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Scritto da nel Media e Cultura, Numero 55 - 16 Febbraio 2009 | 1 commento

Future Film Festival/Il canto graffiante del gaucho Martín Fierro

Future Film Festival/Il canto graffiante del gaucho Martín Fierro

Immaginiamo di spostarci nell’emisfero australe, alla latitudine di 57° 34' 19'' W con longitudine 37° 56' 4'' S. Ci troviamo esattamente nell’odierna Mar del Plata, in Argentina, luogo dove alcuni storici collocano il protagonista della storia di cui tra breve si parlerà. Tuttavia ciò non è sufficiente.

Occorrerà fare un balzo temporale nel passato di circa un secolo o poco più.

Carichiamo maggiormente i colori, deformiamo leggermente le figure umane ed animali, quel po’ che basta per dar loro quel tocco vagamente espressionista, quella connotazione di durezza che a tratti lascia trasparire dolcezza, malinconia, dolore ed… ecco… ci siamo, siamo dentro il film d’animazione 2d di Liliana Romero e Norman Ruiz, presentato all’ultima edizione del Future Film Festival, conclusosi domenica primo febbraio a Bologna.

Il film ha vinto il premio “Lancia Platinum Grand Prize 2009” con la seguente motivazione: «per l’originalità e la ricercatezza del design, la semplicità ed efficacia della storia che racconta un vecchio poema argentino su gauchos e pampa, con la splendida tradizione della tecnica di animazione 2D».

La storia del lungometraggio “Martín Fierro” è ispirata, infatti, al poema epico argentino scritto da José Hernández nel 1872 con il titolo: “El gaucho Martín Fierro”, diventato un classico della letteratura argentina.

Martín Fierro è un gaucho, un combattente, stimato da tutti per la sua forza e per il profondo amore che lo lega alla sua terra.

Strappato alla sua famiglia e relegato in un fortino situato alla frontiera con i territori degli indios, non dovrà tanto difendere quanto conquistare territori.

Qui la messa a fuoco va sulla ferocia del popolo conquistatore, che non mostra il minimo rispetto neanche per i propri combattenti. Ma Martín Fierro è uno spirito indipendente e ribelle.

Stanco di poter dar sfogo alle proprie repressioni solo nei suoi rauchi canti vibranti nelle osterie, fugge per la sterminata pampa, oltre la frontiera, in quel territorio nemico che aveva fino a poco tempo prima ferocemente combattuto e qui, da solo, dovrà ingoiare i rimorsi di tutti quegli indios sterminati e ricomporre mentalmente le figure della sua amata moglie e dei suoi figli che non vedrà più.

Una posizione non certo marginale è occupata nel lungometraggio dagli animali, a partire dal rapporto fraterno che il protagonista ha con il suo cavallo, per poi soffermarci su di un buffo cagnolino che osserva e condivide il dolore dato dai maltrattamenti degli uomini arruolati per la difesa della frontiera.

Sembra quasi che si voglia enfatizzare quel rapporto mitico con la natura che “l’uomo civilizzato” sta cercando di distruggere e che Fierro, con determinazione, spera di poter preservare. L’ennesima critica al colonialismo ed alla bruta ottusità di chi, smanioso di potere, vuol ridurre quello sgargiante, fertile e variegato paesaggio in uno sterile monocromo.

1 Commento

  1. spettacolo
    chissà se lo ridaranno al cinema

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