Voci da Nairobi: Oromo, perseguitati e persecutori
All'occhio di una profana risulta difficile cogliere le sfumature che un quartiere così caotico può ospitare. Mi trovo a Nairobi da quattro mesi per una ricerca sui rifugiati urbani e fino a questo momento gli slum o i sobborghi dove ho condotto le mie interviste sono sempre stati luoghi a predominanza indigena, dove i rifugiati si disperdono nel sovraffollamento tipico di questa città. Eppure, dopo qualche mese alla ricerca di rappresentanti della comunità Oromo di Nairobi mi ritrovo proprio qui, tra Juja e la First Street, e quando me ne vado, dopo aver ascoltato le loro storie per due lunghe calde giornate di fine aprile, sono convinta che almeno una di quelle sfumature sono riuscita ad afferrarla.
La storia della persecuzione del popolo Oromo è una storia complessa, difficile da sintetizzare in tre righe. Chi di loro vive a Nairobi tuttavia è in maggioranza vittima delle persecuzioni del corpo militare governativo il quale, indirizzato dal Deninet (servizi segreti comandati dal Ministero per la Sicurezza Interna), colpisce in maniera indiscriminata il popolo Oromo dal 1992, anno in cui l'OLF (Oromo Liberation Front) è uscito dal Parlamento e si è costituito in un fronte politico armato per la difesa dei diritti degli Oromo. Per essere considerati affiliati dell'OLF non occorre nessuna prova effettiva, di fatto ogni Oromo non iscritto all' OPDO (Oromo People Democratic Organization), unico partito Oromo parte della coalizione di governo (FDRE), può essere considerato un cospiratore.
Dai primi anni novanta uomini, donne ed anche bambini, vengono arrestati e detenuti in campi che raramente rispettano i parametri per la garanzia dei diritti umani. Spesso sono vittime di azioni indipendenti da parte dei militari, i quali godono di enorme libertà all'interno del paese, e nella maggioranza dei casi queste persone vengono detenute senza rispetto del Codice di Procedura Militare etiope, che sancisce che ad ogni persona detenuta devono palesarsi le ragioni di fermo entro 48 ore dall'arresto.
Quando queste persone riescono a scappare dai campi di detenzione, oppure vengono rilasciate dopo anni con la condizionale (la quale generalmente comporta l'obbligo di firma giornaliero e l'interdizione ad ogni attività di carattere politico e associazionismo), si ritrovano quindi davanti ad una scelta: rimanere all'interno del paese che le ha detenute, espropriandole di ogni proprietà, anche economica; oppure scappare, e tentare di ricostruirsi una vita altrove.
Gli Oromo che ho contattato per la mia inchiesta sono quest'ultimi, coloro che una volta in Kenya sono consapevoli di non poter tornare nella loro terra fintanto che questo clima di terrore celato non cesserà.
Purtroppo per questioni di spazio non posso raccontarvi di tutte le persone incredibili che ho incontrato in questa bolla spazio-temporale, ma alcune storie su tutte a mio avviso meritano di essere condivise, soprattutto con voi dell'Arengo e con chi continua ad aver voglia di riflettere ed esprimersi.