Scuola e questione meridionale
Se ci soffermiamo ad esaminare il sistema formativo del nostro Paese ci accorgiamo che nel Sud la “Questione scolastica” si salda con la “Questione del Mezzogiorno”. La situazione di crisi della scuola nel Sud non è “altra“ rispetto al sistema scolastico nazionale, ma nel Meridione il problema scuola si complica e si aggrava perché si carica delle inadeguatezze e delle contraddizioni proprie del Sud. Le due questioni si intrecciano e si condizionano reciprocamente.
Sia la scuola che il Mezzogiorno soffrono, infatti, di un antico e crescente processo di marginalizzazione e di isolamento. Le linee di intervento della politica scolastica e della politica meridionalistica vengono ispirate dal criterio dell’assistenza, del sussidio straordinario, secondo una tipica cultura dell’emergenza.
La politica scolastica, in particolare, è ridotta a semplice attività amministrativa della scuola, considerata non “capitale invisibile”, ma campo passivo di spesa, salvo poi a scoprire – sotto l’incalzare delle varie emergenze e con una buona dose di retorica – l’importanza e il ruolo della scuola, rischiando di sovraccaricarla di compiti e di funzioni non sempre e non proprio pertinenti. Si pretende allora un “prodotto” di qualità, capace di fronteggiare le situazioni di abbandono senza i necessari investimenti.
La stampa e i media dedicano attenzione alla scuola in occasione di episodi legati alle agitazioni di categoria che minacciano di bloccare le valutazioni finali e quindi di compromettere il business delle vacanze e del turismo.
Per quando riguarda il Sud, più che di marginalizzazione si deve parlare di un vero e proprio fastidio ad affrontarne i problemi; si tenta piuttosto di mistificarli o di rimuoverli dalla coscienza del Paese.
In questa ottica è facile giungere alle ipotesi separatiste propugnate dal movimento leghista: è il corollario di una cultura basata sul pregiudizio ideologico e razzista di matrice positivista.
Del Sud si parla sempre con clamore e con un malcelato compiacimento retorico in occasione di tristi fatti malavitosi e di criminalità organizzata che, in genere, sono più effetto che causa della crisi morale, sociale ed economica del Mezzogiorno.
In effetti nel Mezzogiorno si è determinata da tempo la perdita della centralità del sistema politico – scaduto a sistema clientelare – con la contestuale acquisizione di centralità da parte del sistema mafioso e delinquenziale.
“Come una bottiglia vuota il Mezzogiorno rischia di riempirsi di un liquido che non è il suo”. (Vittore Fiore).
L’immagine del Sud, costruita dai mass media, è un’immagine semplificata e univoca che fa giustizia sommaria delle notevoli differenze e delle enormi potenzialità presenti nel Mezzogiorno.
Lo stretto rapporto tra scuola e società è incontestabile, quali che siano i modelli sociologici interpretativi di questo rapporto. Il grado di civiltà di una nazione (o di una regione) si misura soprattutto dalla cultura di base dei cittadini. Il processo di sviluppo economico e sociale è strettamente correlato ai livelli formativi e culturali di un popolo.
In uno scenario post-industriale e post-ideologico la scuola ha il compito, soprattutto nel Mezzogiorno, di accettare la sfida dei tempi rendendo possibile la formazione delle coscienze in un clima sociale difficile. I processi culturali possono e devono trasformare la mentalità e indurre processi cambiamento sociale e politico. In questo senso “fare ricerca” significa “fare società” oltre che “fare cultura”.
La scuola ha il compito di svegliare le coscienze meridionalistiche in un orizzonte allargato che comprenda lo sviluppo dell’intero Paese in una prospettiva europea.
Negli anni cinquanta del secolo scorso, Alcide De Gasperi sosteneva l’impellenza dell’ingresso dell’Italia in Europa. Il grande statista era solito ripetere: “L’Italia deve aggrapparsi all’Europa per non scivolare in Africa”.
Oggi che il sogno degasperiano si è realizzato e il nostro Paese fa parte dell’Unione Europea resta ancora un tappa da percorrere: riequilibrare il rapporto tra Nord e Sud, tra scuola e Mezzogiorno. Questo riequilibrio alimenta e rafforza la speranza che l’Italia resti “tutta” in Europa.
Giorgio Ruffollo , amava ripetere: “Non si entra in Europa con i nostri profondi squilibri”. Ruffolo, l’intellettuale e politico, si ricollegava all’ammonimento del grande meridionalista Giustino Fortunato: “L’Italia sarà ciò che il Mezzogiorno sarà” E’ un obiettivo che non può lasciare indifferenti perché il “Nord Italia” senza un Sud forte, organizzato e risanato rischia di diventare il “Sud dell’Europa”.
Questa analisi condivisa deve implementare una risposta forte, di tipo sociale culturale e politico. Una mobilitazione sinergica di tutte le forze, di tutte le istituzioni, nell’ottica di un sistema formativo integrato.
L’iniziativa per la scuola può e deve partire dalla scuola, ma deve superare i suoi confini se non si vuole correre il rischio di farla diventare un’interessante esercitazione accademica vuota di contenuti.
Occorre costruire intorno alla “Questione scuola” e alla “Questione meridionale” una tensione ideale di tutta la società civile.
Un “patto sociale “ per il Sud. Un “patto sociale” per la scuola.
E’ un’utopia ?
In ogni caso vale la pena tentare. Tutti insieme.