Il Prometeo scatenato
Gli effetti della seconda guerra mondiale furono immediatamente individuabili tra le rovine che facevano da cornice ad ogni città ed in quel dilagante nichilismo, accompagnato da un profondo senso di angoscia, che ormai aveva impregnano irreparabilmente l'animo umano. “Il Principio Speranza” di Ernst Bloch, pubblicato poco prima del grande boom economico, si presentava come l'antidoto perfetto, incapace però di indicare la strada per la salvezza umana. Vent'anni dopo, la sete della violenza umana non era stata ancora placata e ad essa aveva cominciato ad opporsi la natura stessa che, attraverso la tecnica, aveva inaugurato il suo processo di ribellione. Era quindi necessario riflettere e capire perché la speranza di Bloch non era più sufficiente per poter sistemare le cose. Hans Jonas pubblicò “Il Principio Responsabilità” che si inserì immediatamente nel dibattito morale contemporaneo. All'avvento della società tecnologica, Jonas, contrappone la necessità di un ritorno alla frugalità, all'economia della terra e al rispetto per la natura.
Se da un lato, il ritorno alla natura non assume le caratteristiche di un contratto da stipulare, in quanto essa non ha alcun obbligo nei nostri confronti così come non ha alcun dovere, dall'altro, ciò con significa che noi siamo esonerati dall'essere responsabili nei confronti della natura.
L'uomo è l'unico essere vivente capace di essere responsabile e tale capacità lo rende, di fatto, responsabile. E' necessario ripensare il rapporto tra l'uomo e la natura prima che avvenga il collasso definitivo, prima che giunga la fine della vita umana tout-court sul pianeta. In termini heiddegeriani, nell'uomo l'essere si è lasciato essere ed ha la responsabilità sia nei confronti dell'essere che dell'esserci. La responsabilità deve essere pensata come arricchimento del mondo. La sola esistenza della responsabilità ci prescrive che tale responsabilità deve continuare ad esserci anche in futuro.
La vita avanza costantemente delle pretese nei confronti dell'ambiente e questo è dimostrato da ogni nostro respiro, da ogni nostro pasto. L'uomo, però, è un essere libero e tale libertà è arrivata a dominare non solo la natura ma anche tutte le specie viventi fino al completo sfruttamento, agevolato delle crescenti potenzialità tecnologiche. La seconda guerra mondiale ha infatti dimostrato, pensiamo ad esempio alla bomba atomica, che l'uomo non è un essere unicamente razionale, ma porta con sé una dose non indifferente di brutalità. Ripensare alla relazione tra uomo e natura significa anche analizzare dettagliatamente il rapporto tra potere, desiderio e ambiente. La responsabilità è commensurabile al potere: più si ha potere più si è responsabili. Allo stesso tempo la responsabilità è determinata anche dalla qualità del potere. Gli uomini aggrediscono tecnologicamente la natura, sfruttandola per realizzare i propri desideri, in particolare nella società industrializzata. Nel marxismo la visione utopica di una società più giusta coincideva con la felicità e con il controllo della natura a vantaggio di tutti. La felicità consisteva in un migliore utilizzo materiale del mondo. I sistemi liberali democratici si sono dimostrati incapaci di fronteggiare i problemi della crisi ecologica. La filosofia, da sola, non può cambiare il mondo, essa può solo tentare di farci riflettere sulle conseguenze delle nostre azioni, sugli effetti del nostro agire, in bilico tra pretese umane ed efficienza della natura. La filosofia dovrebbe aiutarci a frenare le nostre azioni più violente, spingendoci a riflettere su come salvare l'ambiente. La filosofia morale, nello specifico, deve indagare non più sul rapporto tra uomo e uomo, ma sul rapporto che intercorre tra uomo e natura.
La speranza è per Jonas il principio di non agire perché implica che si possa ottenere qualcosa semplicemente perché esiste la possibilità di ottenerla. Solo la paura può spingerci ad agire, responsabilizzandoci nei confronti dell'ignoto. Purtroppo solo le disgrazie sono in grado di far riflettere l'uomo. La paura è l'orrore che ottiene con forza ciò che la ragione non è riuscita ad ottenere. L'uomo che non si sente minacciato direttamente non cerca mai delle soluzioni, non si preoccupa nemmeno delle generazioni future. Disastri come quello di Cernobyl hanno dato vita a riflessioni concrete mostrando al mondo il potere educativo delle catastrofi. Paradossalmente è necessario che accada qualcosa di grave per fare in modo che la violenza attuata dall'uomo, nel costante tentativo di soddisfare i propri desideri, possa tornare ad un livello compatibile con la sopravvivenza dell'ambiente.
Per Jonas si rende quindi necessaria una nuova etica. L'etica è il motivo centrale della sua ispirazione. Generalmente l'etica pone dei problemi che la politica dovrebbe risolvere, ma la politica del nostro secolo è in declino da anni e sta a noi rianimarla. Non abbiamo bisogno di una nuova politica ma di una nuova etica planetaria. L'etica del futuro ha obiettivi modesti, non ha come fine la realizzazione del sommo bene in quanto, esso, è irrealizzabile. La salvezza esiste solo nella misura in cui singoli individui decidono di trarre il meglio possibile. L'etica è rinuncia prima di tutto, rinuncia alla perfettibilità. In senso etico la responsabilità deve essere anche ripensata come rapporto di reciprocità tra uomini: se ho la responsabilità nei confronti dell'altro allora anche l'altro sarà responsabile nei miei confronti. Siamo tutti responsabili e contemporaneamente oggetto della responsabilità.
In termini kantiani Jonas ci chiede di agire in modo tale che le conseguenze delle nostre azioni siano sempre compatibili con la sopravvivenza della vita umana sulla terra.
Hans Jonas è morto nel 1993, da questa data ad oggi abbiamo assistito, incessantemente, ad eventi naturali catastrofici che hanno causato la morte di molte persone in tutte le parti del mondo. Ultimamente la terra trema ininterrottamente, i ghiacciai si sciolgono con una velocità sempre maggiore e la gente continua a morire a causa di malattie sempre più aggressive. “Il Principio Responsabilità” di Jonas si pone a metà strada tra “Il Principio Speranza” di Bloch e “Il Principio Disperazione” di Pier Paolo Portinaro. Siamo sull'orlo dell'abisso, direbbe Jonas, cerchiamo di non precipitarci dentro, aggiungerei io.
“Il pianeta è sovrappopolato, ci siamo presi troppo spazio, siamo penetrati troppo nell'ordine delle cose. Abbiamo turbato troppo l'equilibrio, abbiamo già condannato troppe specie all'estinzione. La tecnica e le scienze naturali ci hanno trasformato da esseri dominati dalla na
tura a dominatori della natura. E' questa situazione ad avermi indotto a fare un bilancio filosofico e a chiedermi se la natura morale dell'uomo lo possa permettere. Non siamo forse chiamati, ora, a un tipo completamente nuovo di dovere, a qualcosa che prima in verità non esisteva – ad assumere la responsabilità per le generazioni future e la condizione della natura sulla terra?”
H. Jonas, Sull'orlo dell' abisso, Einaudi, Torino, 2000, pag. 7