Fascismo e diversità
Le grevi polemiche estive sul colore della pelle del Ministro Kyenge, oltre a farci rimpiangere il bonario umorismo pacchiano sull’abbronzatura della coppia presidenziale americana, non possono che portarci alla mente le note di una canzone dell’Aprile 1935, quando l’Italia cominciava ad affacciarsi baldanzosa sulla scena africana: Faccetta Nera. La si può ascoltare su internet tra i file degli ambienti che si richiamano al fascismo, e su Wikipedia si può leggerne la storia.
La canzone è di origine popolare, non proviene da fonti ufficiali del partito, ed è stata composta mentre la propaganda fascista preparava la copertura mediatica all’intervento in Abissinia: si canta la missione civilizzatrice, che avrebbe portato sviluppo e progresso in terre barbare e incolte. E’ una forma di fascismo per così dire apocrifo, ove l’epoca viene rappresentata tramite un documento non ufficiale ma di forte impatto emotivo sia sui presenti che sui posteri, tale da risultare a decenni di distanza come parte integrante del Ventennio.
Chiederei sia ai fascisti che agli antirazzisti di oggi di leggerla prima di commentarla.
Altro che odio razziale, la grande missione dell’Italia fascista non si ferma certo di fronte al colore della pelle. Altro che mera esportazione della democrazia, l’Italia fascista esporta la civiltà: niente di molto diverso nelle sue dinamiche operative e nelle sue ragioni, buone a sufficienza da essere inseriti nei programmi didattici delle scuole dei paesi coloniali, occidentali e democratici.
La faccetta nera non è di un orango, ma invero di una bella moretta ridotta in schiavitù, che sogna la libertà. Ed eccola che essa si palesa a bordo delle navi sventolanti il nostro tricolore, da dove sbarcano un’altra legge e un nuovo Re: legge di schiavitù d’amore (Francesco non avrebbe da dissentire), di libertà e dovere (diritti e doveri degli immigrati). E dall’Africa la scena si sposta a Roma, centro dell’Impero, laddove il nostro Sole bacia la nuova cittadina, Romana e italiana.
Altro che le motovedette per sparare ai gommoni, altro che paura del diverso: le portaerei per conquistare nuovi cittadini e ricondurli al Sol della Patria e al progresso fascista, dove la straniera diventa sorella. D’altra parte, ogni grande impero è multietnico, basti vedere Parigi, Londra, New York e Mosca. E quale miglior sigillo di successo per la volontà di potenza l’assurgere dei nuovi cittadini ai più alti ranghi del Paese?
Dopodiché sappiamo bene che una cosa è la propaganda, un’altra la realtà violenta di una guerra coloniale, altra ancora l’ignoranza e peggio ancora il vantarsene. Il punto invariante è il provincialismo della nostra epoca, dove degli ideali (giusti o sbagliati) del passato sono rimaste solo le bassezze, le vigliaccherie e i vizi mentre i comportamenti hanno perso le motivazioni logiche e le ragioni esistenziali.
Se non mi credete, leggete voi il testo copia-incollato da Wiki e fatevi la vostra idea su che cosa l’Italia dell’apogeo fascista vedesse nella faccetta nera di una donna africana. Eh già, anche i fascisti non son più quelli di una volta.
Se tu dall’altipiano guardi il mare
Moretta che sei schiava fra gli schiavi,
Vedrai come in un sogno tante navi
E un tricolore sventolar per te.
Faccetta nera,
Bell’abissina
Aspetta e spera
Che già l’ora si avvicina!
quando saremo
Insieme a te
noi ti daremo
Un’altra legge e un altro Re.
La legge nostra è schiavitù d’amore,
il nostro motto è libertà e dovere,
vendicheremo noi Camice Nere,
Gli eroi caduti liberando te!
Faccetta nera,
Bell’abissina
Aspetta e spera
Che già l’ora si avvicina!
quando saremo
Insieme a te,
noi ti daremo
Un’altra legge e un altro Re.
Faccetta nera, piccola abissina,
ti porteremo a Roma, liberata
Dal sole nostro tu sarai baciata,
Sarai in Camicia Nera pure tu.
Faccetta nera
Sarai Romana
La tua bandiera
Sarà sol quella italiana!
Noi marceremo
Insieme a te
E sfileremo avanti al Duce
E avanti al Re!
(Micheli scrisse pure una quarta strofa che però non fu mai pubblicata)
Faccetta nera, il sogno s’è avverato
si adempie il voto sacro degli dei
non sei più schiava ma sorella a noi;
l’Italia nostra è madre pure a te.
Faccetta nera, bella italiana!
Eri straniera e adesso l’Africa è romana.
Faccetta nera anche per te una bandiera,
C’è una patria, un Duce e un Re.