Le isole contese e la balbettante politica estera giapponese
Il conflitto diplomatico, e non solo diplomatico, con la Cina è degenerato negli ultimi mesi: al centro della contesa un arcipelago di isole nel Mar Cinese Orientale, Senkaku per i Giapponesi e Daiyou per i Cinesi. Le Cinque isole disabitate, a metà strada tra Okinawa e le coste cinesi, sono sotto la sovranità nipponica dal XIX Secolo ma reclamate sia dalla Cina Popolare che da Taiwan.
Lo scorso agosto lo sbarco di alcuni nazionalisti cinesi sulla maggiore delle isole ha provocato la vigorosa reazione giapponese innescando un susseguirsi di proteste, manifestazioni e accuse reciproche sia in Cina che in Giappone.
Il perdurare delle violenti proteste in tutto il Giappone e delle provocatorie incursioni dimostrative da parte dei Cinesi, hanno reso la crisi tra i due paesi la più grave e preoccupante degli ultimi anni.
La contesa russo-nipponica delle Isole Curili, tra Hokkaido e la Kamcatka, è il motivo per cui tuttora non si è sottoscritto un trattato di pace che formalizzi la fine della Seconda Guerra Mondiale nell'area. Il Giappone rivendica da sempre la sovranità dei “suoi” Territori del Nord, oggi appartenenti alla Russia. Tra alti e bassi diplomatici la situazione è nuovamente degenerata con la visita estiva del Premier russo Medvedev che ha provocato prevedibili accese proteste giapponesi. Per la Russia le Curili rappresentano oggi un indispensabile accesso al Pacifico con basi navali e bacini per sottomarini nucleari. Le isole sono inoltre ricche di oro e argento e nelle acque circostanti sono stati individuati giacimenti di petrolio e gas.
Nonostante le parole di condanna, il Governo giapponese sembra aver rinunciato alla sovranità dell'arcipelago, optando per una proficua collaborazione economica e militare con la Russia.
Le Rocce di Liancourt (Isole Takeshima/Dokdo), annesse unilateralmente alla Corea del Sud nel 1952, sono reclamate con forza dal Giappone che ne vanta la proprietà da millecinquecento anni. La recente visita ufficiale del premier sudcoreano Lee Myung Bak agli scogli, su cui Seoul ha di stanza la propria guardia costiera, è stata vissuta dal Giappone e da Noda come una gravissima provocazione, tanto più che l'evento in Corea è stato particolarmente pompato dal punto di vista mediatico, e già prima dello sbarco le autorità nipponiche avevano minacciato ritorsioni che si sono poi realizzate richiamando immediatamente il proprio ambasciatore a Seoul.
Il caso delle Liancourt è meno preoccupante di quello delle Curili e delle Senkaku, essendo sia Corea del Sud che Giappone sotto tutela statunitense: le controversie legate a questi isolotti sono più che altro un'utile arma elettorale per risvegliare periodicamente i rispettivi nazionalismi sopiti.
La disputa per delle isole disabitate e apparentemente insignificanti rientra nella delicata partita che USA, Russia, Cina e Giappone stanno giocando per il controllo del Pacifico Settentrionale e delle sue preziose risorse. Di questa partita il Giappone di Noda sembra essere il giocatore meno scaltro e titubante. L'inefficace iniziativa politica del Primo Ministro sta sgretolando il Partito Democratico – sono ormai frequenti le “migrazioni” tra le varie forze parlamentari – con il rischio ormai certo di un prossimo successo di partiti nazionalisti e radicali.
La minaccia alla sovranità dell'Impero e la debolezza del Governo hanno portato a un'ascesa di movimenti e partiti nazionalisti nello scenario politico del Sol Levante. La Destra spinge per una sostanziale modifica dell'attuale Costituzione – che ha reso di fatto il Giappone un protettorato statunitense dalla fine dell'ultimo conflitto mondiale – tesa a trasformare l'Esercito da una forza di “autodifesa” in una di “offesa”, con la possibilità di ricorrere ad azioni di guerra senza vincoli imposti dagli Stati Uniti.
Memore degli effetti provocati dal nazionalismo giapponese in passato – dai genocidi compiuti dall'Esercito nipponico durante l'espansione in Asia ai milioni di morti giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale – l'attuale Costituzione ne limita saggiamente la minaccia.