Museo Nazionale di Ravenna
Tra i capolavori italiani famosi nel mondo, ci sono certamente la Basilica di San Vitale e il Mausoleo di Galla Placidia, il cui soffitto mi rimase impresso fin dalla prima gita scolastica in seconda media.
Ma l'ingresso a questi monumenti è strettamente unito a quello del Museo Nazionale, con fra l'altro bisticci e confusioni perché trattandosi di due amministrazioni diverse (la Diocesi e lo Stato) hanno biglietterie separate. L'origine delle raccolte del Museo Nazionale risale all'erudita attività dei monaci camaldolesi di Classe i quali, soprattutto durante il secolo XVIII, collezionarono numerosi oggetti d'interesse artistico, antiquario e naturalistico presso il loro monastero cittadino.
Nel 1885, grazie alla volontà dello scultore Enrico Pazzi e ai voti dei più illustri cittadini ravennati, questi materiali vennero organizzati in un vero e proprio museo, detto “bizantino”, del quale il Pazzi fu il primo direttore. Nello stesso anno l'istituzione divenne Nazionale, passando sotto la tutela dello Stato, al quale gli oggetti vennero affidati in consegna perpetua. Dal 1913-14 le raccolte hanno sede negli ambienti e nei chiostri dell'ex monastero benedettino di San Vitale, una delle più importanti abbazie cittadine, della quale si ha notizia già nel X secolo. Attualmente il Museo Nazionale di Ravenna, che si è continuamente arricchito tramite doni e acquisti, ma soprattutto con i materiali provenienti dal sottosuolo ravennate, si configura come un vasto insieme di raccolte eterogenee, sostanzialmente riconducibili a tre gruppi fondamentali: il lapidario, i reperti di scavo provenienti dal territorio e le collezioni di arte cosiddetta minore, dove predomina nettamente il lascito classense. Anche gli allestimenti alternano ambienti modernamente sistemati ed altri dal sapore più desueto, ma, nonostante l'eterogeneità, non è difficile scovare pregevoli icone, avori intagliati, suggestivi bronzetti e policrome ceramiche tutto degno della massima attenzione.
Una presentazione completa si trova nel sito:
http://www.soprintendenzaravenna.beniculturali.it/index.php?it/126/musei-e-monumenti
Ma l'ingresso a questi monumenti è strettamente unito a quello del Museo Nazionale, con fra l'altro bisticci e confusioni perché trattandosi di due amministrazioni diverse (la Diocesi e lo Stato) hanno biglietterie separate. L'origine delle raccolte del Museo Nazionale risale all'erudita attività dei monaci camaldolesi di Classe i quali, soprattutto durante il secolo XVIII, collezionarono numerosi oggetti d'interesse artistico, antiquario e naturalistico presso il loro monastero cittadino.
Nel 1885, grazie alla volontà dello scultore Enrico Pazzi e ai voti dei più illustri cittadini ravennati, questi materiali vennero organizzati in un vero e proprio museo, detto “bizantino”, del quale il Pazzi fu il primo direttore. Nello stesso anno l'istituzione divenne Nazionale, passando sotto la tutela dello Stato, al quale gli oggetti vennero affidati in consegna perpetua. Dal 1913-14 le raccolte hanno sede negli ambienti e nei chiostri dell'ex monastero benedettino di San Vitale, una delle più importanti abbazie cittadine, della quale si ha notizia già nel X secolo. Attualmente il Museo Nazionale di Ravenna, che si è continuamente arricchito tramite doni e acquisti, ma soprattutto con i materiali provenienti dal sottosuolo ravennate, si configura come un vasto insieme di raccolte eterogenee, sostanzialmente riconducibili a tre gruppi fondamentali: il lapidario, i reperti di scavo provenienti dal territorio e le collezioni di arte cosiddetta minore, dove predomina nettamente il lascito classense. Anche gli allestimenti alternano ambienti modernamente sistemati ed altri dal sapore più desueto, ma, nonostante l'eterogeneità, non è difficile scovare pregevoli icone, avori intagliati, suggestivi bronzetti e policrome ceramiche tutto degno della massima attenzione.
Una presentazione completa si trova nel sito:
http://www.soprintendenzaravenna.beniculturali.it/index.php?it/126/musei-e-monumenti