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Scritto da nel Internazionale, Numero 47 - 1 Ottobre 2008 | 0 commenti

Il Pakistan del dopo-Musharraf

E' stato un dittatore, è stato capo di stato maggiore dell'Esercito, è stato il più fedele alleato di Bush nella guerra contro i Talebani, è stato accusato d'essere (direttamente o indirettamente) uno dei responsabili dell'assassinio di Benazir Bhutto, è stato infine scaricato dagli Stati Uniti: Pervez Musharraf si è dimesso dalla carica di Presidente del Pakistan il 18 agosto scorso, dopo un colpo di stato (1999) ed una controversa rielezione (2007), lasciando

la Terra dei puri nelle mani di Asif Alì Zardari, vedovo Bhutto. In che situazione si trova oggi il Pakistan? E quali problemi dovrà affrontare il nuovo presidente?

Iniziamo spiegando chi è il neo-eletto Zardari: un personaggio controverso poco gradito da alcune componenti del Partito del Popolo Pakistano, presieduto dal figlio Bilawal del quale è vice. In Pakistan è stato accusato in passato per reati di corruzione ed omicidio, poi scagionato; in Europa, scontati dieci anni di galera in Svizzera, è tuttora indagato per frode e corruzione. Questo rapporto ambiguo con la legge lo sta portando a commettere il primo errore della sua presidenza, non reintegrando i giudici della Corte Suprema ingiustamente rimossi da Musharraf il 3 novembre 2007, che potrebbero riaprire alcune procedure contro di lui (tra tutti, il giudice Chaudhry è un suo grande accusatore).

Zardari, al momento, ha nelle proprie mani un immenso ma fragile potere da gestire, avendo stravinto le elezioni con il 70% dei voti del Collegio elettorale, dovendo però affrontare non pochi problemi.

In primo luogo la situazione economica è preoccupante: un tasso d'inflazione che ha sfondato in estate il 24% ha messo in crisi soprattutto le classi più disagiate del paese (un quarto della popolazione è sotto la soglia di povertà), in difficoltà nell'acquisto di onerosi beni di prima necessità. Inoltre, la svalutazione della Rupia ed un cronico deficit fiscale, rende la situazione critica, tanto più se si considera che il Panjab, regione più ricca del paese ed economicamente strategica, è un feudo di Nawas Sharif, avversario politico di Zardari.

In un paese dove l'Esercito rappresenta la più importante forza politica e soprattutto economica, con un largo controllo dell'economia nazionale attraverso ricche e potenti fondazioni, un buon rapporto e collaborazione tra il presidente Zardari e il capo delle Forze armate Pervez Kiyani è indispensabile. C'è però in ballo la gestione della politica estera, un'esclusiva dell'Esercito, e l'ambiguo rapporto che si sta venendo a creare con gli Stati Uniti: sentimenti antiamericani sempre più diffusi in tutto il paese non possono essere trascurati; per contro l'alleanza con gli USA è indispensabile per la soluzione del conflitto in Afghanistan che coinvolge direttamente i territori pakistani. La difficile amministrazione del territorio è legata a due problemi tra essi convergenti: movimenti autonomisti con la destabilizzazione di aree tribali soprattutto lungo i confini, e la presenza di Talebani e gruppi stranieri di Al Qaeda col dilagare dell'integralismo religioso ed attentati ad esso connesso (da ultimo la distruzione dell'Hotel Marriott ad Islamabad). Da sottolineare l'atteggiamento dell'Esercito più propenso al contenimento dei movimenti islamisti piuttosto che alla loro repressione. E' inoltre emblematica la fuga, nelle ultime settimane, di migliaia di profughi dalla Swat Valley (distretto pakistano a maggioranza Pashtun) verso l'Afghanistan a causa dei continui ed indiscriminati raid aerei contro gruppi ribelli locali.

Il Pakistan è ad oggi il principale campo di battaglia su cui si gioca la guerra afghana: tale consapevolezza spingerà Zardari a trovare indispensabili compromessi.

E' infine bene ricordare che i Talebani sono stati patrocinati ed addestrati proprio da Stati Uniti e Governo Bhutto negli Anni 90 per destabilizzare ed influenzare l'Afghanistan; ora che l'arma fuori controllo è puntata contro i suoi stessi creatori, la situazione in Pakistan è più esplosiva che mai.

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