Vincono i tempi lunghi
Il risultato delle elezioni politiche assegna a Silvio Berlusconi il ruolo di presidente del Consiglio e alla coalizione del 1994 (Forza Italia, AN e Lega Nord) una schiacciante maggioranza sia alla Camera che al Senato. Il Partito Democratico è all’opposizione, in compagnia dell’alleato Di Pietro e dell’Udc di Casini, l’unico superstite al di fuori delle due coalizioni.
Il successo della coalizione di centro-destra affonda le radici nella medesima Italia che nel 1994, allora solo agli albori, mostrava le proprie preferenze elettorali all’indomani del crollo dei partiti storici. La capacità di Silvio Berlusconi di perseguire in maniera eclettica una strategia di rafforzamento e crescita, culminata con la realizzazione del nuovo gruppo del Popolo delle Libertà, gli ha consentito di sbarazzarsi prima del Governo Prodi (con metodi eclettici, appunto, fatti di veline e promesse non mantenute), poi dell’alleato critico Casini (grazie alla sponda veltroniana) ed infine di tutte le remore che potessero far pensare a qualcuno che lui non fosse legittimato a regnare sulla nostra penisola. Hanno vinto i tempi lunghi, quelli della marcia del deserto tra il 1996 e il 2001, quelli di una politica di rigoroso deficit-spending con tariffe ferme e scarso senso civico che avevamo ereditato dai ruggenti anni ’80, quelli del rancore verso gli immigrati, della paura di perdere il lavoro ed il potere d’acquisto.
La sconfitta di Veltroni è altrettanto netta ed il fatto che adesso possa impostare autonomamente la propria marcia in un deserto verso l’Oceano del secolo che si sta aprendo non esime nessuno dall’analisi delle ragioni politiche dello scarso insediamento elettorale al di fuori delle roccaforti rosse. Il messaggio ricevuto dall’elettorato da un lato rassicura sulla bontà della scelta riformista ed in questo senso l’esaurimento della spinta propulsiva della Sinistra Arcobaleno è un segnale evidente. Dall’altro occorrerà affrontare con chiarezza i nodi delle classi dirigenti e del programma: i numeri parlano chiaro e dicono che nessuno esclude che sia possibile restare altri 30 anni all’opposizione in un Paese che a sinistra non ci guarda finchè proprio non vi si ritrova rivolto con le spalle al muro o con una strutturata posizione di accordo tra forze diverse. Hanno perso i tempi brevi di chi ha provato a fare un partito con una scelta elettorale preferendo un’opposizione chiara ad un governo impopolare, di chi per Statuto e storia recente trascura le proprie radici, forse troppo lontane, del secolo scorso, di chi ha fatto i conti senza l’oste popolare.
Il grande beato, oggi, è il popolo italiano, popolo di libertà. Quello che non smette mai di credere alle promesse e che non vede l’ora di tenere in tasca i soldi del bollo e dell’ICI. E di farsi beffe, questo il piacere più sublime, dall’alto della propria democrazia di tutti quei soloni e quegli economisti che ci parlano del debito pubblico e del fatto che a parità di produzione più soldi in giro creano solo inflazione.
La parola d’ordine è una sola, irrevocabile e impegnativa per tutti: ci compriamo Ronaldinho, rigorosamente a rate e con gli interessi. Da domani, il Campione, gioca con noi.