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Scritto da nel Itaca, Numero 62 - 1 Agosto 2009 | 0 commenti

VII – Il banchetto di Tindaro

Itaca
Romanzo a puntate

Capitolo Settimo
Dove Odisseo incontra Menelao e Agamennone nella casa di Tindaro
Non ho mai visto un principe così straccione, e che puzza di muschio, dimmi: Itaca è un'isola di selvaggi? – gli fa Elena a Odisseo, ridendo. E così a quella maniera ridendo fanciullescamente passano i minuti. C'è poco da fare: quest'Elena qui viene d'assalirla senz'altro aggiungere. Lei ride fanciullescamente come si diceva, e tu: Tàcchete! – all'improvviso. E così avrebbe fatto Odisseo non si fosse trattato della figlia del nobile Tindaro, esiliato da Sparta dove altrimenti starebbe regnando.

Mio padre Laerte con suo padre ha civilizzato Itaca trent'anni fa – le risponde Odisseo a Elena – …è il lungo viaggio per venire fin qui che ha consumato i miei vestiti e ferito i miei piedi… – era pronto a dire di tutto: glorificare Laerte e rinnegare la sua felicità boschiva, inginocchiarsi davanti alla statua di un dio e fare sacrifici sanguinosi se necessario, pure cavarsi il sangue dalle vene; chiama il suo amico Zenone che l'accompagna con la lira e canta di gelosia Odisseo per lei la più bella di tutte, e di una guerra che per lei scoppierebbe, Ma è terribile – ridacchia Elena – una guerra? Per me? e perché mai?
Perché sei la più bella di tutte, Elena, e se non la fanno i Persiani, la guerra per averti, se non la fanno gli Ittiti, i Troiani o i Latini o i pirati del Tirreno, allora la farò io al posto loro – la figlia di Tindaro, questa di una sua guerra solitaria l'era piaciuta proprio, e giù un'altra risata fanciullesca delle sue. Di quelle da assalirla eccetera. Non l'aveva mai visto fin'ora, un principe che canta così, che si mette in ridicolo a quella maniera – e si porta i tre forestieri a casa, compreso il satiro d'Atene.

La casa la trovano ingolfata di proci che banchettano nell'attesa che si prenda una decisione matrimoniale. Elena presenta i nuovi arrivati al padre, li presenta come il principe di Itaca e suoi due servi, Tindaro arrossisce: Figlio di Laerte, sei coraggioso ad avvicinarti così tanto a Corinto, dopo che tuo nonno ha rubato le vacche a Sisifo, che le tiene sacre ad Apollo a quanto dice in giro e ancora rimugina vendetta spalleggiato dal dio. È per la mia Elena che hai preso questo coraggio? Bravo! – gli fa – …ma ti dico subito che il tuo coraggio e tutto il camminare è stato inutile, perché ho nostalgia della mia città e darò a Menelao, principe di Sparta, mia figlia in sposa, che te ne pare? Non ti sembra una buona idea? Ma anche per voi come per tutti questi altri proci – gli dice – sarà preparata una nave che vi riporti a casa tranquilli tranqulli, quando vi sarete riposati.

Menelao se ne stava bel bello stravaccato a tavola a ingozzarsi come un maiale, tutto sudicio fino all'orecchie. E lì con lui Agamennone suo fratello, che come diceva Zenone era il re più potente tra i re achei. Agamennone! – gli dice allora Odisseo, come sente dir così – anche nella mia piccola isola ho sentito parlar di te, la mia isola ch'è Itaca, fondata da Laerte mio padre, e di cui sono principe – Agamennone lo fa sedere, dividono quel che c'è nel piatto, che sembra non avere mai fine; si fa descrivere dettagliatamente Agamennone l'isola in questione: montagnosa, boschiva, con qualche baia e un ottimo porto naturale, ma priva di navi concave, e questo è il guaio – dice Odisseo.

E che te ne faresti, tu – gli fa Menelao con la bocca piena e sputacchiando qualche pezzo di pollo – che te ne faresti, tu, di navi concave? – Zenone allora non si trattiene: In quanto consigliere del principe – dice – mi permetto di dire che navi non ce ne si fa niente, noi. E che…
No, no – lo interrompe Odisseo – …potremmo aprire un commercio migliore, invece che aspettare ogni volta l'arrivo dei mercanti di fuori, e migliorare anche il porto, se…Agamennone, re dei re: noi qui, a Itaca dico, abbiamo vino, formaggeria, frutti, di tutto un po', …e se ci mettiamo d'accordo tra di noi per un bello scambio con voi nel continente,…

Voi mi chiedete un aiuto, insomma – dice Agamennone. Agamennone lui era un bel furfante. Già da anni stava organizzando una federazione per rendere unita l'Acaia, per una forza di controllo mediterraneo in seguito alla guerra degli Argonauti – com'era stata chiamata. Guerra che aveva ridato agli Achei la Tessaglia e varie isole sparse, tra cui una a Laerte che aveva partecipato alla spedizione, e che sarebbe diventata Itaca. Una forza mediterranea di controllo e di attacco, Agamennone, una federazione di tutti i re con lui a capo: Voi mi chiedete un aiuto, insomma – dice, Agamennone – e un aiuto vi sarà certamente dato, figlio di Laerte – Zenone sgambettava e sgomitava sotto il tavolo – …come parte della federazione: accettate di far parte della federazione achea?

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