L’estate europea di Bulgaria e Croazia
Un’estate difficile per la Bulgaria: manifestazioni di piazza quotidiane hanno coinvolto decine di migliaia di bulgari contro il Governo e contro la crisi, senza però stimolare un serio dibattito a livello europeo e avere un sufficiente risalto nei mezzi di comunicazione.
Alta disoccupazione, criminalità organizzata, corruzione della politica e un drastico taglio dei servizi pubblici sono i motivi che hanno indotto la popolazione a riversarsi per le strade e a protestare contro il governo tecnico del socialista Oresharski, sostenuto da Partito Socialista Bulgaro, minoranza turca e Movimento Diritti e Libertà.
Quello di Oresharski doveva essere un governo per il rilancio del paese ma si è rivelato essere, in linea con il precedente governo conservatore dimessosi in inverno per le proteste, un fervente sostenitore di politiche austere e rigore economico che ha ulteriormente depresso la popolazione. Così come in altri stati europei, in questo momento di crisi la Maggioranza parlamentare è frutto di un compromesso “per il bene del paese”: primo partito uscito dalle urne è stato quello dei Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria, guidato dal premier dimissionario Borisov; superfluo dire che un suo nuovo mandato sarebbe risultato inappropriato. Il compromesso ha quindi portato a un poco solido ma presentabile governo tecnico di ispirazione socialista.
La tenacia dei manifestanti nel protestare è stata significativa poichè pacifica e allo stesso tempo dura, agguerrita e martellante: la corruzione politica ha lacerato la democrazia, non trascurabile è stato il numero di diserzioni dalle urne alle ultime elezioni di primavera, e la protesta è stata spontanea e di parvenza vera e genuina (con occasionali fisiologici eccessi violenti).
Il casus belli che ha portato la popolazione in piazza a chiedere le dimissioni del Governo e nuove elezioni è stata la nomina del magnate Peevski, già coinvolto in casi corruzione, a capo dei servizi di sicurezza del paese. Alle prime forti proteste è seguito il ritiro di tale nomina e pubbliche scuse.
Un’estate di cambiamento per la Croazia: il primo luglio il paese è entrato a far parte dell’Unione come ventottesimo stato, dopo un percorso lungo e tortuoso iniziato formalmente nel febbraio 2003.
Recessione, nazionalismo e disoccupazione sono i motivi che hanno mitigato l’occasione di festa ma le opportunità europee che si aprono sono molteplici, tanto più in una situazione di difficile crisi. Investimenti in agricoltura, energie rinnovabili, un consolidamento del turismo possono rilanciare il paese. Fondamentale è poi il ruolo della Croazia nel trascinare senza indugi verso l’Unione i paesi dell’area balcanica
Per Bulgaria e Croazia l’interlocutore è oggi l’Europa: l’Unione delle regole e dei regolamenti, del rigore economico e dei controlli; ma anche l’Unione delle diversità e dell’integrazione, della democrazia e del rispetto dei diritti, degli investimenti e dello sviluppo. L’Europa tanto odiata quanto amata.