Pages Menu
RssFacebook
Categories Menu

Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 90 - 1 Giugno 2012 | 0 commenti

Dalla psicosi sviluppo alla prospettiva civile

Lo sviluppo se fatica ad essere un esito esplicito di una volontà politica, resta un'urgente necessità della comunità.

Il tema è noto, ma il suo svolgimento richiede un sovrappiù di pensiero, nel merito, e uno sforzo strategico, nel metodo. E soprattutto la capacità di distogliere lo sguardo dallo specchietto retrovisore, per immaginare alcune idee motrici dello sviluppo e restituire una prospettiva civile al futuro di vecchie e nuove generazioni che si incontrano nel terreno della “di-speranza”.

Prospettiva civile, che guardi alle città in cerca di nuove economie. Prospettiva civile, che tragga dalla sua tradizione francescana l'ispirazione per la cura dei beni comuni e delle relazioni reciproche. Prospettiva civile, che orienti le scelte politiche verso uno sviluppo inclusivo e partecipativo. Prospettiva, appunto, per un “Futuro Civile”, che sperimenti nuovi “incubatore di idee” per le Città in cui i diversi saperi disciplinari, dall'economia alla sociologia, dall'architettura all'arte, possano incontrarsi e dialogare per affrontare la “questione dello sviluppo” in chiave moderna e ritrovando quei filoni tematici, identitari ma innovativi, sui quali raccordarsi per una praticabile e sostenibile progettualità territoriale.

Le città italiane rappresentano l'esempio peculiare in sofferenza. Le grandi hanno perso il controllo della dinamica spaziale, le piccole vivono uno straordinario deflusso abitativo, culturale e commerciale. In entrambi i casi servirebbe una progettualità capace di mobilitare e valorizzare una pluralità di risorse presenti sul territorio.

Ma prima ancora di propinare ricettari politici o costruire sofisticati masterplan, è opportuno proporre e condividere una visione sul significato di “fare città” oggi e soprattutto su “quale città” costruire per il futuro.

Da un lato, attraverso la conoscenza adeguata delle dinamiche territoriali (economiche, sociali, ambientali, urbanistiche, etc) per produrre quell'“evidenza pubblica” alla base di ogni piano progettuale economico e urbanistico. Dall'altro lato, restituendo una visione consapevole, possibilmente non influenzata dal “corto termismo” elettorale, sulle traiettorie dello sviluppo potenziale, ma che, al contempo, individui alcune possibili forme di intervento coerenti con l'idea di città proposta.

“Città intera” e non “città a pezzi” è la vera alternativa. In questa direzione occorre recuperare la “funzione città” e i suoi temi identitari, attraverso una “ricucitura” dei vari spazi e contenitori urbani.

Non siamo alla “disperazione”, ma occorre avere a cuore le sorti di un'agenda “di-Speranza” per il futuro di questo territorio, mettendo in campo due attenzioni: “inculturare” l'agenda nazionale in una vicenda territoriale del Fermano e dare un nome alla “di-speranza” per evitare un'archiviazione precoce della Speranza.

Scrivi un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>