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Scritto da nel Energia e Ambiente, Numero 80 - 1 Giugno 2011 | 0 commenti

Scambio epistolare sul tema dei referendum sull'acqua

La Redazione ha raccolto alcuni interventi sul tema dell'acqua e riporta uno scambio epistolare tra due fratelli.

Z1 introduce la conversazione
Questo link è interessante e spiega in modo abbastanza sommario, ma efficiente come funzionano le tariffe.

La situazione fino al decreto Ronchi era che il servizio idrico era affidato ad un soggetto pubblico o privato (prevalentemente pubblico) ed era remunerato secondo le disposizioni del 1996, con il decreto Ronchi si impone che il servizio non possa essere affidato ad un soggetto interamente pubblico (in house) ma sia necessario un socio operativo privato con una quota minima del 40%, salvo nel caso in cui la società che detiene l affidamento sia una società pubblica quotata in borsa, nel qual caso l affidamento cessa alla data di scadenza del contratto solo nel caso in cui l'ente pubblico riduca nella società in oggetto la sua partecipazione al 30% entro il 31 dicembre 2012. Nel caso generale presumibilmente saranno società miste con il pubblico in maggioranza, ma con il soggetto privato come soggetto operativo a gestire il servizio, nel secondo caso mi sembra una norma fatta ad hoc per Gaetano Caltagirone, dal momento che la società più grande d'Italia che si occupa della gestione dell'acqua è Acea dove il buon Gaetano sta progressivamente salendo nell'azionariato e sarà il partner preferenziale di una eventuale cessione.

La cosa interessante è che quindi a livello di tariffe mi sembra non cambi assolutamente nulla, il privato che subentra non potrà influenzare le tariffe perchè tali erano e tali rimangono, a questo proposito la cosa interessante è capire se la tariffa attuale è o meno remunerativa. Secondo me ci sono due considerazioni da fare, una è di fatto: la tariffa copre i costi e remunera gli investimenti ad un tasso medio lordo del 7%, che sembra assolutamente spopositato rispetto agli attuali rendimenti di mercato di attività parimenti rischiose, il discorso è che il tasso è stato stabilito nel 1996 (credo) e quindi era in linea con i tassi di mercato di allora, ma non è previsto che sia adeguato cioe' non sembra all ordine del giorno la sua revisione o il suo ancoraggio a parametri di mercato più ragionevoli, quindi chiunque entra nell affare si porta a casa una remunerazione del capitale veramente alta (considera che questo è il rendimento totale, quindi al netto del costo del debito, minore del 7%, il rendimento del capitale di rischio può essere molto, molto più alto).

Il secondo ordine di cose, che però è solamente ipotizzabile, è che siccome il rendimento mi sembra decisamente alto, è possibile che le società abbiano “gonfiato” i costi operativi, ovvero dal momento che il rendimento era buono non avevano sufficienti motivi per fare efficienza, sebbene questo siano incentivato dalle tariffe, quindi è presumubile che i recuperi di efficienza realizzabile siano potenzialmente molto alti (leggi come tagli pesanti ai posti di lavoro).

In definitiva non ci saranno aumenti delle tariffe (al netto della remunerazione di nuovi investimenti), semplicemente quella che era una rendita usata a fini politici, una tassa occulata, sarà trasferita ad un privato, a meno che non vengano rivisti in modo più efficiente ( al ribasso) le tariffe.
Al netto della remunerazione dei nuovi investimenti è presumibile che le tariffe per la remunerazione dei costi si riducano, dal momento che ci sarà un discreto incentivo a ridurre il numero degli occupati, ovvero si realizzerà un obiettivo di efficienza operativa.

Al netto di tutto questo credo che la cosa migliore da fare sia andare a votare al referendum, tuttavia questo lascerà una discreta tassa occulta nelle bollette ed un cronico sotto investimento, dal momento che per non fare efficienza e non aumentare le tariffe la soluzione migliore è quella di non fare nuovi invesitmenti (come hanno fatto fino ad ora le società pubbliche, sembra).

Il fratello Z2 risponde dunque al caro Z1

Dunque con questo sistema non é sufficientemente incentivato il miglioramento del servizio inteso come nuovi investimenti di ammodernamento, se li deve fare il privato gestore, ma mi pare che siano invece a carico del pubblico proprietario, ma piuttosto la riduzione dei costi, intesa come personale, con conseguente impatto negativo, ad esempio, sulla manutenzione?

No, non credo che le cose stiano così!

Puoi spiegarmi meglio?!?

Con questo sistema il privato sarà fortemente incentivato a fare investimenti in ammodernamento perché sono remunerati al 7% che ritengo un tasso decisamente alto, se l obiettivo del regolatore e' far fare nuovi investimenti il sistema funziona. Questa dinamica genera secondo me almeno due problemi:
1) il rendimento è fisso e indipendente dal volume degli investimenti,mentre in un normale mercato i rendimenti sono decrescenti dal momento che vengono fatti prima i più redditizi, questo significa che il privato ha tendenza a SOVRAINVESTIRE e quindi va bene solo se lo stock iniziale di capitale e' basso
2) siccome la tariffa deve remunerare i costi variabili, ma anche i nuovi investimenti, le tariffe tendono ad aumentare NELLA QUOTA RELATIVA alla remunerazione degli investimenti; questa cosa e' vera se i nuovi investimenti non fanno incrementare i consumi in modo sufficientemente proporzionale, tipicamente se servono un nuovo bacino di utenti densamente popolato la tariffa unitaria non aumenta,se invece fai un intervento che rende più sicura la rete, ma ridondante ai fini della distribuzione, la tariffa unitaria aumenta. In ogni caso qui parliamo solo della componente della tariffa relativa alla remunerazione del capitale.
Il pubblico di contro proprio per non correre il rischio di dover aumentare le tariffe tenderà a fare meno investimenti, che è quello che mi sembra sia successo in Italia fino ad ora.
In ogni ci sarà (credo) un ente che controlla ed approva i nuovi investimenti,quindi il problema è almeno in via teorica superabile (si potrebbe discutere di asimmetria informativa tra regolatore e regolato…)

Il calcolo dei costi e delle tariffe conseguenti é variabile: diminuire i costi non implica un abbassamento automatico e corrispondente delle tariffe, no?

La tariffa la scomponi in due termini sostanziali: copertura dei costi operativi e remunerazione degli investimenti.
La quota a copertura dei costi operativi contiene il personale e tutta una serie di costi variabili,energia per il funzionamento della rete, materiali per la manutenzione ordinaria etc etc. Su questi presumibilmente e' possibile fare molta efficienza,anzi sono sicuro che i privati sono attratti anche da questo. Le tariffe prevedono dei meccanismi per il calcolo di quelli che dovrebbero essere i costi standard e normalmente decrescono con il tempo con un fattore definito a priori. Ogni x anni( credo 3) vengono ridefinite,se in questo periodo il privato spende meno può ( bisognerebbe verificare)incamerare parte di questi profitti,ma soprattutto ha abbassato il livello di remunerazione per il periodo successivo,in questo senso sicuramente genera efficienza.
Tuttavia per capire se la tariffa unitaria si riduce bisogna conoscere la dinamica degli investimenti e dei consumi, perché il costo dei nuovi investimenti dovrà essere ripartito sui consumi e quindi il risultato potrebbe essere più efficienza ma tariffe che salgono, anche in questo caso non e' detto che la cosa sia negativa bisogna solo capire se gli investimenti che vengono fatti pagare sono necessari,sensati e realizzati in economia.

Cosa si intende, in questo settore, per investimenti, poiché stiamo parlando di un gestore?

Credo che sia analogo a quello che succede sul gas, sostanzialmente tubi, nuovi o in sostituzione di reti obsolete, apparecchiature di controllo e misura, stazioni di pompaggio; gli investimenti li paga il gestore ma il proprietario rimane sempre il comune,quando finisce la concessione il gestore viene rimborsato del valore degli investimenti realizzati che non sono ancora stati recuperati tramite il servizio. Il calcolo del valore di recupero viene normalmente definito a priori nel bando di gara.

Come evitare che si tagli solo il costo del lavoro e come non permettere, controllando, che costi e investimenti non siano solo sulla carta?

Non credo che si possa evitare che si riduca il costo del lavoro,anzi concettualmente non mi sembra questo l obiettivo. Se l obiettivo e' produrre un servizio efficiente al minimo costo e si ha una soluzione iper-efficiente che occupa una sola persona per 1000km di rete bisognerebbe implementarla, ci si può chiedere come riallocare le persone, ma questo mi sembra un problema diverso dalla regolazione del servizio idrico.
Per fare in modo che gli investimenti siano veri, ma basta far partire le componenti di tariffa che coprono solo i nuovi investimenti solo quando gli investimenti entrano in esercizio e non durante la realizzazione dell'opera. Per il gas è così, tu incominci a mettere giù una rete e puoi impiegare tre anni per completarla, io non ti do niente fino a quando non vedo il primo metro cubo di gas scorrere, il rischio che i lavori si blocchino, trovi un manufatto romano, la signora Maria fa causa contro l esproprio ed è tuo il rischio imprenditoriale… D'altronde ci deve essere un minimo rischio… Questo e' un punto su cui normalmente i privati spingono molto, perché e' il vero rischio che sostengono.

Se l'obiettivo é quello inizialmente indicato, come sarebbe possibile ottenerlo?

Concordo sulla conclusione: per il consumatore cambia poco, anche perché mi pare abbia poche possibilità di tutela sia nei copnfronti del pubblico che del privato: di certo la bolletta non aumenta, ma neanche l'efficienza.
Concordo sul fatto che cmq non sei tutelato contro pubblico o privato, il punto secondo me è che non esiste una ricetta fissa, devi formare dei buoni regolatori e poi renderli indipendenti, promuovere la trasparenza di tariffe e investimenti e se la cosa non funziona ogni 20 anni cambiare tutto, da pubblico a privato o viceversa. Comunque esistono molte pubblicazioni interessanti sui mercati regolamentati,nei paesi anglosassoni e' lo standard per i servizi in monopolio naturale.
Ultimo punto non trascurabile, non so come saranno le gare, ma ipotizzando un meccanismo di massimo ribasso sui canoni di concessione un minimo di efficienza anche sul tasso del 7% lo si può sperare di realizzare.

Z1 tira le sue conclusioni

a) incidere sui costi é l'obiettivo più facilmente perseguibile e realizzabile e, di certo, il privato tenderà a tagliare le rendite di posizione improduttive con un po' meno scrupoli del pubblico, anche se, soprattutto al sud, non é detto non le sostituisca con altre.
b) gli investimenti sono incentivati con grande generosità e, se adeguatamente verificati, potrebbero indurre ad una maggiore efficienza del sistema.
c) un qualche piccolo aumento di tariffe, frutto di accordi tra pubblico e privato, é da mettere in conto
d) credo di capire che il sistema sia mutuato da ciò che esiste in altri paesi e bisognerebbe verificare cosa succede lì
e) in zone d'Italia come gran parte del Sud ci saranno di sicuro intese pubblico-privato per caricare le tariffe e su questo é necessario che vi sia un'autorità di controllo alla quale il cittadino possa rivolgersi senza dover passare per l'inefficiente magistratura
f) qualunque sia l'esito del referendum si andrà avanti sulla strada del libero mercato regolato come é auspicabile

Che ne dici?

Esatto,tutte conclusioni corrette,solo che non vi saranno aumenti concordati delle tariffe,perché queste sono calcolate secondo una formula ben precisa e non e' così facile barare,all aumento deve sempre corrispondere un investimento di capitale operativo,casomai inutile,ma comunque in esercizio.
In ogni caso nei servizi in monopolio naturale l unica strada perseguibile e' quella della regolazione,sia che il servizio sia gestito dal pubblico,sia che sia gestito dal privato,ognuna avra' le sue inefficienze,sperando,come dici tu,in autorità indipendenti,competenti e di salvaguardia.

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