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Scritto da nel Internazionale, Numero 84 - 1 Novembre 2011 | 0 commenti

Soci@l revolution

In questo numero dell'Arengo abbiamo deciso di occuparci di Rete: la morte di Steve Jobs, l'onda di commozione che ha attraversato l'etere digitale (contribuendo ad una delle più grandi ed efficaci operazioni di marketing siano mai state compiute), le prime elezioni democratiche in Tunisia, la fine della guerra civile in Libia, l'ombra di nuove rivoluzioni in Siria, il movimento Occupy Wall Street, tutti eventi che nascono in Rete o ad essa connessi e che ci hanno spinto ad una profonda riflessione.

Il confine tra il virtuale e il reale in questi anni si è gradualmente assottigliato: due “mondi”, che per molti anni sono stati considerati antitetici e paralleli, si sono riuniti in uno solo. La Rete è ormai quasi un'estensione della vita reale. Lo dimostra il fatto che la maggior parte degli utenti dei social-network si presenta con nome e cognome e non con i nickname che andavano tanto di moda fino a qualche anno fa'.

Grazie alla Rete è cambiato il modo di scrivere, di leggere, di comunicare con gli altri. E' cambiato il modo di fare politica, ma anche di rapportarsi con la politica. Secondo molti è lo strumento che permette al cittadino di essere, finalmente, protagonista della politica e consente alla democrazia di realizzarsi pienamente. Uno strumento al servizio della democrazia… e la “primavera araba” sarebbe la prova tangibile di questa tesi.

Ma siamo sicuri che sia proprio così? Un articolo apparso su Wired di ottobre sembra confutare questa tesi. In esso viene esposta la teoria di Navid Hassanpour, ricercatore di scienze politiche a Yale, che ha studiato il ruolo dei new media nella rivoluzione egiziana. Secondo quanto sostiene lo studioso, c'è un errore di fondo nella teoria che vede i social-media come i principali attori della primavera araba: è stata piuttosto la decisione di oscurarli l'elemento determinante che ha portato centinaia di migliaia di persone in piazza.

Torniamo a quei giorni: il 25 gennaio venticinque mila persone occupano Piazza Tahir chiedendo le dimissioni di Moubarak. Ci sono numerosi scontri con la polizia e il governo blocca l'accesso a Twitter e oscura la rete cellulare sulla piazza. Il giorno dopo, giorno in cui divampano proteste in altre zone del paese, vengono bloccate anche le comunicazioni tramite Facebook, sms e Blackberry. Il 28 gennaio la situazione precipita e viene deciso il blocco totale di internet e cellulari e del canale Al Jazeera Cairo. L'oscuramento totale dei mezzi di comunicazione, secondo lo studioso di Yale, ha spinto per strada anche quelle persone che, in condizioni normali, avrebbero seguito gli eventi da casa. “Se vengono meno improvvisamente i canali di comunicazione regolari, a distanza, la gente dovrà uscire di casa e ricorrere alle comunicazioni faccia a faccia per sapere che costa sta succedendo. E i radicali (la minoranza che ha organizzato le proteste NdR) avranno più occasioni di convincere gli altri, magari con informazioni non controllabili, su quanto avviene altrove.”

Sempre secondo l'articolo, qualche mese dopo, le stesse dinamiche si sono prodotte in Siria dove all'oscuramento di internet del 3 giugno è seguita una proliferazione delle proteste e solo l'esercito, fedelissimo al presidente Assad, è riuscito a mantenere in piedi il regime. Mentre nella Libia di Gheddafi la rivoluzione sarebbe stata più lenta proprio perché il colonnello avrebbe bloccato parzialmente le comunicazioni, consentendo il filtraggio delle notizie. “La forza delle masse”, conclude lo studioso, “sta nel numero, nella spontaneità e nella diffusione. Non nell'armonia che invece è favorita dai mezzi di comunicazione. Una piena “connettività” può in realtà ostacolare i disordini spontanei, improvvisi e diffusi, che fanno cadere i regimi ”.

La Rete incentiva o diassuade la partecipazione? E' una questione importante, su cui bisogna riflettere. “Chiedi alla gente di darti un clic, ma non chiedergli di scendere per strada” avevo letto qualche tempo fa su un blog. Secondo il mio punto di vista la rete incentiva e allo stesso tempo dissuade: la Rete mi ha permesso, in questi anni, di liberarmi dal giogo dei media tradizionali e di andare a cercare la fonte diretta delle notizie (video, documenti, interviste) quando i titoli di giornale e telegiornale non mi convincono. La Rete mi consente di discutere con i miei amici in rete su un argomento e mi consente di leggere in tempo reale quello che succede dall'altra parte del mondo. Ma allo stesso tempo devo confessare di non aver partecipato a degli eventi perché sapevo che avrei potuto seguirli in streaming. Banalmente la Rete, Internet, la tecnologia sono degli strumenti, e come tali, bisogna imparare a farne buon uso.

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