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Scritto da nel Media e Cultura, Numero 51 - 1 Dicembre 2008 | 0 commenti

Cinema – Angelina non si scorda

Pur nella sua incredibilità, non è la trama il maggior punto di forza dell'ultimo bel film di Clint Eastwood, Changeling, al cinema in questi giorni e probabile buon candidato per la prossima corsa agli Oscar; trama che si rifà peraltro ad un'impensabile storia vera. Los Angeles, 1928: cinque mesi dopo la scomparsa del figlio Walter, la signora Christine Collins riceve dalla polizia la notizia che il piccolo è stato ritrovato sano e salvo; ma il bambino che le viene riportato non è il suo. A nulla valgono le disperate e allibite proteste della donna, che si ritrova addirittura internata in manicomio quando denuncia alla stampa la corruzione e la leggerezza delle forze dell'ordine, già al centro di pesanti scandali e ben decise ad evitare il ridicolo. Fino a quando un onesto reverendo e un bravo investigatore riescono a mobilitare l'opinione pubblica e a riaprire il caso…

Ciò che colpisce soprattutto della pellicola non è neanche l'ottima recitazione della nostra amata Angelina Jolie, tragica e dignitosa nell'interpretazione dello sbalordimento, che esprime muovendo quasi solamente gli occhi, chiusa in un berrettino; e calata perfettamente nel ruolo di una qualsiasi donna americana, di qualunque tempo, molto ordinaria, sempre al lavoro, buona di cuore e sana di mente, precipitata improvvisamente in una situazione kafkiana che si trasforma in straordinaria, e poi in folle. E se il film rischia di scivolare, giusto quando la nostra eroina strizza un po' troppo l'occhiolino a se stessa (abbiamo già visto la Jolie in camicia di forza nel primo dei suoi ruoli importanti, e l'immaginario legato al nosocomio americano, da Qualcuno volò… in poi, potrebbe ormai considerarsi uno scenario fin troppo inflazionato), e se nel secondo tempo la narrazione si stabilizza su un classicismo che quasi quasi diventa banale, non è nemmeno un piccolo vizio di maniera a rimanere impresso nello spettatore di Changeling, che può perdonare al rispettato regista una scelta fin troppo vecchio stile nella rappresentazione degli altri luoghi di culto del cinema a stelle e strisce che si susseguono nella storia, dall'aula di tribunale al patibolo.

Ciò che si ricorderà del film di Eastwood, invece, è la sottile e intelligente riflessione proprio sull'importanza del ricordare. In un mondo che non conosce test del dna o videotapes, e dove anche le fotografie sono cosa rara, Christine potrebbe facilmente convincersi che il bambino che riceve sia il suo: basterebbe smettere di ricordare, come la polizia e il nuovo figlio le chiedono con insistenza. Ma la protagonista si fida della propria memoria. La memoria è il passato, la polemica contro il malgoverno del presente si scorge chiara dietro alla denuncia di una polizia ai tempi di Al Capone; mentre viene addirittura esplicitato il riferimento ai soldati che, si sa, tornano dalla guerra trasformati in persone diverse, irriconoscibili allo sguardo dei propri cari (dramma, ahinoi, non secondario nelle famiglie statunitensi, ottant'anni dopo i fatti che si raccontano).

Era solo dell'anno scorso, mi sembra, la trionfante notizia dell'università Harvard/McGill, che pareva aver costruito una pillola da somministrare alle persone vittime di eventi traumatici, ad esempio alle truppe di ritorno dall'Iraq, che cancellasse i brutti ricordi (gli entusiasti dei farmaci citarono allora Eternal Sunshine of the Spotless Mind). Intervenne il Consiglio Bioetico della Casa Bianca, e per ora non se ne sente più parlare. Il tema del ricordo e della dimenticanza non solo è centrale anche in 1984 di Orwell (cosa tiene Winston Smith legato alla realtà se non il suo ricordo?), ma si pone, o si dovrebbe porre, prepotentemente all'attenzione dell'opinione pubblica, nelle società invase da un eccesso di informazioni, dove la necessità di compiere selezioni continue e rapidissime dovesse diminuire lo spirito critico e, di conseguenza, la capacità di distinguere tra falso e vero (è ancora, in Orwell, il bipensiero). Ad esempio, Christine non dubita mai della sua memoria, non ha paura di dimenticare; ma la paura di dimenticarsi dei due Kennedy (1963-68), dell'omicidio Moro (1978), della strage di Bologna (1980), dell'estate di Genova e delle Twin Towers (2001) può essere legittima, se alla vigilia delle elezioni americane qualcuno, commentando i due mandati di Bush, ha oscenamente ipotizzato che la storia lo rivaluterà positivamente (ma qui permettetemi di ipotizzare che la sorte gli sia già stata fin troppo amica). Persino il vecchio cowboy repubblicano sembra sospirare guardando l'orizzonte, ma affida il suo messaggio ad un'attrice che assomiglia alla Statua della Libertà, e ad un personaggio che crede in Accade una Notte.

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