Il post comunismo e i post comunisti
Capire alcuni fatti reali logicamente contestabili può aiutare ad intuire alcune dinamiche che avvengono al di là della capacità umana di elaborarle. Il rapporto tra reale e razionale, d'altronde, non è del tutto mai stato risolto forse perchè risolvibile proprio non è.
In questo articolo facciamo un esempio: proviamo a rispondere a una domanda che proviene dalle forze più reazionarie e capitaliste riguardo la politica degli anni Novanta del secolo scorso e della prima decade del 2000. Com'è possibile che in molti Paesi europei riscuotano fiducia per governare le forze politiche che fino al decennio prima sostenevano l'Unione Sovietica e aderivano all'ideologia marxista ed all'economia collettiva appena cancellata dalla storia?
La risposta esiste e riguarda proprio il fatto che anche se il reale fosse razionale noi non saremmo per certo in grado di dimostrarlo.
L'esperienza sovietica ha riguardato un secolo, seppur breve, e coinvolto decine di milioni di persone. Non solo, ha rappresentato i sentimenti delle classi lavoratrici della sua epoca, tradotto e realizzato una filosofia politica in sistema economico. Con le ali di piombo e i reattori di ghisa ha cercato di raggiungere il sole, ed il fatto che sia fallita tragicamente (a differenza di altri sistemi fondati sulla medesima matrice marxista che tuttora persistono seppur a modo proprio) non significa che fossero false o addirittura 'sbagliate' le ragioni che avevano generato il sogno 'comunista' nel pensiero filosofico durante la Rivoluzione industriale e nella realtà sociale della Russia durante la Grande Guerra. In altri termini, se Sparta piange Atene non ride.
Ha preso il nome di 'globalizzazione' il mondo che è venuto dopo i due blocchi, forse perchè chi ha vinto ha visto globalizzare quella che fino al decennio prima era la propria tecnologia militare di comunicazione, internet, e con essa i propri usi e costumi. Senza frontiere, senza cortine, senza muri. Per governare tale sistema globale occorre tuttavia comprendere che il mondo è stato uno solo anche durante i primi quarant'anni del dopoguerra. Non è cioè possibile pensare che il crollo dell'economia e della politica di una parte del mondo (qualche centinaia di milioni di persone ritrovatesi di colpo senza le certezza del giorno prima) possa essere semplicemente la catarsi della terra da un maleficio. Rappresenta in realtà una delle tante crisi economiche che nella storia si sono susseguite e che così continueranno: il fallimento di un sistema economico che impediva la propietà privata ma che, come tutti i sistemi economici, si fondava sul lavoro, sulla produzione, sul consumo. Con vantaggi e svantaggi.
Negare questo è, politicamente, un errore pari a pensare che quel sistema potesse proseguire.
Questo è il problema del mondo occidentale dopo la fine del comunismo: l'assenza di un altro con il quale si era condiviso il valore della pace e con il quale ci si combatteva aspramente la supremazia dello spazio aereo e terrestre. L'assenza di un riferimento per le proprie scelte, l'assenza di un rivale sul quale misurarsi, l'assenza di un nemico da presentare agli umori del popolo. Oggi il nuovo 'altro' è un fantomatico terrorismo islamico con il quale non valgono le regole della diplomazia e del diritto e non svolge, o perlomeno non ancora, il ruolo che complessivamente svolgeva l'Unione Sovietica negli equilibri mondiali.
In questo senso i post-comunisti possono avere nel proprio mazzo le carte in regola per governare i cambiamenti. Chi avesse in effetti analizzato il fallimento con tutto il cuore con il quale aveva in buona fede aderito al marxismo e visto nell'esperienza del leninismo sovietico un faro per gli oppressi di tutto il mondo ed ha così avuto il coraggio di ammettere a ragion veduta i propri errori di analisi, potrà avere la capacità di rivendicare con schiettezza le congetture che vedevano con acutezza i limiti dello sviluppo capitalista e di un sistema economico e sociale e proporre soluzioni o perlomeno visioni in grado di coinvolgere le persone in politiche di riforma. Oppure capita più spesso che l'ex comunista, ormai più realista del re, diventi paladino della reazione cattolica.
Questo in linea teorica, mentre sarà la statistica postuma a dirci quanto effettivamente l'uno e l'altro fenomeno si saranno verificati durante gli anni del Partito Democratico e del Partito delle Libertà.
In questo articolo facciamo un esempio: proviamo a rispondere a una domanda che proviene dalle forze più reazionarie e capitaliste riguardo la politica degli anni Novanta del secolo scorso e della prima decade del 2000. Com'è possibile che in molti Paesi europei riscuotano fiducia per governare le forze politiche che fino al decennio prima sostenevano l'Unione Sovietica e aderivano all'ideologia marxista ed all'economia collettiva appena cancellata dalla storia?
La risposta esiste e riguarda proprio il fatto che anche se il reale fosse razionale noi non saremmo per certo in grado di dimostrarlo.
L'esperienza sovietica ha riguardato un secolo, seppur breve, e coinvolto decine di milioni di persone. Non solo, ha rappresentato i sentimenti delle classi lavoratrici della sua epoca, tradotto e realizzato una filosofia politica in sistema economico. Con le ali di piombo e i reattori di ghisa ha cercato di raggiungere il sole, ed il fatto che sia fallita tragicamente (a differenza di altri sistemi fondati sulla medesima matrice marxista che tuttora persistono seppur a modo proprio) non significa che fossero false o addirittura 'sbagliate' le ragioni che avevano generato il sogno 'comunista' nel pensiero filosofico durante la Rivoluzione industriale e nella realtà sociale della Russia durante la Grande Guerra. In altri termini, se Sparta piange Atene non ride.
Ha preso il nome di 'globalizzazione' il mondo che è venuto dopo i due blocchi, forse perchè chi ha vinto ha visto globalizzare quella che fino al decennio prima era la propria tecnologia militare di comunicazione, internet, e con essa i propri usi e costumi. Senza frontiere, senza cortine, senza muri. Per governare tale sistema globale occorre tuttavia comprendere che il mondo è stato uno solo anche durante i primi quarant'anni del dopoguerra. Non è cioè possibile pensare che il crollo dell'economia e della politica di una parte del mondo (qualche centinaia di milioni di persone ritrovatesi di colpo senza le certezza del giorno prima) possa essere semplicemente la catarsi della terra da un maleficio. Rappresenta in realtà una delle tante crisi economiche che nella storia si sono susseguite e che così continueranno: il fallimento di un sistema economico che impediva la propietà privata ma che, come tutti i sistemi economici, si fondava sul lavoro, sulla produzione, sul consumo. Con vantaggi e svantaggi.
Negare questo è, politicamente, un errore pari a pensare che quel sistema potesse proseguire.
Questo è il problema del mondo occidentale dopo la fine del comunismo: l'assenza di un altro con il quale si era condiviso il valore della pace e con il quale ci si combatteva aspramente la supremazia dello spazio aereo e terrestre. L'assenza di un riferimento per le proprie scelte, l'assenza di un rivale sul quale misurarsi, l'assenza di un nemico da presentare agli umori del popolo. Oggi il nuovo 'altro' è un fantomatico terrorismo islamico con il quale non valgono le regole della diplomazia e del diritto e non svolge, o perlomeno non ancora, il ruolo che complessivamente svolgeva l'Unione Sovietica negli equilibri mondiali.
In questo senso i post-comunisti possono avere nel proprio mazzo le carte in regola per governare i cambiamenti. Chi avesse in effetti analizzato il fallimento con tutto il cuore con il quale aveva in buona fede aderito al marxismo e visto nell'esperienza del leninismo sovietico un faro per gli oppressi di tutto il mondo ed ha così avuto il coraggio di ammettere a ragion veduta i propri errori di analisi, potrà avere la capacità di rivendicare con schiettezza le congetture che vedevano con acutezza i limiti dello sviluppo capitalista e di un sistema economico e sociale e proporre soluzioni o perlomeno visioni in grado di coinvolgere le persone in politiche di riforma. Oppure capita più spesso che l'ex comunista, ormai più realista del re, diventi paladino della reazione cattolica.
Questo in linea teorica, mentre sarà la statistica postuma a dirci quanto effettivamente l'uno e l'altro fenomeno si saranno verificati durante gli anni del Partito Democratico e del Partito delle Libertà.