buona parte dell’attuale Ucraina. Fattori quindi culturali, economici e religiosi convergono per differenziare sempre più le identità russa ed ucraina. Nel 1654 poi un patto di natura politica annette alla Russia le zone orientali del Cosaccato ucraino (che si era strutturato come entità autonoma fra l’impero zarista e la Polonia), dando vita ad un contrasto ideologico insanabile circa la natura identitaria dell’Ucraina.
Le vicende ultime narrano dell’invasione dell’Armata Rossa nel 1922 che, ponendo fine all’indipendentismo ucraino del post prima guerra mondiale, porta l’Ucraina in orbita sovietica facendone una repubblica federata. E durante l’offensiva tedesca del 1941 e la controffensiva sovietica del 1944 si appalesa che il nazionalismo ucraino osteggia ferocemente il nemico russo, al punto che sino ai primi anni ’50 sono attivi, nella Polonia orientale e nella Ucraina occidentale, gruppi di guerriglieri in chiave antisovietica. L’ultimo atto politico-territoriale rilevante è poi la cessione della Crimea, fatta da Krusciev nel 1954, alla Repubblica federale sovietica di Ucraina. Ciò implicava cedere una regione cruciale dal punto di vista strategico, per il suo affacciarsi sul Mar Nero, ma all’epoca rappresentava una sorta di parziale “rabbonimento” di eventuali istanze antisovietiche e di suggello della comune radice slava. Un atto di generosità, vista anche l’importanza strategica e turistica della penisola, ma che si rivelerà un boomerang quando, con il crollo dell’Unione Sovietica, la Russia si troverà priva del porto di Sebastopoli, da sempre l’ancoraggio più importante della flotta navale russa, su cui però dispone di una sorta di contratto di affitto sino al 2017.
Tutto ciò ci rende una situazione attuale dell’Ucraina a forte polarizzazione lungo la linea dei meridiani. Nell’est russofono, di Donetsk, Kharkov e Zaporozje (ma parzialmente anche nelle propaggini meridionali della Crimea e di Odessa), la maggioranza della popolazione guarda a Mosca. L’antica Leopoli e le aree occidentali del paese sono invece nazionaliste, ucrainofone e uniate. La zona del trapasso fra i diversi orientamenti politici è tutta quella centrale, la quale a nord corre lungo l’alto corso del fiume Dnepr e che concerne la capitale Kiev. Vi sono quindi tre Ucraine dal punto di vista storico e ciò, aldilà dei temi socio-economici e politici, si riverbera nell’odio che si è scatenato fra connazionali.
Voltarsi ad Ovest per imbastire un definitivo ingresso in una Unione Europea allo sbando, sia dal punto di vista economico che politico, incapace di ergersi a superpotenza mondiale, oppure voltarsi ad Est per trovare i panni caldi (anche nel senso tangibile delle forniture energetiche) e rassicuranti del vecchio alleato russo, che garantisce però tassi di democrazia inferiori e meno occasioni di riscatto sociale per le masse? Non è di facile soluzione il dilemma degli ucraini.
Gli ultimi sviluppi sembrano comunque andare in direzione dei filo-europeisti o comunque dei nazionalisti ucraini con la destituzione e la fuga di Yanukovych, colpito anche da un amandato dfi arresto, la riattivazione della carta costituzionale del 2004 che cede più poteri al Parlamento a discapito del premier, l’indizione di nuove elezioni presidenziali per maggio e la nomina di un Presidente ad interim vicino al partito della Tymoschenko, che nel frattempo è uscita dal carcere. Di contro l’ala filo-russa della popolazione sta opponendosi a tale percorso, in maniera piuttosto veemente e insurrezionale sia nella zona di Kharkov che in Crimea. E la Russia non sta a guardare avendo già mosso un po’ di propri blindati lungo il confine orientale del paese.
Comunque vada, auguriamoci solo che gli ucraini non debbano seguire la stessa sorte degli ex-jugoslavi.
A tal punto, dall’analisi geopolitica a quella geometeorologica dell’Ucraina il passo è breve. La nazione è seconda per vastità in Europa; considerando che si dipana per circa 900 km lungo i meridiani e per ben 1.400 km lungo i paralleli, possiamo affermare che nonostante tutto presenta una certa omogeneità climatica, prevalendo su quasi tutto il territorio un clima subcontinentale, con inverni assai rigidi, specie se commisurati alla collocazione geografica piuttosto meridionale rispetto ad altri stati europei (le regioni più settentrionali si trovano all’altezza del Belgio mentre quelle più meridionali all’altezza della Slovenia). Ciò in quanto la morfologia e l’orografia sono piuttosto uniformi, prevalendo le zone pianeggianti. A parte rilievi modesti nell’estremo sud-est, le catene montuose imponenti si trovano solo nelle aree occidentali del paese. Tutto il cuore della nazione tende quindi a degradere dalle modeste alture del nord alle vaste aree fluviali e paludose del sud, che si affaccia sul Mar Nero e Mare di Azov; eccezion fatta per i monti della Crimea che permettono un’enclave climatica nella Crimea meridionale in cui il clima è di stampo mediterraneo. Naturalmente, specie nel semestre freddo, le pianure del sud hanno temperature medie più elevate rispetto ai territori collinari, confinanti con Russia e Bielorussia, dove nevica abbondantemente, e rispetto alle alte montagne che separano il paese dalla Romania e dalla Polonia.
Specialmente nelle stagioni intermedie, nel centro-sud della nazione, si può dire che il quadro meteorologico sia nel complesso gradevole, perdendo le caratteristiche di continentalità in favore di un clima temperato, anche se più umido.
Le temperature medie di Kiev, che risente già più del clima continentale settentrionale e dei venti freddi artici che non di quello temperato meridionale, oscillano dai -3° di minima a gennaio, ai 26° di massima a luglio, per intenderci fra la media invernale delle nostre località alpine e la media estiva delle coste alto-tirreniche. Ma anche Dnepropetrovsk ha inverni assai rigidi con temperatura media minima sui -4° ed estati molto calde con 28° di media massima a luglio.
Rientrando dalla porta di Trieste verso i panorami meteorologici nostrani, il dato di fatto da evidenziare è la scomparsa dell’inverno; sulla falsa riga del mese di gennaio, anche febbraio ha mostrato un volto mite, che da tardo autunnale è divenuto persino di precoce primavera, con record di caldo, per il periodo, abbattuti in molte aree del centro-sud. Tutto all’insegna delle correnti atlantiche, le quali hanno dispensato anche abbondanti piogge, seppure meno continue che nei due-tre mesi precedenti, ed in linea con le nostre previsioni del mese scorso dove era stata individuata persino la rimonta calda subtropicale.
L’incipiente mese di marzo comincerà invece con un tempo molto perturbato e in qualche misura persino freddo, con nevicate copiose che stavolta non colpiranno solo le Alpi ma interesseranno anche gli Appennini sopra quota 700 m.s.m.. Ciò perché l’ennesimo fronte atlantico “sparato” dalla depressione islandese verso il Mediterraneo, riceverà questa volta un maggior apporto di correnti artiche (più maestrale che libeccio in molte zone del paese) e soprattutto perché, in una seconda fase, una lieve elevazione dell’anticiclone azzorriano verso nord creerà una goccia fredda nei bacini italici che pescherà correnti orientali, le quali faranno assaggiare un pizzico di inverno anche alle regioni meridionali. La disputa fra i principali modelli sta dopo nella capacità di autorigenerazione di tale goccia fredda anziché di suo scivolamento verso l’Egeo. Nel primo caso, dopo i primi 5 giorni di marzo all’insegna del freddo e del maltempo, ci sarà una brevissima tregua e subito un nuovo affondo artico. Nel secondo caso lo spanciamento dell’anticiclone azzorriano verso l’Europa centrale e verso il mar Tirreno farà tornare una piena primavera, specie al nord.
Personalmente sarei per un’evoluzione “mediana” che dal 5-6 donerà nuovamente bellissime giornate di sole alle regioni fra il Piemonte e la Toscana, lasciando il basso Adriatico ed il Mezzogiorno in balia dell’instabilità. Situazione che forse potrebbe cristallizzarsi sino alla prima metà del mese. In sostanza una lacuna barica sullo Jonio potrebbe continuare a dare qualche fastidio, per giorni, alle regioni meridionali, mentre il grosso del paese vivrebbe protetto da un cuneo di alta pressione, che risalterà le temperature diurne massime ma che, complice una lieve ventilazione settentrionale, continuerebbe a provocare nottate fredde, sebbene in linea con quelle che dovrebbero essere le medie del periodo e che sinora si sono “sforate” verso l’alto.
Se vorreste continuare con un clima più bollente… volate a Kiev. Altrimenti per il freddo mi è giunta voce che alle isole Svaalbard vi siano delle motoslitte pronte a portarvi fra i ghiacci. Buon mese pazzerello.